Trump spaventa di nuovo i mercati
pubblicato:Il presidente USA minaccia dazi contro tutti e Wall Street ripiega come l'azionario europeo

Crollo dei mercati azionari. Se non è panic selling, è sicuramente paura. I dazi di Trump in arrivo ad aprile non colpiranno soltanto il gruppetto di 10 o 15 Paesi che si ipotizzava fino a domenica, ma tutti i Paesi del mondo. “You'd start with all countries”, ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti a bordo dell’Air Force One ai giornalisti.
Oggi i mercati tremano, di certo l’inquilino conferma di saper pensare in grande e conferma anche quell’umore mutevole che costituisce una delle più importanti pre-condizioni per il crollo dei mercati. Senza dubbio le pressioni aumenteranno a questo punto, forse tramite quella cinghia di trasmissione sfilacciata di Scott Bessent (il nuovo segretario al Tesoro). Il 2 aprile sarà secondo la Casa Bianca il Liberation Day, sicuramente i tori sono usciti dai recinti già oggi.
Cosa dovrebbe succedere? A poche ore dalla deadline è difficile a dirsi. Washington ha già alzato al 25% i dazi su acciaio e alluminio. Dal 2 aprile (in realtà dalle 12:01 a.m. del 3 aprile) dovrebbero scattare dazi sulle auto e su componenti chiave delle vetture, come motori, trasmissioni, parti del motore e componenti elettriche.
Dazi, il ragionamento di Tump
Il ragionamento è che i nuovi dazi spingeranno i consumatori a comprare auto prodotte negli Stati Uniti. Gli economisti pensano quasi unanimemente che questo porterà a forti rincari non soltanto sulle auto estere, ma anche su quelle prodotte negli Stati Uniti dove dovranno comunque importare almeno una parte rilevante della componentistica (a un prezzo sotto dazio).
Secondo Ivan Drury, direttore insights di Edmunds.com citato dalla CNN, i prezzi delle auto negli Stati Uniti potrebbero salire di qualcosa come 6 mila o 7 mila dollari. Senza considerare che poi i nuovi dazi reciproci di aprile non hanno ancora un perimetro definito e non si sa ancora se colpiranno beni agricoli o di lusso, come il parmigiano o il vino italiani.
Ma il costo e l’impatto di una dura guerra commerciale è previsto anche per l’Europa e per l’Italia, anche se la Commissione Europea inizialmente pronta a far scattare subito delle contromisure simmetriche sta valutando con attenzione l’impatto che anche dei contro-dazi potrebbero avere sulle economie europee. La BCE ha infatti calcolato che l’impatto di dazi al 25% sulle importazioni europee negli Stati Uniti potrebbero cancellare lo 0,3% del Pil del Vecchio Continente (già un disastro), ma se ci fossero dei contro-dazi simmetrici l’impatto potrebbe salire allo 0,5% del Pil. C’è da rifletterci insomma, anche se si prevede comunque un impatto molto più duro sugli Stati Uniti e se le conseguenze di nuovi dazi sono stimate come temporanee.
Nessuno sa davvero come andrà o come potrebbe andare, perché le variabili sono numerose e i vari player potrebbero reagire in varia maniera. Di certo oggi i mercati, sostanzialmente tutti i mercati hanno paura.
In queste ore Wall Street assorbe il malumore delle borse europee con vendite consistenti: S&P 500 -1,48%, Nasdaq 100 -2,22%, Dow Jones -0,74%
In Europa, come anticipato, non va meglio: Euro Stoxx 50 -1,74%, Dax tedesco -1,78%, Cac 40 francese -1,71%, Ibex 35 -1,58%
Anche Londra (FTSE 100) perde l’1,23%, con tutto che in realtà è una delle poche aree rilevanti sostanzialmente poco colpite dalla guerra commerciale perché ha un disavanzo commerciale con gli Stati Uniti. L’anno scorso ha importato dagli States beni per 79,9 miliardi di dollari e ne ha esporti per 68,1 miliardi.
