Petrolio giù, l'Arabia Saudita getta la spugna

di Simone Ferradini pubblicato:
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Secondo il Financial Times, Riad abbandona l'obiettivo dei 100 $/barile e si prepara ad aumentare la produzione

Petrolio giù, l'Arabia Saudita getta la spugna

Greggio in forte calo dopo l'indiscrezione del FT

Rapida accelerazione ribassista stamattina per il petrolio. Intorno alle 6 di oggi sul sito del Financial Times è stato pubblicato un articolo di Tom Wilson, giornalista specializzato nel settore energia, in cui si paventa l'ipotesi dell'abbandono dell'obiettivo dei 100 dollari al barile (non dichiarato ufficialmente e altrettanto non ufficialmente fallito dato che da inizio anno la media fa 73) da parte dell'Arabia Saudita, secondo produttore di greggio al mondo (dietro agli USA) e primo esportatore (davanti alla Russia). Il future sul Brent per consegna dicembre in meno di tre ore ha ceduto quasi il 4% passando da 73 a 70,30 (minimo dal 12 settembre), per poi rimbalzare e assestarsi in area 71,00-71,50.

Verso l'abbandono dei tagli

L'indiscrezione proviene da fonti vicine al regno saudita e potrebbe costituire un segno di resa: Riad potrebbe essersi alla fine arresa alla prospettiva di un periodo di prezzi bassi per il greggio e quindi a recuperare ricavi aumentando la produzione. Pertanto il rinvio a dicembre della progressiva fase di eliminazione dei tagli sembra essere definitivo: a partire da fine anno l'Arabia Saudita aumenterà la produzione di 83 mila barili al giorno arrivando a fine 2025 a una produzione giornaliera di quasi 10 milioni di barili dagli 8,9 attuali.

Persa la guerra del prezzo si punta ad aumentare la quota di mercato

L'affondo del petrolio segnala l'affievolirsi dei timori degli operatori dopo che l'avvio dei tagli era stato rimandato da ottobre a dicembre: si pensava che i sauditi potessero andare avanti con la linea dura della produzione ridotta. Ma a quanto pare hanno deciso di rivedere la strategia a causa di due elementi: il primo è rappresentato dalla debolezza dell'economa cinese e dall'ipotesi di rallentamento USA con conseguente riduzione della domanda che rende difficile l'opera di tenere alte le quotazioni. Il secondo sono le violazioni dei tagli di alcuni Paesi OPEC+ (segnatamente Iraq e Kazakistan): persa la battaglia per i prezzi è inutile tenere il punto e perdere quote di mercato.