I MiniBond: cosa sono, caratteristiche e vantaggi fiscali
pubblicato:Cosa sono i Minibond? Scopriamo insieme le caratteristiche, le norme di riferimento, i vantaggi fiscali ed il mercato di questi strumenti finanziari.

Dalla nascita del mercato di riferimento in Italia a oggi sono stati emessi 1.509 minibond per un controvalore di circa 9,7 miliardi euro (dati ad aprile 2023 del Barometro Minibond di Azimut Direct). Gli emittenti unici di questi titoli di debito sono stati 1.041. La storia dei minibond è quindi una storia recente ed è anche una storia di successo, perché il numero delle emissioni e le strutture normative e di mercato dedicate si sono ampliate nel tempo.
Ma cosa è un minibond?
I minibond sono titoli di debito emessi da piccole e medie imprese e sottoscritti da investitori professionali e qualificati. Si tratta di quindi in generale di obbligazioni, anche se sono formalmente titoli di debito nel caso delle emissioni delle SRL.
La normativa in materia non fa riferimento specifico al termine minibond, ma questa è l’espressione ormai ampiamente più utilizzata da giornalisti, esperti, osservatori e giuristi per indicare questi strumenti.
L’emissione di obbligazioni è storicamente nota alle imprese quotate a Piazza Affari, ma la crisi del 2008, la restrizione del credito bancario e l’opportunità di fornire alle PMI italiane canali alternativi di finanziamento hanno spinto il legislatore italiano ad allargare la platea dei possibili emittenti di titoli di debito alle società minori.
L’anno di svolta è stato il 2012 e il Decreto Sviluppo che ha tolto alle società non quotate il vincolo di emissioni obbligazionarie non eccedenti il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Tale vincolo, che già non esisteva per le società quotate, in pratica bloccava la possibilità per le PMI di impiegare il collocamento di obbligazioni come leva per i piani di sviluppo e di investimento. Successivamente il legislatore a più riprese è tornato sull’argomento, incentivando ulteriormente l’utilizzo di questo strumento di accesso al credito.
Norme di Riferimento
Essenziale ai fini della comprensione delle norme in materia di minibond innanzitutto l'art. 2412 del Codice Civile che disciplina i limiti all’emissione di obbligazioni. Il Codice Civile tratta l’emissione dei bond negli articoli 2410-2420 per le SpA, e nell’articolo 2483 per le Srl. Le normative di riferimento specifiche per i minibond sono contenute nel citato Decreto Legge 22 giugno 2012 n. 83 (“Decreto Sviluppo”) e nelle successive integrazioni e modifiche apportate dal D.L. 18 ottobre 2012 n. 179 (“Decreto Sviluppo Bis”), dal D.L. 23 dicembre 2013 n. 145 (piano “Destinazione Italia”) e nel D.L. 24 giugno 2014 n. 91 (“Decreto Competitività”). A queste potrebbero essere aggiunte le modifiche della Legge di Bilancio 2019 (Legge 145/2018) che sono intervenute sui PIR e sulle cartolarizzazioni e hanno dato la possibilità alle piattaforme di equity crowfunding autorizzate dalla Consob di collocare minibond a investitori professionali (in una sezione dedicata).
Quali società possono emettere MiniBond e cosa devono fare
I minibond posso essere emessi da Società per azioni (S.p.A.), Società a responsabilità limitata (S.r.l.) e da Società Coperative e mutue assicuratrici. Le società emittenti minibond non devono essere quotate e non devono essere banche.
In termini dimensionali il Decreto sviluppo del 2012 escludeva dalla platea dei potenziali emittenti le microimprese, ma gli articoli 220 del Regolamento del mercato ExtraMOT (220.1, 220.2, 220.3, 220.4, 220.5), il mercato d’elezione tipico del minibond in Italia, specialmente nel segmento ExtraMOT PRO3), non esclude microimprese (fatturato superiore ai 2 milioni id euro e organico con almeno 10 dipendenti), banche e altri soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale.
La quotazione dei minibond è comunque un’opzione, non un obbligo. Anzi i dati statistici indicano una tendenza alla riduzione della scelta della quotazione, nonostante diversi vantaggi fiscali.
L’emissione di minibond deve essere in ogni caso deliberata dall’organo amministrativo, così come l’eventuale quotazione degli strumenti su Extra Mot PRO3. Per le Srl è necessaria una previsione specifica dello Statuto. Le società per azioni devono istituire il “Libro delle Obbligazioni”, le Srl il “Registro dell’Emittente” che deve comprendere:
- L’ammontare dei minibond emessi
- Il nominativo dei portatori dei minibond (per i titoli nominativi)
- Trasferimenti e vincoli
Va segnalato che nel caso delle S.r.l. è necessario che lo statuto preveda la possibilità di emissione di titoli di debito e quindi indichi l’organo deputato a deliberare in materia e le maggioranze necessarie. Anche senza previsioni specifiche statutarie le S.p.A. possono invece emettere minibond su decisione dell’organo amministrativo.
