Terre rare dell’Ucraina, ma di cosa parliamo?
pubblicato:I negoziati di pace si trasformano in un mercanteggiamento, le ricchezze di Kiev, le brame di Trump, le pressioni di Bruxelles e Londra. Minerali critici e dollari, aiuti veri e presunti, risarcimenti in litio e cobalto, le cifre, lo scenario
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Pochi giorni fa l’Onu ha fatto il punto sulla dotazione di terre rare dell’Ucraina. Kiev controlla importanti riserve di 21 delle 30 commodity che l’Europa definisce “materie prime critiche”. All’Ucraina sono infatti attribuiti pari al 5% delle riserve di terre rare del mondo.
Si tratta di materiali ritenuti strategici per lo sviluppo di tutte le filiere del green, dal fotovoltaico alle batterie, sostanze preziose per la tecnologia contemporanea come il litio, universalmente impiegato per le batterie più comuni di telefoni cellulari, ma anche nelle batterie delle auto elettriche o ibride e nei sistemi di storage dell’energia, ma anche come il cobalto, lo scandio, la grafite, il tantalo o il niobio. Un report dell’accademia delle scienze dell’Ucraina già nel 2022 stimava in 500 mila tonnellate le riserve di litio del Paese. Un tesoro.
Un panel di esperti messo insieme dal segretario generale dell’Onu António Guterres molto più di recente stimava che la crescita della richiesta di materiali fondamentali per la transizione energetica sia destinata a triplicare la domanda di rame, litio, nichel, cobalto e altri materiali per il green entro il 2030. Entro quella data potrebbero servire 50 nuove miniere di litio, 60 di nichel, 70 di cobalto.
Abbiamo già nel 2022 fatto una rapida ricognizione delle ricchezze dell’Ucraina che sembrano ancora oggi la vera motivazione del conflitto scatenato dalla Russia tre anni fa.
A distanza di tanto tempo quelle motivazioni restano in piedi e anche l’approccio dichiaratamente mercantilistico della nuova amministrazione Trump conferma la rilevanza di questi asset per i destini di Kiev e dell’Europa.
Ucraina, le richieste di Trump, gli aiuti veri e presunti
Come noto Trump ha chiesto all’Ucraina risarcimenti per 500 miliardi di dollari, spiegando che aveva in mente diritti di sfruttamento delle ricchezze minerarie di Kiev, dal litio al titanio per esempio, ma anche carbone, gas e uranio di cui l’Ucraina ha potenzialmente abbondanza.
Ieri la stessa Onu ha stimato in 524 miliardi di dollari il costo prevedibile per la ricostruzione dell’Ucraina dopo tre anni di una guerra che ancora continua. Cose come 176 miliardi di danni a infrastrutture, abitazioni e imprese con danni alle case di 2,5 milioni di famiglie ucraine.
Trump sostiene che a oggi gli Stati Uniti hanno speso 350 miliardi di dollari per il sostegno dell’Ucraina, ma questa cifra è stata smentita da diversi rapporti. Uno del Congressional Research Service calcola infatti una cifra di aiuti USA all’Ucraina nell’intorno dei 174,2 miliardi di dollari. Cifre sostanzialmente in linea con quelle del The Ukraine Status of Funding Dashboard che monitora la spesa Usa su questo fronte e calcola 182,8 miliardi di dollari di sostegno Usa all’Ucraina dall’inizio della guerra.
L’Unione Europa calcola di avere supportato l’Ucraina con quasi 135 miliardi di euro di aiuti. In particolare 67,7 miliardi sono giunti da aiuti economici, sociali e finanziari, 48,7 miliardi in assistenza militare, 17 miliardi in supporto alla popolazione in fuga e 1,5 miliardi di euro dai proventi dei beni russi congelati (circa 300 miliardi di dollari la cui appropriazione sarebbe illegale e quindi sono congelati e se traggono solo gli interessi, di recente la Russia ha aperto al loro eventuale impiego nella ricostruzione dell’Ucraina, una mossa insidiosa che potrebbe celare l’intenzione di vincolare con questi crediti il futuro di Kiev).
In tutto questo calcolo però non figura la spesa mostruosa che l’Europa ha dovuto sostenere per tagliare le forniture russe di gas e petrolio e rivolgersi agli Stati Uniti e ad altri partner per approvvigionamenti energetici chiave.
Ucraina e terre rare, la disponibilità e i limiti di Zelensky
Di recente il presidente ucraino Volodimir Zelensky ha dichiarato che nei territori ucraini occupati dai russi si trova “solo” il 20% dei giacimenti minerari del Paese.
Quel che rimane è una ricchezza che alletta tanto Usa ed Europa che anche la Russia nei giorni scorsi ha proposto a Washington una collaborazione sulle forniture di terre rare di cui è dotata “a sufficienza”.
Ma la posizione più scomoda è quella di Zelensky, il premier deve tenersi vicini gli Stati Uniti senza il cui appoggio militare l’Ucraina perderebbe rapidamente la guerra e ogni posizione negoziale, difendere la propria posizione politica (Trump lo ha definito nei giorni scorsi un “dittatore non eletto” e un “comico di modesto successo” avviando a Riad dei negoziati diretti con la Russia, quasi che Kiev fosse una pedina priva di autonomia di una guerra fredda trasformata in un mercanteggiamento da suq) e deve difendere le basi per una ricostruzione sostenibile di un Paese profondamente provato.
Così sono giunte dal premier ucraino posizioni contradditorie, caute: “Gli Stati Uniti sono quelli che ci hanno aiutato di più e quindi quelli che devono avere di più”, ma anche “Non prenderò un impegno che avrà bisogno di dieci generazioni di ucraini per essere ripagato”.
La prima proposta statunitense, che avrebbe dato a Washington il 50% dei proventi minerari del Paese, è stata rigettata.
La seconda bozza, ottenuta dal New York Times, paradossalmente si è indurita ulteriormente, prevederebbe non soltanto i proventi da minerali, petrolio e gas, ma anche da porti e altre infrastrutture da attribuire a un fondo speciale da sciogliere solo al ripagamento dei 500 miliardi voluti da Trump.
Zelensky lo ha definito “un credito con il 100% di interessi in base al quale bisognerebbe ripagare due dollari per ogni dollaro speso dagli Stati Uniti in aiuti all’Ucraina”.
Secondo le ultime indiscrezioni del New York Times, adesso un primo accordo sulle risorse minerarie tra Washington e Kiev sarebbe stato raggiunto, ma non sono ancora chiari i termini condivisi. Lo stesso Zelensky ha detto di essere stato invitato alla Casa Bianca per la sigla di un accordo, ma di non avere ancora deciso se andare...
Nella proposta ci sarebbe il 50% dei proventi minerari di Kiev, mano non l’obiettivo dei 500 miliardi di risarcimenti e intanto non è ancora chiaro quali misure di sicurezza saranno prese, mentre l’Europa propone milizie proprie di garanzia sul campo (forse 30 o 40 mila peacekeeper, anche se Zelensky ne chiederebbe cinque volte tanto) da approntare con il Regno Unito e Macron e Starmer si alternano nei viaggi a Washington, mentre l’UE si organizza per un meeting chiave il prossimo 6 marzo. Senza misure di sicurezza per il futuro dell'Ucraina Zelensky ha dichiarato che non c'è accordo possibile.
La partita insomma rimane aperta, ma le trattative sembrano procedere.