OpenAI raccoglie altri 6,6 miliardi di dollari

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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La valutazione della casa di ChatGPT vale ormai 157 miliardi di dollari. Fra i finanziatori Microsoft e Nvidia, ma la società rischia di perdere 5 miliardi quest'anno. Sam Altman sembra ormai diretto verso il modello profit, ma l'importante fuga di cervelli dal gruppo potrebbe essere un problema e Wall Street vorrà le sue garanzie

OpenAI raccoglie altri 6,6 miliardi di dollari

OpenAI, la casa di Chat GPT guidata da Sam Altman, ha raccolto risorse per altri 6,6 miliardi di dollari raggiungendo una valutazione di 157 miliardi di dollari.

In una nota il gruppo che rivendica l’impiego di ChatGPT da parte di 250 milioni di persone nel mondo ogni settimana afferma che le nuove risorse permetteranno al gruppo di rafforzare la ricerca di frontiera sull’AI, la capacità di calcolo, la realizzazione di nuovi strumenti “che aiutino le persone a risolvere problemi”.

OpenAI, fra i supporter di questo giro Microsoft, Nvidia e Softbank, ma non Apple

Nei giorni scorsi il sito The Informatrion aveva riportato che l’investitore tecnologico Vision Fund di Softbank aveva approvato un investimento da 500 milioni di dollari in OpenAI nel corso di un round di investimento programmato nell’ordine dei 6,5 miliardi di dollari (ora concretizzatosi). La notizia era emersa dopo le indiscrezioni secondo le quali Apple si era ritirata da questa tornata di finanziamenti.

Secondo il Wall Street Journal, tra i finanziatori di OpenAI in questa fase si sarebbero riconfermati Microsoft e Nvidia.
Microsoft è da sempre il grande sponsor di OpenAI e già nel gennaio del 2023 gli aveva garantito investimenti per 10 miliardi di dollari dopo avere investito nel gruppo già nel 2019 e nel 2021.

Nvidia colosso dei chip che ha scalato le vette di Wall Street deve il suo recente successo alle vendite di microprocessori applicati nei server che devono elaborare concretamente l’intelligenza artificiale e ha quindi un interesse strategico nello sviluppo dell’intelligenza artificiale.

Ai due big si sarebbero affiancati investitori importanti come Thrive Capital che avrebbe programmato di investire un miliardo di dollari e Tiger Global.

OpenAI, crescono i ricavi, ma quest'anno rischia una perdita da 5 miliardi

La società dell’intelligenza artificiale è alle prese con una fase di profonda trasformazione e, anche se quest’ultimo round di porta a 157 miliardi di dollari la sua valutazione, quasi il doppio degli 86 miliardi dell’inizio di quest’anno, è ancora ben lontana dalla redditività.

Secondo il New York Times rischia infatti di perdere 5 miliardi di dollari quest’anno a fronte di ricavi di 3,7 miliardi di dollari quest’anno. Il giro d’affari del gruppo cresce rapidamente e lo scorso mese avrebbe raggiunto i 300 milioni di dollari con un balzo del 1.700%, l’anno prossimo potrebbe raggiungere ricavi da 11,6 miliardi di dollari, ma la sfida della redditività rimane attualissima a fronte dell’ingente massa di investimenti, nonostante il numero di sottoscrittori paganti i servizi della società abbia già raggiunto gli 11 milioni.

OpenAI verso il modello profit, cosa sta succedendo

Cofondata dall’attuale amministratore delegato Sam Altman nel 2015 come fondazione benefica, OpenAI dal 2019 almeno ha spinto sempre di più l’acceleratore sulla trasformazione in una società profit a tutti gli effetti, cambiando il proprio DNA iniziale e registrando anche l’abbandono da parte di manager molto importanti.

Il passaggio formale al modello profit sarebbe ormai nei piani del consiglio di amministrazione, secondo le indiscrezioni, ma la trasformazione della mission della società in un settore tanto critico come quello dell'intelligenza artificiale non appare indolore.

Il 25 settembre (mercoledì scorso) Mira Murati, il chief technology officer, ossia la responsabile tecnologica del gruppo, aveva dichiarato di volere lasciare la società dopo sei anni e mezzo e nello stesso giorno Sam Altman aveva annunciato che anche il ricercatore capo Bob McGrew e il vicepresidente alla ricerca Barret Zoph stavano lasciando la società: un’emorragia di talenti che non ha mancato di impensierire il mercato.

Murati, la figura più delicata da sostituire, ha assicurato che avrebbe supportato una transizione morbida, ma l’impressione di una fuga di cervelli da OpenAI era rimasta e l’importanza di Murati del gruppo era stata di recente testimoniata dal suo incarico di CEO ad interim della società a novembre, quando si era registrata la temporanea uscita di Altman dalla società. Se Altman è stato denominato il “papà di ChatGPT”, Murati ne è stata soprannominata la “mamma”.

Né si tratta delle uniche uscite, appena lo scorso maggio il cofondatore di OpenAI (e chief scientist) Ilya Sutskever aveva annunciato l'uscita dal gruppo in vista di un nuovo progetto. Un altro cofondatore, John Schulman, poche settimane fa ha annunciato che sarebbe passato alla rivale Anthropic.

Secondo alcuni osservatori alcune di queste figure avrebbero frenato la strategia di Altman improntata al risultato sostenendo la necessità di "difendere gli umani" dalle conseguenze negative possibili di uno sviluppo indiscriminato dell'intelligenza artificiale. Ma l'acceleratore premuto da Altman sullo sviluppo di prodotti e la consegna di risultati al profitto, avrebbe posto in secondo piano queste istanze di monitoraggio, causando dei dissensi culminati nel distacco.

Quest’ultimo round di investimenti da parte di grandi fondi e industrie in OpenAI porta comunque ormai a 157 miliardi di dollari la sua valutazione e inserisce un altro gradino nella scala che potrebbe portare alla quotazione del gruppo a Wall Street. Per arrivare a questo approdo, che in molti leggono chiaramente nel percorso gestionale di Altman, bisognerà chiarire il modello di business e orientare il sistema della ricerca e dei prodotti alla redditività che per ora è ancora lontana. I pericoli di queste nuove tecnologie restano indeterminati e anche nello strano allontanamento e riavvicinamento di Altman ad OpenAI un anno fa ebbero un ruolo, ma per Wall Street una prospettiva di profitto è invece una regola chiara e consolidata. Neanche OpenAI potrà sottrarsi se vorrà suonare la campanella di New York.