L’Emittente di minibond deve anche redigere il “Regolamento del Prestito”, che è anche esplicitamente richiesto dalle regole del mercato ExtraMOT, che include i termini e le condizioni dello stesso, quindi informazioni come la natura, la forma, l’importo, il valore nominale dei titoli di debito emesso e le modalità e caratteristiche del pagamento degli interessi e del rimborso del capitale, oltre ai diritti dei portatori associati ai doveri dell’emittente.
I Vantaggi Fiscali
I consistenti vantaggi fiscali collegati all’emissione di minibond sono tra i principali motivi per cui una PMI può decidere di ricorrere a questa forma di finanziamento (tenuto conto degli oneri anche regolamentari di cui sopra che comporta).
Per gli emittenti
In particolare gli emittenti possono dedurre gli interessi passivi collegati al finanziamento (ossia pagati ai sottoscrittori del minibond) nel limite del 30% del proprio risultato operativo lordo della gestione caratteristica (Art. 96 TUIR) nel caso in cui i minibond siano quotati in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione europei o in “white list” (che scambiano informazioni fiscali con l’Italia) oppure, se i titoli non sono quotati, nel caso in cui siano detenuti da investitori professionali che non controllino direttamente o indirettamente (escluse anche fiduciarie e interposta persona) più del 2% del capitale o del patrimonio dell’emittente.
Il Decreto Sviluppo ha inoltre previsto che tutte le spese di emissione (per esempio i compensi per consulenze, società di rating o arranger oltre alle listing fee) siano deducibili indipendentemente dal criterio di imputazione a bilancio.
Altra importante novità è giunta invece con il Decreto Destinazione Italia che ha previsto l’applicabilità anche a questi tipi di finanziamenti mediante emissione di bond dell’imposta sostitutiva dello 0,25%, prima riservata alle banche. In pratica si tratta di un’imposta che appunto sostituisce quelle di bollo, di registro, ipocatastali e la tassa sulle concessioni governative.
L’imposta è prevista per i finanziamenti garantiti da terzi o da ipoteche e nel caso dei bond può trovare applicazione quando sia presente una qualunque garanzia collegata all’emissione, una eventuale surroga, una cessione di credito, un trasferimento di garanzia in caso di vendita dell’obbligazione o atti che modifichino o estinguano operazioni di questo tipo.
Naturalmente questo deve essere previsto nella delibera di emissione del bond, l’imposta viene comunque applicata dalla banca incaricata del collocamento.
Si tratta di un incentivo che alleggerisce il costo di fornire una ulteriore garanzia a tutela dell’emissione di un minibond capace, ovviamente di renderlo più appetibile.
Per i sottoscrittori
Sempre nell’intento di un incentivo all’impiego di queste forme alternative di finanziamento delle imprese sono previsti vantaggi anche per i sottoscrittori degli stessi minibond.
In particolare con il Decreto Crescita e il Decreto Competitività per i minibond quotati in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione di Paesi UE o in “white list”e per quelli non quotati ma detenuti da investitori qualificati prevede l’esenzione del regime di ritenuta d’acconto ma applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% sugli interessi percepiti (in linea con la tassazione generale di dividendi, plusvalenze e operazioni su obbligazioni diverse da quelle pubbliche). Si tratta di un vantaggio non da poco per fondi pensione, banche e compagnia assicurative.
Queste ultime possono investire fino al 3% delle riserve tecniche in minibond o in quote di fondi specializzati. \
L’investimento in minibond è stato inoltre aperto nel tempo agli Special Purpose Vehicle (SPV), ossia le società veicolo specializzate nelle cartolarizzazioni che dunque possono coinvolgere anche questi titoli di debito.
Anche i covered bond bancari possono essere garantiti da minibond.
E’ stato infine previsto che banche, intermediari finanziari e gestori, a fronte di singole operazioni di sottoscrizioni di minibond o su portafogli di minibond, possano chiedere al Fondo Centrale di garanzia delle garanzie, appunto, fino al 50% del valore nominale del minibond sottoscritto (se sia prevista per le stesse un rimborso a rate basato su un piano di ammortamento) o fino al 30% nel caso di minibond bullet (ossia con rimborso unico a scadenza).
La Quotazione
Il citato art. 2412 del Codice civile, che stabilisce i limiti alle emissioni di obbligazioni da parte della società, mantiene invero il citato limite del doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato e per contrasto evidenzia i casi in cui questo limite può essere superato.
