Lunedì nero delle Borse: Piazza Affari torna ad agosto

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Mercoledì scatterà il grosso dei dazi Usa e l'Europa voterà sul primo pacchetto di contromisure. I mercati intanto sono di nuovo in pesante rosso

Lunedì nero delle Borse: Piazza Affari torna ad agosto

Dall’incertezza alla paura. I mercati crollano anche stamane dopo l’ultima terribile settimana. I dazi statunitensi sono ancora il carburante dei ribassi diffusi. In un modo o nell’altro il governo statunitense ha tenuto dritta la barra del timone nel week end, confermando sostanzialmente la linea dura sulla guerra commerciale. Sabato sono scattati i primi dazi generali al 10%, ma mercoledì 9 aprile 2025, dopodomani, scatteranno le tariffe maggiorate per tutti gli altri, compresa l’Europa.

Dazi Usa, anche oggi vendite violente sui mercati

Intanto il mercato va male. Stamane Shanghai ha perso il 7,34%, l’Hang Seng di Hong Kong ha segnato un terribile ribasso del 13,22%, il Nikkei giapponese ha ceduto il 7,68 per cento.

Ma la “cura necessaria” di Trump manda ko anche i listini europei oggi. In queste ore l’Euro Stoxx 50, il paniere dei primi 50 titoli azionari europei perde il 5,18%. Il Dax tedesco segna un calo del 5,17%, il Cac 40 francese perde il 5,17%, l’**Ibex 35 **cede il 5,15%

Anche a Milano le vendite dilagano: il Ftse MIB perde il 5,45%, il Ftse Italia All Share segna un -5,39% Stamane i titoli di Piazza Affari facevano persino fatica a contrattare, le piattaforme intasate dagli ordini in vendita hanno creato delle difficoltà e diversi operatori hanno segnalato dei malfunzionamenti sulle piattaforme di scambio.

Il Future sul Ftse MIB ha aperto con un gap down (uno strappo al ribasso dei prezzi) e ha rapidamente coperto il gap up che era rimasto sul grafico nell’agosto del 2024. Il derivato, in un clima di vendite violente e imponenti sui mercati, ha rapidamente rivisto i 30.687 punti, a un passo rapidamente dai minimi dello stesso agosto 2024 a 30.660 punti. Da lì una prima reazione sembra partita e le perdite, anche ancora sono molte forti, sembrano essersi in qualche maniera contenute. Ma non si possono escludere nel breve nuovi e ulteriori affondi.

Né il mercato di Wall Street promette bene. I future Usa in queste ore, in attesa dell’avvio di oggi, trattano in profondo rosso. Il derivato sull’S&P 500 cede il 2,63%, quello sul Nasdaq 100 perde il 2,84% e quello sul Dow Jones segna un -2,69%

Dazi Usa cosa è successo nel week end, cosa sta accadendo

Alcuni rumors ipotizzano una nuova pausa di Trump da 90 giorni, che darebbe tregua ai mercati e spazio a nuove trattative, ma sembra allo stato attuale più un auspicio, una speranza, che una probabilità concreta.

Howard Lutnick, il segretario al Tesoro (storico manager di Cantor Fitzgeral e fondatore del broker BGC Group) ha confermato che i dazi saranno confermati a meno di proposte molte concrete dalle giurisdizioni colpite. Va ricordato che mercoledì 9 aprile, cioè dopodomani, arriverà il grosso, perché dal 10% attuale di ‘dazio base’ si passerà al 20% per l’Europa e a tutte le aliquote superiori sui grandi player asiatici.

Anche Scott Bessent, l’attuale segretario al Tesoro, stimato fondatore di Key Square Group dopo una carriera nel Soros Fund Management (SFM), ha smentito le ipotesi di recessione statunitense e parlato di volatilità di breve sui mercati, che non influenza la vita quotidiana delle persone.  

Nel week end però Stephanie Ruhle, conduttrice di MSNBC, ha affermato che proprio in quanto uomo di mercato Bessent sarebbe sempre di più in una posizione difficile e starebbe valutando un’uscita dal governo con delle dimissioni che potrebbero anche portarlo a una candidatura per la presidenza della Federal Reserve.

