Banche, si fa presto a dire risiko

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Offerte su offerte, ma ai corsi attuali ne conviene una appena. Unicredit, Banco BPM, MPS, Anima, Illimity, Intermonte, Bper... grandi e piccoli tutti coinvolti, ma così il prezzo non è giusto. Non è credibile

Banche, si fa presto a dire risiko

Come in un vecchio biliardo, la pallina rimbalza tra sponde e ostacoli e cambia il gioco a ogni colpo di stecca.
Le banche di Piazza Affari in queste frenetiche settimane sono un po’ così, biglie impazzite in uno spazio (quasi) chiuso, cariche di energia, ma a rischio.
Il carburante delle offerte che si moltiplicano sono i soldi, quella montagna di soldi che hanno fatto negli anni del rialzo dei tassi e dei record delle borse.
Il rischio è il calo dei tassi d’interessi, che potrebbe presto sgonfiare margini e utili: richiede una diversificazione su altri rami di business da quelli tradizionali di una banca commerciale, quindi consulenza finanziaria avanzata, assicurazioni, servizi alle pmi, anche specialty finance (anche se qui il contesto è parzialmente diverso, anche se influenzato fortemente dai tassi elevati precedenti all’avvio dell’attuale fase di ri-espansione monetaria). Non è una novità.

Basta guardare il portafoglio di Unipol con il 19,72% di Popolare di Sondrio e il 19,7% di Bper, reti di distribuzione assicurative del colosso di via Stalingrado che si incrociano nel risparmio gestito di Arca, nella quale infatti Bper ha il 57% e la Pop di Sondrio il 34,7% Unipol è stata di gran lunga il miglior titolo del 2024, ma per come si sono messe le cose, per ora sembra fuori dal risiko innescatosi nelle ultime settimane.

Banche e opa, Unicredit su Banco BPM su Anima...

I protagonisti si trovano infatti a Milano. A piazza Gae Aulenti e a piazza Meda, nelle sedi di Unicredit e Banco BPM. I giochi sono stati aperti proprio da Giuseppe Castagna, l’inossidabile ad di Banco BPM che ha lanciato un’offerta da 6,2 euro su Anima SGR, puntando al consolidamento dell’attività di gestione del risparmio gestito e assicurative che sono attivate dalla partnership con Anima. Le masse al retail della nuova padrona di Kairos, circa 105,2 miliardi di euro, il 51% del totale, vengono per il 28,8% dal Banco stesso e per il 16,1% da MPS.

Non a casa poco dopo l’annuncio dell’offerta, il Banco ha partecipato alla nuova privatizzazione di MPS comprandone il 5% del capitale. Le voci di un terzo polo in arrivo tra Piazza Meda e Piazza Salimbeni non hanno fatto in tempo a consolidarsi che il colpo di scena è arrivato da Unicredit.

Unicredit reduce dall’acquisto del 9,5% del capitale di Commerzbank aveva raggiunto una posizione in derivati fino al 21% potenziale e stava già incontrando forti difficoltà nella conquista di Francoforte, sia in sede, presso il nuovo management del colosso tedesco reduce da un recupero importante e storico, che presso il governo di Berlino che, prima di entrare definitivamente in crisi, aveva a più riprese bocciato come ostile l’operazione, nonostante l’approvazione di diversi analisti e il silente sostegno della BCE.

Nonostante questo dossier, già caldo, Unicredit ha deciso di lanciare un’offerta carta contro carta su Banco BPM, 0,175 azioni di Unicredit per ogni titolo del Banco che hanno irritato non poco Piazza Meda e sono (come gran parte delle altre offerte di cui stiamo parlando) sconvenienti sul mercato ai corsi attuali. Due esposti, uno alla Consob e uno all’Antitrust, sono stati inviati da Castagna contro la proposta, le accuse sono un uso strumentale della passivity rule e un danno alla concorrenza (“killer acquisition”). Il governo salta sulla sedia, rischiano di andare a monte i piani sul Monte dei Paschi, ma l’improvvisa difesa dell’italianità fa acqua.

Banche, ma italiano a chi?

È vero che solo l’8% dell’azionariato di Unicredit è italiano, contro il 42% statunitense e il 25% britannico, ma fino al giorno primo tutti parlavano di conquista italiana di Commerzbank (e nel frattempo Andrea Orcel, che non teme le offerte ostili, ha portato al 28% potenziale la posizione in derivati sulla tedesca, con il 9,5% soltanto di quota diretta).

Ma poi Banco BPM è italiano?
Il socio di riferimento è francese, il Credit Agricole si è portato al 15,1% potenziale (includendo un 5,2% di “Altre posizioni lunghe con regolamento in contanti” costituite da due contratti “total return swap”) e ha anche chiesto l’autorizzazione a salire fino al 19,99%. Il socio francese è fondamentale per comprendere le strategie del Banco, con Piazza Meda ha infatti una forte partnership assicurativa nel settore danni che proietta la “Banque Verte” verso il terzo posto tra gli operatori assicurativi del danno in Italia.

