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Bce, domani taglio in arrivo e dopo?

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
4 min

Il mercato sconta in media 61 punti base di tagli dei tassi d’interesse quest’anno: significa altri due o tre entro fine 2024. Ma è certo che sarà complicato, un flipper dei prezzi tra crescita e salari, profitti e dollaro. Senz'altro la strada è accidentata e appiccicosa: ecco cosa guardare dopodomani

Bce, domani taglio in arrivo e dopo?

Domani i tassi saranno abbassati di un quarto di punto: dal 4% sui depositi al 3,75%. Il tasso principale passerà al 4,25% e quello marginale al 4,5% ma da tempo ormai il tasso di riferimento reale dei mercati è quello più piccolo, quello sui depositi. Di quello si ragiona tra esperti e analisti.

La Banca centrale domani non rischierà la faccia e taglierà di un quarto di punto come ha largamente annunciato scavalcando bellamente alla faccia della “dipendenza dai dati” tutti i segnali che pure avrebbero remato contro questo primo passo.

BCE, prezzi e i fattori che sconsigliano troppi tagli quest’anno

Per dirne una l’inflazione di maggio nell’Eurozona è cresciuta al 2,6% oltre le attese (2,5%) e oltre il dato di aprile (2,4%): è stato il primo aumento in 5 mesi, l’ultima volta era successo a dicembre sotto le feste, ed è stato dovuto ai rincari dell’energia, ma non agli alimentari questa volta.

Resta sulla soglia d’allarme l’inflazione dei servizi passata dal 3,7 al 4,1% annuale, ben lontana dai target del 2% dell’Eurotower.

Tutte le maggiori economie d’Europa hanno registrato a maggio livelli d’inflazione oltre le stime: Germania in crescita al 2,8%, Francia in rincaro al 2,7%, Italia in calo allo 0,8%, Spagna in rialzo al 3,8%

L’inflazione core (senza energia, alimentari e tabacco) è passata dal 2,7% al 2,9%: le attese erano per prezzi sottostanti stabili.

C’è poi il lavoro. Doveva essere un dato basilare, ma è stato disinnescato appena prima dell’uscita.

I salari negoziati sono cresciuti del 4,7% nel primo trimestre 2024 dal 4,5% del quarto trimestre 2023, contro le aspettative di un calo. A sua volta questo ha alimentato i timori su una tenuta dell’inflazione dei servizi su livelli elevati e incompatibili con un percorso sospinto di riduzione dei tassi.

C’è persino la crescita del Pil dell’Eurozona, il piccolo +0,3% del primo trimestre del 2024 contro lo 0,1% delle attese potrebbe significare che l’economia europea va (un po’) meglio delle aspettative e questo potrebbe risolversi in crescita dei prezzi.

C’è poi l’osservato speciale che non si dice: la FED, domani il taglio della BCE di un quarto di punto sancirà l’indipendenza, ma se poi l’economia americana non rallenterà abbastanza, come un po’ tutti sperano, nei prossimi mesi, allora la divergenza potrebbe diventare un problema, per il rischio di un dollaro forte che via materie prime e altro riporti l’inflazione in Europa.

BCE, ma sono attesi due o tre tagli

In realtà sulla Fed i timori sono moderati. Su questo ha in parte tranquillizzato Panetta, il governatore della Banca d’Italia:

“Un orientamento monetario statunitense più restrittivo delle attese potrebbe determinare un deprezzamento del cambio dell’euro e generare pressioni inflazionistiche.

Analisi empiriche indicano che questo effetto sarebbe però sovrastato dall’impatto negativo che la restrizione monetaria statunitense avrebbe sulla domanda mondiale e sulle condizioni finanziarie globali, e quindi sull’inflazione nell’area dell’euro”.

Come a dire, le cose si riaggiustano più complessivamente di così.

Anche sul lavoro va evidenziato che il primo trimestre del 2024 ha registrato l’impatto di alcune voci straordinarie che rendono un po’ meno affidabile in prospettiva, il dato dei rialzi dei salari e segnatamente dei pagamenti una tantum al settore pubblico tedesco.

Quanto all’inflazione: è vero quella dei servizi è ancora elevata e domani ci sarà qualche domanda in proposito, ma il percorso di rientro complessivo dei prezzi dall’esplosione dei passati trimestri è così coerente e solido che difficilmente ci saranno scossoni.

Detto questo secondo BNP Paribas le previsioni dello staff della Bce domani saranno aggiornate al rialzo nel breve proprio sull’inflazione, ma non di troppo, 0,1% in più nel 2024 (2,4%) e nel 2025 (2,1%), con la core HICP comunque ancorata al 2,6% quest’anno e al 2,1% l’anno prossimo (con l’obiettivo finale del 2% nel 2026). La sterzata alla petroliera bisogna però darla molto prima dell’iceberg, quindi un intervento ora di un quarto di punto difficilmente sarà contestabile.

Forse per quest’anno gli esperti della BCE alzeranno anche le stime sulla crescita dallo 0,6% allo 0,8%, confermando il buon momentum dell’economia europea nonostante le enormi incertezze geopolitiche e non solo che lasciano intravedere rischi al ribasso.

Alla BCE servirà prudenza, fare e dissimulare, confermare che ci sono le condizioni per il primo taglio e ribadire che la politica monetaria su questi livelli è ancora restrittiva (cosa peraltro vera).

Ribadire l’approccio data dependent a partire dai dati sull’inflazione di giugno in poi. Confermare che non c’è un ritmo prestabilito di ribasso dei tassi. Cosa che farà dire a molti che lo scenario è confermato: niente tagli dei tassi a luglio, poi uno a settembre, poi uno a dicembre

Sembra questo per molti lo scenario più probabile, senza escludere un taglio in più se ci fossero sorprese positive o necessità non preventivabili.

Dipenderà molto dai dati che verranno qui e negli Stati Uniti, ma soprattutto dai complessi equilibri tra crescita e salari, tra consumi e profitti societari.

Forse alla fine si andrà semplicemente con molta calma, forse davvero il mestiere del banchiere centrale potrebbe ridiventare un po’ più noioso. Sarebbe l’ora.