Tech, nuova stretta USA sull’AI, Nvidia protesta
pubblicato:Il gigante dei chip boccia Biden e si appella a Trump. Un altro riposizionamento alla corte del nuovo presidente.
Ma cosa poi farà Trump del CHIP Act e delle barriere commerciali sui microprocessori non è ancora chiaro
Tutti sul carro del vincitore. Mentre si scalda il conto alla rovescia all’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, il presidente uscente Joe Biden coglie l’occasione per intavolare una serie di importanti misure.
Una sorta di canto del cigno, di colpo di coda, un epilogo, se si preferisce, con potenziali effetti rilevanti. Intanto i finanzieri d’America diventano tutti trumpiani.
The Donald ha sempre dimostrato di gradire soprattutto la fedeltà e da Mark Zuckerberg a Jeff Bezos (per non parlare di Elon Musk) è un fiorire di endorsement e riposizionamenti sul nuovo corso a stelle e strisce.
L’ultima casacca trumpiana è quella di Jen-Hsun Huang, il CEO in giacca di pelle che fa Nvidia al mondo. Ma andiamo con ordine.
Tecnologia, le ultime strette di Biden
Biden negli ultimi giorni è più vivace che mai, sembra volere lasciare il segno alla Casa Bianca e attua provvedimenti importanti.
Il primo è stato una nuova stretta sul petrolio russo che ha messo fuori gioco circa il 15% delle petroliere operative del mondo (calcoli del Sole 24 Ore), gonfiato il costo dei noleggi e le quotazioni del greggio, assestando un duro colpo alla Russia, all’Iran, ai loro scambi con Cina e India.
Nella blacklist del temibile Ofac (Office of Foreign Assets Control) raddoppia il numero delle navi, fino a quota 382; si dovranno tagliare i rapporti con loro (e anche player russi come Surgutneftegas e GazpromNeft) entro il 12 marzo. In prospettiva questo potrebbe “incoraggiare” le trattative sull’Ucraina che Trump vorrebbe chiudere in fretta.
Il secondo provvedimento di rilievo degli ultimi giorni (con l’eccezione dei nuovi invii di armi a Kiev) riguarda proprio il mondo della tecnologia avanzata. Quell’intelligenza artificiale per la quale i microprocessori per la grafica di Nvidia si sono dimostrati molto versati, tanto da farne il campione di Wall Street e dei Magnifici Sette, il caso scuola dell’AI Hype che fa chip come nessuno per i data center dove si elabora l’artificial intelligence.
Tecnologia, cosa prevede il nuovo AI Act degli Stati Uniti
Ora Biden ha appena approvato il Framework for Artificial Intelligence Act, una nuova stretta sulle vendite di chip per l’AI in giro per il mondo. Già in passato la Casa Bianca aveva limitato la diffusione di questi microprocessori, per scongiurarne l’arrivo in mani ostili con una potenziale minaccia per la sicurezza nazionale USA. Nvidia aveva accusato poco il colpo, ma questa volta sembra diverso.
Con il nuovo framework Washington consolida un approccio alla politica commerciale internazionale differenziato in base alle giurisdizioni amiche.
Mantengono un accesso sostanzialmente illimitato alle tecnologie dell’AI statunitensi i membri della partnership di intelligence Five Eyes (USA, Australia, Canada, Nuova Zelanda e Regno Unito), così come i Paesi che hanno un ruolo chiave nella catena di approvvigionamento (come il Giappone, l’Olanda di ASML, la Corea del Sud o la Taiwan di TSMC), oltre agli alleati più stretti della Nato (compresi diversi Paesi europei come l’Italia e la Germania).
Una buona parte del mondo rimanente finisce in una terra di mezzo, con limiti alla potenza di calcolo importabile dagli Stati Uniti senza che questa sia vincolata ad ambienti sicuri e fidati.
Il resto, il terzo livello dei “nemici” degli Stati Uniti comprende Cina e Russia.
Nasce una sorta di passaporto internazionale teso a scongiurare usi impropri dell’intelligenza artificiale progettata negli Stati Uniti (per esempio per fini bellici o terroristici).
AI Act, la dura reazione di Nvidia
Apriti cielo. In un commento durissimo sul blog di Nvidia, il vicepresidente del gruppo Ned Finkle definisce le nuove regole inusitate e sbagliate, un pantano regolatorio di oltre 200 pagine elaborato in segreto e senza un’appropriata revisione legale negli ultimi giorni dell’Amministrazione Biden per minare la leadership tecnologica americana.
Uno sproposito indiscriminato che imporrebbe un controllo burocratico su come sono progettati e venduti nel mondo i semiconduttori, i computer, i sistemi e persino i software d’America.
“La prima Amministrazione Trump aveva posto le fondamenta per la forza e il successo attuali dell’America, incoraggiando un ambiente in cui le industrie USA potevano competere e vincere sulla base del merito senza compromettere la sicurezza nazionale”.
“Sebbene questo nuovo regolamento non sia applicabile per 120 giorni, sta già minando gli interessi degli Stati Uniti.
Come ha dimostrato la prima Amministrazione Trump, l’America vince con l’innovazione e la competizione e condividendo le nostre tecnologie con il mondo – non ritirandosi dietro un muro di spropositi governativi”.
Insomma Biden cattivo, Trump buono, la forza dell’America sta nelle esportazioni e Nvidia vuole vendere in tutto il mondo per rafforzare ancora gli States.
Anche il colosso di Santa Clara che produce a Taiwan i chip dei data center di mezzo mondo indossa la casacca trumpiana, ma con qualche rischio.
Tecnologia, quale sarà il destino del CHIPS Act sotto Trump?
Biden ha varato nel 2022 il maestoso CHIPS Act da 280 miliardi di dollari e promosso un reshoring enorme della filiera dei semiconduttori negli States invidiato da molti. Si veniva dal “chip crunch”, dalla crisi dei semiconduttori e delle catene di approvvigionamento che si riversava su diversi prodotti nel post-pandemia.
I costi sono stati enormi per gli Stati Uniti (hanno contribuito ai deficit da economia di guerra degli ultimi anni), gli esiti incerti. Washington è riuscita a portare in America anche impianti della taiwanese TSMC, che fornisce anche giganti come Apple e Qualcomm, ma gli enormi investimenti di Intel in nuovi stabilimenti e fonderie di silicio hanno portato il gigante storico dei microprocessori d’America sull’orlo del fallimento e l’hanno costretto ad annunciare il taglio di circa 17 mila posti di lavoro e la riduzione degli obiettivi. Lo scorso 2 dicembre il CEO di Intel Pat Gelsinger ha lasciato la compagnia dopo più di quarant’anni di carriera a un futuro incerto.
Una vicenda che ha proiettato ombre anche su tutto il CHIPS Act che si pone l’obiettivo di portare il 20% della produzione globale di chip avanzati negli USA, ma che finora ha alimentato una spesa pubblica fuori controllo.
Altri Paesi hanno preferito misure alternative come crediti di imposta. Un’alternativa potrebbe passare dalla creazione di scorte strategiche di chip gestite a livello governativo e incentivi allo spostamento del magazzino di microprocessori negli States.
La palla passa comunque a Trump e non è chiaro se confermerà o cambierà il CHIP Act.
La politica dei dazi contro le produzioni non gradite in Europa finora non ha funzionato granché, ma va detto che Bruxelles non ha le eccellenze tecnologiche di Washington. Sul fronte del protezionismo commerciale gli Stati Uniti mostrano una sorprendente continuità da Obama a oggi. Converranno delle barriere anche per Nvidia?