2025, cosa aspettarsi dai mercati

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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L'impatto dei dazi di Trump è il rischio più temuto dagli analisti, ma incognite vengono anche dalle guerre e dalle politiche fiscali. Spunti positivi invece dal ribasso dei tassi e dall'occupazione

2025, cosa aspettarsi dai mercati

Anche il 2025 si presenta agli investitori con un carico di incertezze. Mentre permangono le pressioni della politica internazionale provenienti dall’Ucraina e dal Medioriente, gli Stati Uniti si avviano verso la nuova presidenza di Donald Trump che si insedierà alla Casa Bianca il 20 gennaio, ma ha già scosso i mercati con i primi annunci sui dazi a Messico e Canada.
Questa settimana la Fed statunitense deciderà sui tassi d’interesse e probabilmente taglierà di 25 punti base il costo del denaro, ma il mercato si sta già concentrando anche su altre tematiche oltre a quella della politica monetaria.

Nel 2025 Vanguard si aspetta una crescita USA al 2,1%

Per Vanguard, per esempio, il periodo brillante dell’economia degli Stati Uniti è da collegare più a spunti positivi sul lato dell’offerta, che a un “atterraggio morbido” orchestrato dalla Fed. Crescita della produzione e aumento della forza lavoro disponibile sarebbero insomma alla base del periodo positivo dei dati macroeconomici statunitensi che non ha evitato la sanzione elettorale dell’attuale amministrazione Biden.

Per gli analisti di Vanguard nel 2025 il Pil degli Stati Uniti crescerà del 2,1%, con un tasso di disoccupazione ancora basso al 4,4% e tassi a fine anno del 4% che implicherebbero solo due tagli da un quarto di punto nei 12 mesi (dando per scontato quello di questa settimana). Secondo gli analisti pesano il rischio dei nuovi dazi di Trump e di strette sull’immigrazione che potrebbero tagliare la crescita del Pil dal 3% circa attuale al 2,1% circa.

2025, sull'Europa prospettive diverse

Più fragili le previsioni per l’Europa, per la quale Vanguard si attende l’anno prossimo una crescita del Pil dello 0,5% appena con un tasso di disoccupazione al 6,9% e tassi a fine 2025 addirittura all’1,75%

Previsioni deboli in dissonanza da quelle recentissime della BCE, che ha ridotto la scorsa settimana le stime, ma immagina una crescita del Pil dell’Eurozona dell’1,1% nel 2025, o anche di Axa Investment Managers che oggi pubblicato la stima di una crescita del Pil dell’Eurozona dell’1% nel 2025 (+1,3% nel 2026 a fronte dell’1,3% della Bce).

Alessandro Tentori, chief investment officer di AXA IM, è - con le cautele del caso - più ottimista e prevede ancora per gli Stati Uniti una crescita economica superiore al potenziale e per l’Europa spunti positivi dal mix di taglio dei tassi, politica fiscale e accresciuti salari reali. L’incognita Trump comunque permane, anche sulla crescita della Cina vista da Axa al 4,5% l’anno prossimo: se la guerra dei dazi si dovesse arroventare sarà difficile sottrarre la dinamica della crescita economica al gioco di misure e contromisure.

2025, ma i dazi USA restano al centro dell'attenzione

È comunque opinione diffusa che anche l’anno prossimo bisognerà stare attenti sul mercato. Dopo il nuovo rally USA, spinto appunto dai dati su inflazione, disoccupazione e tassi, T. Rowe Price parla in un commento di “opprimente incertezza” per gli States. Justin White, portfolio manager US All‑Cap Opportunities Equity Strategy di T. Rowe Price, ricorda comunque che al 2025 gli Stati Uniti giungono con il vento in poppa, che i bilanci dei consumatori rimangono relativa sani e che i massicci investimenti delle imprese nell’intelligenza artificiale risultano per ora finanziati in gran parte dal free cash flow più che dall’aumento del debito. Sul fronte dell’azionario USA questi analisti monitorano la sottovalutazione di diverse società a stelle e strisce più piccole e le opportunità che si potrebbero presentare dal settore healthcare grazie all’intelligenza artificiale.

Anche Wellington Management pone l’accento sulle incertezze derivanti dall’impatto dei dazi degli Stati Uniti e dalle reazioni di Europa e Cina. I macro strategist di Wellington Management John Butler ed Eoin O’Callaghan intravedono inoltre il rischio di un ritorno del premio a rischio: “L’entità dei deficit di governo e la determinazione delle banche centrali ad impedire un rallentamento rappresentano rischi per la normale relazione tra incremento della crescita nominale e aumento dei prezzi degli asset. Gli asset rischiosi dovrebbero muoversi in ripresa fino a che il mercato realizzerà che le autorità vorranno stimolare la crescita e accettare le conseguenze inflazionistiche, quindi, di conseguenza, si creerà la necessità di un incremento dei premi al rischio. Questa è la minaccia principale per i titoli azionari, ossia che queste dinamiche portino a un incremento dei rendimenti obbligazionari dovuto ai premi al rischio anziché alla crescita”. 

Alle notevoli incertezze derivanti dai rischi di guerre commerciali innescate da Trump, si aggiungono poi in Europa diverse incertezze politiche collegate per esempio alle difficoltà francesi e tedesche che sono cronaca anche di queste ore.

Senza dubbio se ne tornerà a parlare anche nel 2025.

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Economia