Poste chiude il cerchio su TIM

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
6 min

Operazione strategica, la società guidata da Matteo Del Fante è il primo azionista di Telecom Italia, ma restano sul tavolo incognite regolamentari e non solo. Ecco il quadro

Poste chiude il cerchio su TIM

Vendite su TIM all’indomani dell’investimento strategico di Poste. L’azione di Telecom Italia segna un ribasso del 2,37% e si riporta a 30,52 centesimi (è una penny stock da tempo). Anche Poste in queste ore segna un calo dell’1,62% a 16,38 euro. Ma il mercato sembra ottimista e le vendite di oggi non fanno testo, perché tutti i listini azionari arretrano pesantemente in vista dei nuovi dazi di Trump ad aprile.

Poste Italiane ha comprato un corposo pacchetto del 15% di TIM a 29,75 centesimi per ogni azione, con uno sconto corposo del 4,83% sulla chiusura di venerdì scorso. L’investimento per quei quasi 2,3 miliardi di azioni ordinarie ammonta quindi a circa 684 milioni di euro, una cifra importante che già chiarisce che Poste si insedia come primo socio di TIM con un piano di lungo periodo.

Con il pacchetto precedente del 9,81% di TIM che la società delle lettere (e della finanza) già controllava dopo uno scambio di partecipazioni con CDP, adesso il gruppo Poste Italiane sale al 24,81% del capitale della nuova TIM senza rete fissa guidata da Pietro Labriola.

L’ad di Telecom Italia l’aveva detto da tempo: o Poste o Iliad. L’opzione con maggiori probabilità, quella di Poste che era appena salita al 9,81%, si è concretizzata e anche il timing è adeguato.

È vero infatti che il titolo di TIM è stato per quasi tutto il 2024 sotto i 25 centesimi, ma va sottolineato che i tempi di questa operazione sono stati dettati da Vivendi, che solo di recente ha avviato il disimpegno. La tempistica è stata insomma decisa a Parigi, non a Roma, non in Poste né al Ministero dell’Economia.

Poste, l'acquisizione di TIM chiarisce il quadro

Adesso si chiarisce lo scenario, ma non del tutto. Vivendi ridotta al 2,51% di TIM rimane un socio rilevante, ma marginale nelle future strategie del gruppo.

Poste Italiane dovrà guadagnare la fiducia dei mercati, di cui in gran parte già gode grazie ai risultati degli ultimi anni, e delle autorità.

Già il 15 febbraio scorso l’acquisizione del 9,81% di TIM da CDP in cambio del 3,78% di Nexi e di un concambio – pare – inferiore ai 180 milioni di euro, aveva segnato l’avvio di un’operazione strategica.

Oltre al disimpegno dalla scomoda (per CDP) posizione in TIM e il consolidamento della Cassa Depositi e Prestiti in Nexi, c’era infatti chiaro l’obiettivo di Poste di cogliere le opportunità del consolidamento del mercato delle telecomunicazioni italiane che ha già registrato l’operazione Wind-Tre e quella Fastweb-Vodafone.

Per un player particolare come Poste era già una prima operazione da circa 410 milioni di euro (ai prezzi di San Valentino, il valore del 9,81% di TIM sul mercato era di circa 413 milioni). Ora con un altro investimento da 684 milioni si arriva a un investimento in TIM di circa 1,1 miliardi di euro (includendo il pacchetto di Nexi). Si tratta di più della metà dell’utile record da 2,01 miliardi di euro registrato da Poste nel 2024. Un investimento di cui gli azionisti chiederanno ragione.

Ma le motivazioni sono già chiare da tempo. È già in fase avanzata di negoziazione la fornitura di servizi per l’accesso di Postepay all’infrastruttura mobile di TIM: dovrebbe concretizzarsi dal primo gennaio 2026.

Significa l’accesso a una platea di clienti enorme: a fine 2024 il gruppo dichiarava 5 milioni di clienti soltanto per il 5G.

