Pil UE +0,6% nel secondo trimestre, ecco come vanno le economie europee

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
7 min

La crescita dell'Eurozona resta allo zerovirgola, ma è leggermente migliore delle attese. Ancora guai a Berlino, meglio del previsto Parigi. Spagna e Italia migliorano le medie Ue, ma la manifattura segna per tutti ancora il passo e i servizi ora bastano, ora no. E viene il sospetto che oltre alla politica monetaria servano una politica commerciale e industriale

Pil UE +0,6% nel secondo trimestre, ecco come vanno le economie europee

L’economia europea tiene, anche se continua ad essere fragile e carica di contraddizioni complesse. Nel secondo trimestre del 2024 la crescita del Pil dell’Eurozona è stata dello 0,3% sul primo trimestre dell’anno e dello 0,6% sul secondo trimestre del 2023.

La crescita trimestre su trimestre è stabile, ma batte le attese degli analisti.
La crescita tendenziale, ossia rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, cresce dallo 0,4% allo 0,6%, ma si conferma sulle previsioni.

Mancano all’appello di queste stime preliminari dati rilevanti come quelli dei Paesi Bassi o della Finlandia, ma c’è già il quadro delle maggiori economie ed è un quadro contrastato di luci e ombre, soprattutto se si pensa a quel +2,8% a/a degli Stati Uniti, per non parlare del 4,7% del secondo trimestre della Cina (che però ha deluso le attese e presenta altre criticità).

Certo anche il Giappone ha sofferto un -0,5% di Pil trimestre su trimestre che annualizzato significherebbe una contrazione dell’1,8% del Prodotto interno lordo nazionale, ma ciascuna di queste storie ha in realtà peculiarità storiche e di ciclo specifiche.

Europa, un puzzle di fragilità e reazioni

Così purtroppo avviene anche dentro la stessa Europa dove il ciclo economico e le economie sono da sempre molto sfalsate fra loro, pur ricadendo sotto la stessa politica monetaria.

La composizione delle dinamiche europee è infatti una sfida storica dell’area della moneta unica e mentre a fatica si procede verso una coordinazione con il Patto di stabilità e crescita e con il PNRR, le storie caratteristiche e le identità anche economiche dei Paesi membri ricamano un tessuto particolare, di stoffa propria.

Europa, per la Germania il trimestre è andato peggio delle attese

Nel secondo trimestre del 2024 il Pil della Germania ha mostrato un calo annuale dello 0,1%, sotto le attese di un pareggio, ma in miglioramento del -0,2% del primo trimestre.

Al contempo la variazione sul trimestre precedente (congiunturale) dell’economia tedesca ha deluso ancora di più passando dal +0,2% precedente a un -0,1% contro il +0,1% che gli analisti speravano. Se il prossimo trimestre dovesse essere sotto lo zero sarebbe insomma recessione tecnica per la prima economia d’Europa.

D’altronde già i recenti dati del PMI manifatturiero (in calo a 42,3 punti a luglio) e composito (a 48,7 punti in area di contrazione a luglio) avevano confermato che per ora il braccio di ferro tra manifattura e servizi pende dal peso della manifattura che non si risolleva, con ordini in calo e prospettive negative e con problemi strutturali che emergono sul fronte della mancanza di manodopera, di infrastrutture, di digitalizzazione e di prezzi energetici relativamente elevati.

Tutti elementi che cuociono la perdita di quote di mercato tedesche nei settori delle auto e dei macchinari ai danni dei concorrenti in Cina. Problemi strutturali che i servizi non riescono più a bilanciare in estate, nonostante gli spunti passati giunti al turismo dagli Europei di calcio.

Francia, il Pil del secondo trimestre flette all'1,1% a/a

Segnali di senso opposto giungono invece da quella che in molti nelle ultime settimane hanno descritto come la vera malata d’Europa, la Francia, che nel secondo trimestre ha registrato una crescita del Pil dello 0,3% su attese di un +0,2% trimestre su trimestre e ha anche rivisto allo 0,3% da una lettura dello 0,2% il dato del primo trimestre del 2024.

Le Olimpiadi aiutano sicuramente e lo faranno ancora di più nel terzo trimestre, ma restano criticità politiche con la mancata formazione della nuova maggioranza dopo le elezioni nazionali e criticità economiche.

L’Insee, l’Istat francese, ha infatti rivisto al rialzo dall’1,1% all’1,5% la crescita tendenziale del primo trimestre, ma ha poi registrato una crescita anno su anno dell’1,1% nel secondo trimestre, quindi va generalmente meglio ma c’è un rallentamento tendenziale dall’1,5% all’1,1%.

