Auto, Volkswagen conferma la crisi

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Gli utili della casa tedesca crollano del 63% e si temono decine di migliaia di licenziamenti. Intanto l'Europa conferma i dazi e domani si attendono i dati di Stellantis. Ma in Italia la filiera denuncia il taglio di fondi per la transizione

Auto, Volkswagen conferma la crisi

Non sono tutti negativi i dati trimestrali di Volkswagen appena usciti, ma la crisi dell’auto europea sembra soltanto all’inizio e anche gli acquisti di stamane sulla casa automobilistica tedesca sembrano più un rimbalzo tecnico sui minimi di 87,7 euro, che una genuina reazione dopo il crollo del titolo del 65% dai massimi del 2021 sui lontanissimi 252 euro. Il rischio di un ritorno sui minimi della pandemia sotto gli 80 euro sono insomma concreti anche se la questione ha questo punto è più industriale ed economica che borsistica e poco dicono i multipli di P/E da 3,1x negli ultimi 12 mesi e di 2,55x in termini di Forward P/E.

Auto, i ricavi di Volkswagen tengono, ma i costi di ristrutturazione pesano

Ma stiamo sui numeri di Volkswagen: nel terzo trimestre il gruppo ha registrato un crollo dell’utile netto del 63% (poco meno di due terzi) a 1,576 miliardi di euro. In realtà il giro d’affari tutto sommato tiene -0,5% a 74,47 miliardi di euro nei tre mesi e +0,9% a 237,28 miliardi nei nove mesi; sono i margini operativi che soffrono: -20% nei 9 mesi a 12,9 miliardi e -41,7% nel trimestre a 2,855 mld.

Nei 9 mesi il net cash flow del gruppo ha perso 1,7 mld passando da 4,9 a 3,3 miliardi e la liquidità è crollata da 40,3 a 34,4 miliardi.

Il gruppo ha segnalato costi di ristrutturazione già registrati quest’anno per 2,2 miliardi di euro.
Il CFO e COO Arno Antlitz ha segnalato l’”urgente bisogno di significativi tagli dei costi e recuperi di efficienza”.

I sindacati tedeschi hanno già denunciato l’intenzione del management di chiudere almeno tre fabbriche in Germania, con il taglio di decine di migliaia di dipendenti, e di tagliare di almeno il 10% i salari di chi rimarrà.
Thomas Schaefer, che guida il brand i Volkswagen, afferma che gli stabilimenti tedeschi costano dal 25% al 50% dei costi previsti. L’obiettivo del gruppo è tagliare qualcosa come 10 miliardi di euro di costi in tre anni e adesso si temono gli impatti anche sul fronte politico e macroeconomico. In Germania il gruppo impiega circa 300 mila persone.

Ma ci sono anche alcuni timidi segnali positivi dagli ultimi numeri di Volkswagen: i nuovi ordini di veicoli nell’Europa occidentale sono cresciuti nei 9 mesi del 9%, con un +27% a/a nel terzo trimestre; il net cash flow crollato del 33,6% nei nove mesi è balzato del 38% a 3,4 miliardi negli ultimi tre mesi. Ma sono lumicini nel contesto di un’industria sempre più in crisi, anche simbolica in Europa.

Si è appreso che la controllata Audi chiuderà a fine febbraio 2025 l’impianto di Bruxelles dove produce le SUV d’alta gamma Q8 e-tron: il mix micidiale di scarsa domanda e costi elevati sembra sempre lo stesso e sono a rischio quindi anche 3 mila lavori diretti in Belgio.

Auto, la questione cinese, tra dazi e concorrenza

Il grande imputato è sempre la Cina. Retoricamente il Guardian si chiedeva pochi giorni fa se la Repubblica Popolare non stesse cannibalizzando l’industria automobilistica europea.

Appena ieri la Commissione Europea ha confermato un approccio duro con dazi al 17% per BYD, al 18,8% per Geely e al 35,3% per le SAIC prodotte in Cina.

In realtà i produttori cinesi sono già ampiamente presenti con il controllo di Polestar e Volvo in mano a Geely o la britannica MG in mano a SAIC e le integrazioni delle filiere sembrano sempre più forti, né si può escludere che una parte degli impianti chiusi da Volkswagen vada a qualche big cinese.

Le conferme sui dazi sono state contrastate da Germania e Ungheria e la Commissione UE ha voluto mantenere aperta la strada dei negoziati, ma non si vedono ricette concrete all’orizzonte per l’auto europea.

Auto, domani i dati di Stellantis

Di recente anche Ford ha ridotto le previsioni (subendo grosse vendite in Borsa) e la Mercedes ha ridotto le stime per la seconda volta in pochi mesi. Domani sarà la volta dei dati trimestrali di Stellantis. Il gruppo ha già rivisto le previsioni a fine settembre.

Ma la trimestrale del colosso franco-italiano si inserirà in un contesto già molto carico di tensioni con le maggiori associazioni di filiera italiane che hanno bocciato la decisione del governo di tagliare di 4,6 miliardi di euro il fondo automotive per la transizione elettrica della filiera.

Il taglio è emerso dal Disegno di legge di bilancio 2025, l’Anfia, l’associazione nazionale della filiera automotive, parla di “profonda frattura” e ricorda che l’automotive è il maggiore settore manifatturiero italiano con oltre 270 mila addetti e 100 miliardi di fatturato. L’UNRAE (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri) ha affermato che la decisione di tagliare 4,6 miliardi sui 5,8 miliardi residui del fondo “contraddice clamorosamente non solo le dichiarazioni di intenti pronunciate dal Ministro Urso in sede di Tavolo Automotive non più tardi del 7 agosto scorso”.

Il Sole 24 Ore di oggi spiega che quei soldi sono stati spostati in manovra dalle quattro ruote all’industria della difesa. La profonda crisi dell’automotive e della produzione di Stellantis in Italia era stata denunciata con costanza dal governo in questi mesi ed erano stati denunciati a più riprese i rischi per la filiera nella conversione con impatti molto specifici per l’Italia. Ma a questo punto il settore sembra abbandonato a se stesso e il governo rivolto altrove.