Tutti in pensione a 63 anni? Sì, ma ad una condizione ben precisa

di Carla Tastini pubblicato:
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Tra sei mesi scade la misura pensionistica temporanea di Quota 102 e il Governo non ha ancora varato una riforma pensionistica strutturale che possa evitare di ricadere nelle Legge Fornero. Al vaglio, però, c'è una proposta valida, quella del Presidente Tridico. Scendiamo nei dettagli.

Tutti in pensione a 63 anni? Sì, ma ad una condizione ben precisa

La riforma italiana delle pensioni non ha visto ancora la luce, mentre Quota 100 è terminata a fine dicembre 2021, Quota 102 si avvia verso la sua conclusione naturale (e più che una riforma è stata una pezza a colori per tirare avanti) e di una riforma strutturale per non tornare alla Legge Fornero, al momento, non c'è nemmeno una bozza sul tavolo.

Purtroppo il rischio concreto è che, senza una riforma strutturale votata dal Parlamento in tempo utile, nel 2023 si ritorni inesorabilmente alla Legge Fornero, costringendo i lavoratori ad andare in pensione nuovamente a 67 anni.

A causa dell'età pensionabile così elevata, la legge Fornero non è mai andata giù né ai lavoratori né alle associazioni di categorie, e non cambierà nulla dal 2023 in poi, anzi aumenterà ancora di più il malcontento.

Al momento l'unica accettabile soluzione e proposta (ormai lo è da un anno) è il piano preparato dal presidente Inps, il professor Tridico. Scendiamo nei dettagli.

Il piano del presidente Tridico: "tutti in pensione a 63 anni"

Sulle pagine di Repubblica, attraverso un'intervista, il professor Tridico, presidente INPS, rilancia la proposta sulle pensioni che ormai ha messo sul tavolo da ben un anno.

Eccola riassunta in parole semplice: dare ai lavoratori la possibilità di andare in pensione a 63/64 anni, percependo una pensione calcolata esclusivamente con il metodo contributivo fino al compimento degli anni utili alla pensione di vecchiaia, cioè 67 anni. Da questa età in poi, invece, si inizierebbe a percepire anche la parte calcolata con il metodo retributivo.


È una proposta da molti considerata valida, perché permetterebbe sì di perdere qualcosa durante i primi anni, ma di recuperare poi con il metodo retributivo negli anni successivi.

È una proposta basata sul compromesso, sulla flessibilità e sulla sostenibilità finanziaria. Probabilmente, è l'unica valida al momento.
In pratica si riceverebbe l'intera pensione a cui si ha diritto, ma in due tempi diversi.

Un'eventuale Quota 41 peserebbe troppo sui conti pubblici

La proposta del professor Tridico, come abbiamo anticipato, si basa su un'importante flessibilità e sostenibilità economica. A differenza di Quota 41 e dell'uscita dal lavoro a 62 anni per tutti, proposta dalla Lega, che, secondo Tridico, peserebbe troppo sui conti pubblici. In un momento come questo di inflazione e incertezza economica, sarebbe un rischio troppo alto.

Una cosa è certa, a pochi mesi dalla fine anche di Quota 102, non si è ancora individuata e scelta la strada da seguire per una riforma strutturale delle pensioni che impedisca di ripiombare nella Legge Fornero a partire dal 2023. Mentre il Governo è tutto concentrato sulla guerra tra Russia e Ucraina, i sindacati fanno pressione per riaprire al più presto il tavolo delle trattative.

Il Presidente Draghi aveva chiarito di preferire il metodo contributivo

Draghi aveva già chiarito alla fine del 2021 che qualsiasi metodo per uscire dal mondo del lavoro in maniera anticipata rispetto ai 67 anni stabiliti dalla legge Fornero, avrebbe dovuto essere collegato e vincolato esclusivamente al metodo contributivo ( per non pesare sui conti pubblici ).

Su questo aspetto il piano ideato dal professor Tridico combacia appieno, anche se la possibilità di andare in pensione a 64 anni e lasciare i pensionati con un assegno basato solo sul calcolo contributivo per tre anni, non piace a molti sindacati.

Questi ultimi spingono per fare in modo che si vada tutti in pensione a 62 anni, comprendendo anche la quota retributiva diminuita solo a causa di micro-penalizzazioni per ogni anno di anticipo. Questo peserebbe troppo sulle casse dello Stato, ed è altamente improbabile che la proposta dei sindacati venga accettata.

Christopher Pissarides, premio Nobel dell’Economia nel 2010, ha affermato: "Sessantadue anni è troppo presto adesso per andare in pensione, perché ormai si gode di ottima salute almeno fino a 70 anni. A 62 anni si potrebbe dare ai lavoratori la possibilità di ricevere una pensione parziale e di lavorare in modo flessibile, al massimo per quattro giorni la settimana".

Sarà valutata anche questa proposta dal Governo Draghi? Staremo a vedere, vi terremo aggiornati! Intanto, come ricorda il Sole 24 Ore, tra qualche giorno uscirà un decreto del Ministero dello Sviluppo economico, del decreto atto a disciplinare “l’ammortizzatore pensionistico” per le aziende in crisi di piccole e medie dimensioni; scivolo previsto dall'ultima Legge di Bilancio.