Oggi va male ovviamente anche l’Italia: FTSE MIB -1,75%, Ftse Italia All Share -1,71%, Ftse Italia Mid Cap -1,33% e Ftse Italia Star -1,8%
Dazi, qualcuno in Borsa tenta una reazione
Con ripiegamenti di questa entità parlare di settori, nei panieri azionari, è limitante, ma va notato che i pochi titoli in verde del paniere principale di Milano, il Ftse MIB, sono delle utility: Snam (+0,63%), Italgas (+0,61%) e Terna (+0,51%).
E’ coerente, le società dei servizi essenziali ai cittadini solitamente mostrano un carattere difensivo di fronte ai timori di decrescita economica o volatilità sui mercati.
I consumatori, che poi sono una voce fondamentale del Pil delle economie avanzate, tagliano in caso di crisi l’acquisto di un’auto o degli investimenti finanziari, non certo la luce elettrica o l’acqua. C’è però anche un altro fattore. Solitamente le utility si muovono in direzione opposta a quella dei rendimenti di mercato.
Se i rendimenti di mercato, ossia i tassi d’interesse su prestiti e finanziamenti scendono, per le utility è generalmente un bene perché sono società che investono molto in infrastrutture e quindi si indebitano e se i tassi calano loro recuperano redditività.
Bene in queste ore i mercati riscoprono quella vecchia relazione inversa tra prezzi dei titoli di Stato e mercati azionari nel breve periodo che si era invece paludata (o anche invertita) in altre fasi recenti.
In fuga dal rischio dei mercati azionari molti risparmiatori e asset manager stanno acquistando attività più “sicure”, a partire dai titoli di Stato europei. Il rendimento del BTP decennale in questo momento flette di 2 punti base e torna al 3,83% Quando si comprano i bond, titoli di Stato compresi, infatti il prezzo sale, ma il rendimento scende. Questo chiude il cerchio anche sulle utility.
Lo spread al momento si pone a 113 punti base.
Anche il rendimento del Treasury statunitense al 4,62% cede 2 punti base. Ma la curva dei rendimenti (quella che unisce come puntini i rendimenti delle varie scadenze per un titolo di Stato) resta impennata con il due anni italiano al 2,27%, il 5 anni al 3,04%, il 10 anni al 3,82% (come detto), il 30 anni al 4,57%
Significa in genere che ci si aspetta un recupero dell’economia nel futuro. Quando nel 2022 si invertì la curva dei rendimenti USA con il 2 anni che rendeva più del 10, in molti ipotizzarono una prossima recessione che poi non venne. Anzi. Per questo bisogna sempre soppesare con attenzione i timori dei mercati e degli economisti. Quella del mercato e quella dell’economia non sono scienze esatte.
Dazi, l'oro sale ancora
Di certo la paura odierna dei mercati è più coerente di altre in termini di reazioni delle varie asset class. Per esempio l’oro si sta apprezzando: 3.112 dollari l’oncia, +0,38%, per il bene rifugio per eccellenza.
Non è un movimento imperioso, ma va registrato, come quello del dollaro che guadagna lo 0,1% sul’euro e lo 0,01% sullo yen. Il Dollar Index segna un rialzo dello 0,17%
Meno coerente l’apprezzamento del petrolio greggio: il Brent segna un rialzo dello 0,87% a 74,27 dollari al barile mentre il WTI si apprezza dello 0,49% a 69,7 dollari. Di solito con il dollaro in rialzo e timori sull’economia il petrolio greggio si dovrebbe deprezzare, ma in questo caso è ancora Trump a dettare le carte.
Le nuove sanzioni sulla Russia che il presidente USA promette se Mosca non accetterà più miti consigli per una pace in Ucraina dovrebbero passare proprio dal petrolio greggio e, anche se poi gli Stati Uniti sono esportatori di energia da tempo e non scambiano molto greggio o gas con la Russia, l’effetto sui mercati si sente.