Le possibilità Fintech della rete di Poste sono numerose inoltre: Poste cita sinergie con TIM nella telefonia, nei servizi ICT, nei contenuti media, nei servizi finanziari, in quelli assicurativi e nel sistema dei pagamenti. Sinergie previste anche nel settore dell’energia.

Già perché Poste sta cavalcando e dirigendo quel consolidamento strategico dei servizi in Italia sotto grandi piattaforme. Il modello integrato portato avanti da diversi player che hanno cominciato a vendere connessione a internet ed energia, servizi finanziari e di pagamento, contenuti e altro ancora. Postepay per Poste Italiane è o vuole diventare tutto questo.

Poste su TIM, l'incognita antitrust

Ma bisognerà ottenere dei via libera regolamentari importanti. A partire dall’Antitrust. Già l’anno scorso proprio l’Antitrust aveva denunciato un abuso di Poste per posizione dominante nel mercato della vendita di energia elettrica e gas (dove opera proprio con Postepay). In parole povere Poste era entrata in rotta con A2A e Iren perché non aveva fornito uguale accesso a queste utility sulla propria rete di circa 13 mila sportelli rispetto all’offerta “in-house” di PostePay (nella causa si erano inseriti anche Utilitalia e AIGET - Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader).

Il nodo delle proposte era il presunto monopolio sulla propria rete e la disparità di trattamento con gli altri eventuali player che avessero voluto vendere elettricità ed gas tramite gli sportelli delle Poste. La situazione era stata risolta dal governo un po’ come con un nodo gordiano: con il decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113 l’esecutivo aveva abrogato il comma 2-quater dell’art. 8 della legge n. 287/1990, ossia delle norme per la tutela della concorrenza e del mercato.

Un intervento tranchant sul quale la stessa Antitrust era tornata con alcune allarmate osservazioni sul caso a settembre.

Adesso, con l’acquisizione di TIM, potrebbero essere le società di telecomunicazioni a scendere in campo e a chiedere una parità di accesso alla rete di Poste, un tema da sempre caldo in Italia.

Per il momento il mercato, nonostante le vendite diffuse sui titoli interessati, sembra approvare le mosse dell’ad Matteo Del Fante, che ha dato prova di tempistica e visione nei passati esercizi e ha saputo anche di sapere trattare da pari con i grandi player della finanza italiana. Come quando si è impegnato ad aderire all’offerta di Banco BPM su Anima Holding di cui controlla l’11,7%. Una quota che ai 7 euro dell’offerta vale circa 260 milioni di euro.

Il legame con il governo (e con  gli azionisti) di Poste si è anche consolidato con le politiche generose di distribuzione degli utili: il dividendo sui risultati 2024 è stato proposto a 1,08 euro con un aumento del 35% sul 2023 e con una distribuzione totale di 1,4 miliardi di euro, pari a una quota degli utili del 70% (pay-out ratio). La politica dei dividendi è stata anzi appena migliorata portando appunto il pay-out ratio da più del 65% al 70% e con la previsione di distribuzioni di cedole per ben 7,5 miliardi in totale sugli esercizi dal 2024 al 2028.

Un appeal che potrebbe crescere ancora adesso con l’operazione strategica su TIM.

Poste, TIM potrebbe portare in dote earn-out e risarcimenti miliardari

Senza considerare che il gruppo delle telecomunicazione potrebbe ancora ottenere un earn-out da 2,5 miliardi di euro, se si fonderanno FiberCop (la ex rete fissa di TIM) e Open Fiber entro la fine del 2026.

C’è poi anche quel dossier del risarcimento da circa 1 miliardo di euro su canoni del 1998. La questione cova sotto la cenere e l’ultima pronuncia della Corte d’Appello di Roma aveva respinto la richiesta di sospensiva del governo.

Con il nuovo assetto proprietario di TIM un accordo stragiudiziale appare più probabile, ma è comunque un fattore che potenzialmente potrebbe giovare non poco agli azionisti di TIM e quindi ora anche a Poste Italiane.