Non solo ma gli indicatori leading, ossia previsionali come i PMI, mostrano una fase di contrazione a 44,1 punti a luglio per la manifattura con i servizi che salvano la situazione di misura con i loro 50,7 punti di miglioramento olimpionico. Dalle due maggiori economie europee, se il Pil del Vecchio Continente è appeso alle esportazioni, si attendono batoste dunque, a meno che intanto i servizi si consolidino come in molti sperino e comunque sempre nella contemporanea gestione delle manifatture che non possono essere abbandonate al declino.

Spagna, performance da fuoriclasse

Più a Sud le cose per una volta vanno meglio. Il Pil spagnolo nel secondo trimestre è balzato del 2,9%, meglio degli Stati Uniti di giugno e per giunta dopo un Pil del primo trimestre rivisto al rialzo dal 2,5 al 2,6%.

La variazione sul trimestre precedente batte il consensus e si riconferma a un +0,8% che per un dato congiunturale è sicuramente un buon segnale. E’ anche questa una stima flash naturalmente, ma già i PMI di giugno, ancorché in rallentamento confermavano una delle poche grandi economie UE in cui la manifattura si mantiene sopra i 50 punti, quindi in fase di espansione (52,3 punti contro i 54 di maggio), mentre i servizi veleggiano a 56,8 punti.

Italia, l'economia tiene sugli zerovirgola

Anche per l’Italia comunque il secondo trimestre è tutto sommato positivo con un Pil in rallentamento trimestrale a un +0,2%, sulle attese (0,3% nel primo quarto dell’anno) e con un saldo tendenziale positivo dello 0,9% contro un consensus dello 0,8% e dati del primo trimestre rivisti al ribasso allo 0,6% da un precedente 0,7 per cento. La variazione del Pil acquisita risulta così da inizio anno dello 0,7%

Anche in Italia sono i servizi a trascinare la crescita, mentre arrivano contributi negativi da agricoltura, silvicoltura, pesca e industria. Nel secondo trimestre il Pil in valore assoluto da 450,9 miliardi è il migliore della serie, ma restano in definitiva le fragilità manifatturiere viste per gli altri Paesi membri e intanto i prezzi lanciano altri segnali.

Eurozona, l'inflazione dei servizi resta elevata, il calo dell'energia aiuta

Sul fronte dell’inflazione la Spagna registra una deflazione a luglio (-0,5% su giugno e -0,3% di inflazione sottostante), ma il tendenziale è un 2,8% ancora lontano dal target comunitario del 2%. Il calo mensile è dovuto soprattutto alla contrazione dei prezzi dell’energia elettrica, ma anche agli alimentari. I prezzi non arretravano (su base mensile) da novembre.

In Germania, dove oggi la Destatis ha pubblicato anche i valori dell’indice dei prezzi al consumo, a luglio i prezzi sono cresciuti al 2,3% a/a dal 2,2% oltre le attese poste al 2,2%. L’inflazione dei servizi è rimasta stabile al 3,9% per il terzo mese di seguito. Ma dentro i panieri è calata l’energia (-1,7%) e sono ancora cresciuti gli alimentari (+1,3%).

Anche per la Bce quindi il quadro rimane complesso.

Le morse sul Pil suggerirebbero tagli subito (soprattutto dalla prospettiva dell'Italia che a giugno aveva un'inflazione dello 0,8%!), ma i prezzi inviano ancora segnali discordanti, a partire dalla grande economia tedesca, ma non solo.

Se però si guarda alla debolezza della manifattura serve probabilmente qualcosa di più simile a una politica industriale e commerciale, che a una semplice politica monetaria.

Nel primo trimestre i dati europei hanno mostrato una crescita dell’export dello 0,3% e un calo dell’import del 2,9% in Europa, la bilancia commerciale ha registrato un surplus di 51 miliardi in crescita di 19 miliardi sul quarto trimestre del 2023.

I dati del 2023, come i due anni precedenti in forte recupero dalla paralisi del Covid mostrano forti sbilanciamenti. Se l’Europa esporta 502 miliardi di euro di beni negli Stati Uniti e ne importa 346 miliardi di euro, con la Cina la bilancia è capovolta con 515 miliardi di euro di importazione a fronte di 223 miliardi di export.

Dinamiche destinate a modificarsi con l’assalto commerciale cinese dell’ultimo anno e con le contemporanee rinazionalizzazioni delle filiere statunitensi.

Di certo anche queste leve per così dire politiche dovranno essere manovrate. Così come quelle della competitività che non potranno limitarsi a questioni antitrust domestiche. Serve davvero quel recupero di competitività europea su cui si sono soffermati prima Mario Draghi e dopo Enrico Letta.

Il recupero del nostro Prodotto interno lordo oltre lo zerovirgola, dipenderà soprattutto da questo.

Argomenti

Economia