Petrolio, i prezzi crescono con l'escalation in Medioriente
pubblicato:L'ultimo attacco in Yemen aumenta le tensioni nella regione. Il greggio reagisce con forti rialzi, i mercati alzano l'asticella del rischio. Potrebbero esserci effetti anche sull'inflazione
Il Medioriente infiamma di nuovo i prezzi del petrolio. Gli ultimi attacchi condotti da forze degli Stati Uniti e del Regno Unito contro gli Huthi yemeniti spingono infatti in queste ore le quotazioni dell’oro nero.
Il future sul Brent scavalca la soglia psicologica degli 80 dollari e si porta a 80,47 dollari al barile con un rialzo del 3,95% Forte anche il derivato sul WTI, che passa di mano a 74,97 dollari con un salto del 4,1%
L’ultimo attacco è stato un forte segnale dell’allargamento del conflitto in Medioriente e preoccupa gli osservatori internazionali alimentando il carburante della crisi.
Petrolio, l’attacco in Yemen
Le forze aree statunitensi hanno confermato una serie di attacchi mirati contro obiettivi Huthi in Yemen. Oltre 60 i target colpiti in 16 località diverse.
I bersagli sono stati centri di controllo militare, depositi di munizioni, sistemi di lancio, impianti di produzione e sistemi radar.
Si è trattato di una reazione agli attacchi condotti da novembre contro le navi commerciali in transito dal Mar Rosso.
È stata anche la risposta alla cattura da parte dell’Iran, sempre ieri, ma nel Golfo dell’Oman, di un tanker carico di petrolio iracheno destinato alla Turchia e oggetto di una controversia internazionale (sotto altro nome lo avevano già sequestrato gli Stati Uniti l’anno scorso).
Di fatto le pressioni ufficiali degli Stati Uniti per un contenimento del conflitto scoppiato dal 7 ottobre scorso subiscono un duro colpo.
Gli Stati Uniti hanno già condotto nelle scorse settimane degli attacchi (per questioni molto specifiche) a postazioni iraniane in Iraq e in Siria, ma questo è il primo condotto in territorio yemenita.
Gli Huthi, un gruppo sciita yemenita fortemente appoggiato militarmente dall’Iran, controllano ormai da tempo la maggior parte del territorio del Paese e dopo il 7 ottobre hanno sposato le posizioni di Hamas ed Hezbollah avviando anche da novembre una serie di nuovi attacchi alle navi in transito per lo stretto di Bab el-Mandeb.
Questo ha fatto scoppiare la crisi del Mar Rosso, rendendo sempre più insicura la rotta verso lo stretto di Suez più a nord e costringendo molte delle maggiori compagnie di navigazione a deviare il percorso facendo la circumnavigazione dell’Africa.
Lo hanno fatto Maersk ed MSC, lo hanno fatto in tanti altri, così sono lievitati anche i costi delle assicurazioni, oltre a quelli del trasporto su una rotta assai più lunga.
Nelle scorse settimane sono stati intercettati dalle forze navali internazionali in loco molti dei missili e dei droni lanciati dagli Huthi sulle navi accusate di essere dirette verso Israele o verso altri stati accusati di fiancheggiare Tel Aviv, ma gli ultimi attacchi USA-UK in territorio yemenita rappresentano senza dubbio una escalation.
Petrolio, rischi in crescita anche per i mercati finanziari
I prezzi del petrolio hanno reagito con forza. Il ritorno del Brent sopra gli 80 dollari rappresenta infatti un’allerta per tutti i mercati sulla crescente instabilità dell’attuale situazione geopolitica. Dal Mar Rosso transita il 12% del commercio globale e importantissime forniture di container, petrolio e gas per l’Europa.
La crescita dei costi di trasporto e assicurazione, l’allungamento dei tempi, l’instabilità di una delle rotte principali del commercio mondiale minacciano il percorso di rientro dell’inflazione nella sua seconda fase, la più difficile.
La compressione dei prezzi dal 3-4% all’obiettivo del 2%, quando il caro-vita si è già esteso ai servizi e all’economia in generale, è infatti assai più difficile del taglio radicale dell’anno scorso.
Un nuovo rialzo dei prezzi energetici rischia di manomettere tutto il quadro e di allungare i tempi con effetti sui mercati finanziari e sull’economia reale. Più in generale è inevitabile leggere quest’ultima azione come un altro segnale della lievitazione del rischio a inizio 2024.
Petrolio WTI: il quadro grafico
Il grafico del Petrolio WTI mostra il tentativo di reazione dei prezzi dopo l'affondo che a metà dicembre li aveva condotti fino a 67,7 circa, reazione che per il momento non è però stata particolarmente incisiva. Area 65/67 dollari si presenta come solido supporto per il greggio, tanto da non essere violata dall'estate 2021.
Le quotazioni si trovano dunque ad un bivio: sotto 70 dollari si farebbe strada l'ipotesi di un nuovo test a 65, preludio al probabile affondo verso 62. Se anche quest'ultimo livello dovesse cedere si aprirebbe probabilmente una nuova fase per il petrolio, che sposterebbe gli obiettivi di un 20% circa più in basso, ovvero nei dintorni dei 50,00 dollari.
Diversamente invece si prospetterebbe una reazione più ampia dei corsi, come accaduto sia a marzo che a luglio 2023, con obiettivi ipotizzabili in tal caso a 83 e più in alto a 94 dollari circa.