Dazi Usa, occhi puntanti anche sulla Fed

E sulla Fed sono puntati gli occhi del mercato, perché con l’aumentare dei timori e delle probabilità di una recessione statunitense gli operatori di mercato si appellano soprattutto alla banca centrale per una serie di tagli espansivi del costo del denaro che possano in qualche maniera ridurre l’impatto recessivo della guerra commerciale globale di Washington.

Attualmente i tassi d’interesse Usa sono al 4,5%, il Fed Watch Tool lo strumento del CME (Chicago Mercantile Exchange) che sulla base dei future sui Fed Fund a 30 giorno incorpora le attese del mercato sui tassi futuri prevede all’ultimo meeting di quest’anno la probabilità più alta (il 35,6%) di un livello dei tassi al 3,25%, ossia ben 5 tagli dei tassi d’interesse contro i due scarsi da tutti immaginati fino a qualche settimana fa.

È una chiara call dei mercati a Jerome Powell, numero uno della Fed, ma non è detto che ci sia la risposta attesa: tutti questi dazi sono potenzialmente molto inflazionistici e un taglio del costo del denaro potrebbe far esplodere i prezzi ancora di più.

Proprio venerdì lo stesso Jerome Powell lo ha confermato: “Affrontiamo un outlook altamente incerto con elevati rischi sia di maggiore disoccupazione, che di maggiore inflazione”. Powell ha ribadito che l’effetto inflattivo dei dazi dovrebbe essere temporaneo (anche se ha ammesso che ci potrebbero essere alcuni effetti più duraturi).

Sempre di più però i mercati leggono la storia in questa tornata di dazi Usa. L’ultima volta in cui l’America ha messo dazi di questo livello è stata con lo Smoot-Hawley Act del 1930. Grande Depressione del 1929, anche l’Europa finisce in una crisi economica globale che aprirà le porte ai totalitarismi.

Anche allora i dazi Usa salirono rapidamente al 22% in media e ora la media di Trump è del 25% Ma né negli Anni Trenta furono solo i dazi a causare la Grande Depressione, né oggi nessuno immagina un disastro paragonabile a quella terribile fase dell’economia globale. Ciononostante l’impatto potrebbe essere importante e i mercati stanno rapidamente scontando questo scenario.

Tutte le maggiori banche d’affari americane hanno alzato le probabilità di recessione negli Stati Uniti, ma nella maggior parte degli scenari si attende ancora una crescita ancora positiva per gli Stati Uniti.

Intanto il Vietnam si avvia al negoziato e l’Europa valuta il da farsi. Anche nel 1930 poi ci furono una serie di contromisure tariffarie che paralizzarono il commercio globale (aggravando la crisi) e oggi i policy maker lo sanno.

Inoltre gli Stati Uniti non erano la potenza economica e sana di oggi e le catene di approvvigionamento globali non erano così articolate, consistenti e ricche. Allo stesso tempo però diversi osservatori sottolineano da tempo il fenomeno della de-dollarizzazione e vedono nello storico perno sul dollaro dell'economia globale lo scotto vero della partita odierna dei mercati.

L’Europa intanto cerca di organizzarsi, ma anche di trovare la coordinazione e la lucidità necessarie a una risposta coerente ed efficace a Washington.

Il primo passo potrebbe essere l’approvazione di un pacchetto di dazi unitari su merci importate dagli Stati Uniti per circa 28 miliardi di dollari.
Ursula von der Leyen ha ribadito che l’UE è pronta a difendere i propri interessi con contromisure proporzionate e ha parlato di un “major turning point” con gli Stati Uniti.

L’intenzione generale è non aggiungere danni ai danni, ma è anche necessario dimostrare a Washington la capacità di rispondere. Le cancellerie europee sono divise, anche se si stanno concretizzando anche misure importanti per facilitare gli scambi dentro l’Unione Europea e per semplificare il business nel Vecchio Continente.

Proprio mercoledì 9 aprile è previsto un voto europeo sulle prime contromisure UE. Dovrebbe votarsi a maggioranza qualificata (quindi 15 membri e 65% della popolazione UE) sulla risposta da dare ai dazi Usa già in essere su alluminio e acciaio.

Lo scenario è insomma ancora decisamente carico di incertezze.