Ma non mancano altri soci di peso. Il finanziere Davide Leone ha un potenziale 5,3% circa (2,147% del capitale di quota diretta). Ci sono poi BlackRock al 5% di Piazza Meda e da poco si sono aggiunti JP Morgan con un 3,06% nuovo nuovo e Bank of America che ha un potenziale 6,8% (1,168% la partecipazione diretta). È stato infine da poco rinnovato un patto di consultazione sul 6,51% che lega le casse di risparmio di Lucca, Alessandria, Reggio Emilia Pietro Manodori e Carpi a ENPAM, Inarcassa e Cassa Previdenza Forense. Anche nel caso del Banco BPM quindi direttive strategiche da Parigi e dagli Stati Uniti minano l’idea di una tradizionale banca italiana, almeno dal punto di vista proprietario (management e attività sono un’altra cosa).

Banche, quel dossier di MPS che porta a Trieste (passando da Milano)

Di certo con la mossa di Unicredit diventano tutti da definire i vincoli su MPS, dove il 5% è poco per lanciare una fusione, ma la passivity rule, la regola che vincola chi è sotto offerta sulle operazioni straordinarie che potrebbero sabotare il takeover esterno, pone un freno.

L’ultima tranche di privatizzazione del Tesoro ha riportato il MEF all’11,7% assolvendo gli obblighi con l’Europa. Il secondo azionista è la Delfin (la holding di EssilorLuxottica amministrata da Francesco Milleri e controllata dagli eredi Del Vecchio) che ha preso il 9,78% con la privatizzazione. Il terzo socio di MPS è Francesco Gaetano Caltagirone che si è preso un 5,026% con la privatizzazione e ha subito messo suo figlio Alessandro nel consiglio di amministrazione (non indipendente ovviamente). Il quarto è appunto il Banco BPM (5,003%) e quindi Anima Holding (3,992%) che, come anticipato, vende il 16,1% dei prodotti al dettaglio sulle reti senesi.

Proprio l’abbinata Delfin-Caltagirone apre suggestioni su altri tavoli di peso della finanza italiana. Caltagirone controlla anche il 5,499% di Mediobanca e di Piazzetta Cuccia Delfin ha un altro corposo 19,39% (sono affiancati da Banca Mediolanum al 3,43% della banca guidata da Alberto Nagel). In Mediobanca, eccellenza italiana della finanza italiana nel wealth management, nel corporate & investment banking, nella finanza al consumo e nell’assicurazione, vige poi uno storico patto limato oggi all’11,4% con pezzi da novanta dell’industria italiana da Gavio a Ferrero, da Vittoria Assicurazioni ai Lucchini (per fare solo qualche esempio).

Ora Mediobanca ha di recente trasformato il modello di business della sua relativamente recente attività di banca commerciale, alzando i prezzi e i servizi di CheBanca! nella nuova Mediobanca Premier, la cui evoluzione è in corso e i risultati dovranno essere valutati nei prossimi mesi.

Come noto Mediobanca è il primo azionista di Generali con una quota del 13,1% che le fruttava non molto tempo fa quasi metà di tutti i suoi utili. Sempre in Generali poi ci sono ancora Delfin con il 9,93%, Caltagirone con il 6,92% e i Benetton con il 4,8% I recenti tentativi di assalto da Caltagirone alla governance del Leone di Trieste sono falliti, ma in molti pensano che una delle partite finanziarie di quest’anno in Italia sarà la nomina del nuovo consiglio di amministrazione di Generali in calendario con l’assemblea di bilancio del prossimo 8 maggio 2025. C’è quindi un fil rouge che va da MPS a Mediobanca a Generali che si rafforza e vede in tandem due protagonisti come Delfin e Caltagirone. Sicuramente qualcuno quest’anno tenderà quel filo, se poi sarà sufficiente a ridisegnare il quadro è presto per dirlo.

Banche, da Intermonte a Illimity c'è chi aggrega le specializzazioni

Né questi intrecci finanziari, ma soprattutto industriali tra assicurazioni e banca d’investimento, sono limitati ai casi fatti. È in corso l’opa da 3,04 euro di Banca Generali su Intermonte, il termine dell’offerta è il 24 gennaio. Ancora risparmio.

È stata da poco annunciata anche l’offerta di Banca Ifis su Illimity. Specialty finance.

Uno scenario complesso dunque e noi rispondiamo con i conti della serva.

Banche, vibra la foresta di cristallo, ma l’offerta non conviene

Cominciamo da Anima. In queste ore il titolo guadagna lo 0,23% e si porta a 6,6 euro. L’offerta del Banco BPM è da 6,2 euro, quindi l’adesione non conviene. Il problema è che la passivity rule vincola nuove mosse del Banco, anche sul fronte di un eventuale rilancio.

Banco BPM. L’azione in queste ore cede lo 0,08% e passa di mano a 7,904 euro. Unicredit passa di mano a 40,37 euro con un calo dello 0,44%, siccome offre 0,175 azioni proprie per ogni titolo di Banco BPM, ne valuta ciascuno 7,656 euro ai corsi attuali, con uno sconto del 10,6%. L’offerta non conviene.

Illimity. Guadagna lo 0,31% e si porta a 3,9 euro. Banca Ifis guadagna un altro 0,18% e si porta a 22,76 euro. Poiché offre 0,1 azioni proprie e un corrispettivo in contanti per ogni azione di Illimity, le valuta attualmente a 3,69 euro ciascuna. Uno sconto del 5,38% sui corsi attuali. L’offerta non conviene.

Solo l’offerta su Intermonte sembra andare a buon fine (il titolo vale 3,03 euro).

Il resto sembra tutto solo un gran baccano senza soldi veri. Risiko sì, senza dubbio, ma poco credibile sui valori attuali.