Il limite può essere superato in particolare dalle obbligazioni destinate alla sottoscrizione di investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali. Va notato che l’articolo specifica che “In caso di successiva circolazione delle obbligazioni, chi le trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali”.
Un’altra previsione fondamentale dello stesso articolo indica che i citati limiti (doppio del capitale sociale etc.) non si applicano all'emissione di obbligazioni destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione ovvero di obbligazioni che danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni (quindi bond convertibili e convertendi Ndr).
In pratica le due caratteristiche necessarie a rendere appetibili i minibond alle PMI sono tipiche del segmento ExtraMOT PRO di Borsa Italiana che è rivolto, appunto, agli istituzionali ed è definito come un sistema multilaterale di negoziazione.
Cosa richiede il Mercato
Chiaramente per attrarre gli investitori professionali e convincerli a investire nel debito di una PMI non quotata servono diversi requisiti non strettamente regolamentari.
In genere fra questi si annoverano un fatturato di almeno 5 milioni di euro in crescita negli ultimi 3 anni almeno, un management competente e affidabile, un ebitda che raggiunga almeno il 10% del fatturato, un rapporto PFN/Ebitda sotto 4x e possibilmente un rating pubblico (con merito di credito a investment grade) emesso da un’agenzia.
La nascita di ExtraMotPro e quindi ExtraMOT PRO3
La quotazione dei minibond non è strettamente obbligatoria, ma diversi fattori la rendono in molti casi consigliabile. Nel febbraio del 2013 è nato il mercato ExtraMOT PRO di Borsa Italiana finalizzato proprio a canali alternativi ai prestiti bancari come i project bond, le cambiali finanziarie, le ABS (asset backed), gli strumenti partecipativi e le obbligazioni: si tratta del listino al quale sono idealmente rivolti i minibond. ExtraMOT PRO non è a rigore un mercato regolamentato ma un sistema multilaterale di negoziazione dedicato agli investitori professionali, i soli che possono investire in minibond.
Successivamente, nel settembre del 2019, Borsa Italiana ha lanciato ExtraMOT PRO3, “un nuovo segmento obbligazionario di Borsa Italiana dedicato a società non quotate con ambiziosi piani di crescita”. In pratica un segmento di mercato dedicato specificatamente ai minibond emessi da società non quotate che ha lo scopo di avvicinare le piccole e medie imprese al mercato degli investitori professionali e ad operazioni più complesse come quelle con il private equity o la quotazione.
Il Mercato dei MiniBond
Una panoramica sicuramente affidabile, anche se necessariamente non pienamente esaustiva, è
dal Barometro Minibond di Azimut Direct. Altro report affidabile è quello del Report Italiano sui Minibond del Politecnico di Milano. Entrambe le pubblicazioni hanno cadenza periodica e costituiscono uno degli strumenti di analisi più efficaci del mercato italiano dei minibond.
Dalla nascita del mercato di riferimento in Italia a oggi sono stati emessi 1.509 minibond per un controvalore di circa 9,7 miliardi euro. Gli emittenti unici di questi titoli di debito sono stati 1.041.
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In media il taglio delle emissioni è pari a 6,1 milioni di euro.
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La cedola è del 4,43% medio.
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La durata media è di 5,6 anni.
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Fra i trend in atto si nota il calo del fatturato medio degli emittenti da 100,4 milioni nel 2018 a 38,1 milioni nel 2023 [i dati al netto delle aziende inferiori al 5° percentile o superiori al 95° indicano un calo da 65,1 a 29,5 milioni].
Il 75% delle emissioni si concentra in Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte e Campania. Ma La Lombardia copre il 28,2% del totale e il Veneto il 20%.
Secondo il report di Azimut il settore Industrials copre 214 emissioni per un totale che supera gli 1,2 miliardi.
Coerente il report del Politecnico di Milano che attribuisce al settore manifatturiero il 41% del campione totale delle emissioni, ma con una varietà in crescita nel tempo.
L’analisi del Politecnico evidenzia tra i motivi del collocamento di strumenti la volontà delle imprese di promuovere la crescita interna, seguita da quella di ristrutturare passività finanziarie, di crescere per linee esterne di alimentare il capitale circolante.
Le situazioni evidenziate dai bilanci appaiono comunque diversificate.
Secondo il Politecnico di Milano la percentuale di emissioni di minibond quotate su un mercato borsistico si è ridotta: “Una piccola parte dei titoli è stata quotata su un mercato borsistico; nel 2022 tale percentuale e scesa al minimo del 5% (il 4% su ExtraMOT PRO3 e l’1% su un listino estero)”.
Un trend che indica dei limiti per il percorso di quotazione ad hoc di questi strumenti.