Italia, quel che resta della manovra, ora interventi anche sul catasto

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Spunta anche il mattone nel pacchetto della manovra, dopo il gasolio, gli extraprofitti, le privatizzazioni. Fra mille distinguo i lavori alla manovra di Giorgetti proseguono senza tabù. Il bilancio reggerà? Breve riassunto di una manovra sotto pressione

Italia, quel che resta della manovra, ora interventi anche sul catasto

Pragmatismo e spregiudicatezza, tenacia e incoerenza. Vizi e virtù molto italiche si mescolano in modo originale nel puzzle sempre più difficile della nuova manovra.

Già il punto di partenza era molto difficile, ma si sperava ancora nella revisione dei conti dell’Istat che avrebbe dovuto portare un tesoretto fondamentale per far quadrare i conti. Il miraggio però è evaporato rapidamente e la promessa di mantenere almeno taglio del cuneo fiscale e accorpamento delle aliquote Irpef si è fatta rapidamente più costosa e ha iniziato a erodere alcuni dei capisaldi politici della maggioranza.

D’altronde l’eredità terribile del superbonus, passata in parte anche sotto il governo Draghi e il nuovo governo Meloni, ha raggiunto i 160,5 miliardi di crediti collegati a bonus edilizi (non solo ecobonus, ma anche sisma-bonus e altro) e  ha quindi continuato a gelare nel tempo i contabili dell’erario. Solo ora si a intravede la luce, a fatica. Tra mille sacrifici, anche su temi caldissimi per la maggioranza (per qualunque maggioranza) come le pensioni e la casa.

Manovra, il costo del taglio del cuneo

Da un anno le parole d’ordine sulla previdenza sono cambiate, il governo ha cominciato a chiedere ai lavoratori di restare sul posto di più. Rigori da malcelata austerity che l’inverno demografico impone, troppe uscite anticipate (la media è 64,2 anni) quindi possibilità per gli statali di restare al lavoro fino a 70 anni e conferma di Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale.

Come si diceva il ricalco dell’Istat del 25 settembre aveva suscitato malcelate speranze, l’audizione della Banca d’Italia dell’altro ieri sul nuovo Piano Strutturale di Bilancio ci mette una pietra sopra:

“Nel quadro previsivo a legislazione vigente del PSBMT il PIL cresce dell’1,0 per cento quest’anno, dello 0,9 per cento nel prossimo e dell’1,1 per cento nel 2026.
La revisione dei conti economici trimestrali pubblicata venerdì scorso dall’Istat, non inclusa nel quadro, comporterebbe una correzione meccanica al ribasso di due decimi di punto percentuale della stima per l’anno in corso”.

In parole povere per quest’anno 2024 che ormai volge al termine il governo si aspetta una crescita del Pil dell’1% già da prima dei conti dell’Istat, ma la Banca d’Italia, dopo aver letto la revisione dei conti dell’Istituto statistico, abbassa l’asticella della crescita allo 0,8%
Intendiamoci sono stime complesse. L’Ufficio Parlamentare di Bilancio condivide con il governo la stima di una crescita dell’1% e ha validato i documenti del governo.

Il quadro macroeconomico italiano, anche se in rallentamento, rimane in crescita superiore alle attese di molti osservatori internazionali. La dinamica del lavoro è forte e crescono i contratti a tempo indeterminato che si traducono anche in tasse sul lavoro che alimentano la finanza pubblica, ma il punto di equilibrio nel bilancio pubblico rimane complesso.

Lo evidenzia anche la Banca d’Italia che però sottolinea che il piano del governo “non è esente da rischi”.

La nuova manovra, secondo via Nazionale, sfrutta il margine determinato dalle maggiori entrate ora attese per il 2024, con l’assunzione implicita che esse siano interamente permanenti e confida in questo scenario di conseguire l’obiettivo di riportare il deficit sotto il 3% del PIL nel 2026.

Ma su queste misure espansive delineate Banca d’Italia chiede maggiori dettagli anche perché se questo è il nuovo equilibrio della tassazione sul lavoro bisogna sapere quanto costerà rendere strutturali gli sgravi contributivi sul lavoro. Secondo Banca d’Italia, che già aveva espresso questi dubbi nell’audizione sul DEF, verrebbe meno a livello aggregato l’equilibrio tra entrate contributive e uscite per prestazioni che, nel medio periodo, caratterizza il nostro sistema previdenziale e ne rappresenta un punto di forza. Insomma proprio il sistema delle pensioni, che fino a pochi anni fa era uno dei pochi in equilibrio in Europa, potrebbe essere messo a repentaglio, con rischi evidenti per tutta la popolazione e l’economia. Sono dettagli pesanti quindi.

Manovra, caccia alle risorse, dalle privatizzazioni alla casa

D’altronde facendo un passo indietro sulle dichiarazioni del ministero dell’Economia si ha la sensazione che la caccia alle risorse per far quadrare i conti sia accesissima.

Sul fronte delle privatizzazioni il MEF ha annunciato che venderà nuove quote di MPS entro la fine dell’anno e corre sulla cessione di alcune quote di Poste. Il dossier del colosso bancario e logistico che solo in minima parte ormai si occupa di buste e francobolli è sensibile, il governo ha già dichiarato che vuole mantenere almeno la maggioranza (ossia il 50%) e questo significa che potrebbe mettere sul mercato il 14% circa del capitale che potrebbe valere circa 2,3 miliardi.

Il Tesoro ha tanta fretta che è già partita la campagna pubblicitaria alla nuova tranche di privatizzazione di quote delle Poste. Finora effettivamente è andata bene, ma negli anni a venire si dovrà calcolare il venir meno di certi cespiti provenienti dai dividendi delle azioni vendute.

Le due grandi novità degli ultimi due giorni sono le accise e la casa.

Anche sul fronte delle accise cade un altro tabù, in passato si era detto che erano ingiuste e pesanti, ora con l’alibi delle richieste dell’Unione Europea potrebbe essere varato un aumento delle accise sul gasolio, che sono rimaste indietro e una riduzione di quelle sulla benzina, con saldo in realtà che dovrebbe rivelarsi positivo per l’erario pubblico.

C’è del buon senso nel ridurre il costo della benzina che sull’ambiente impatta meno del diesel e c’è dell’interesse nel rivedere i balzelli, ma il ministro Giancarlo Giorgetti ha precisato che bisognerà riparare l’uso professionale del diesel, ossia difendere i camionisti che veicolano più dell’80% delle italiane su strada. Si dovrà insomma procedere con il bisturi e senza risultati eccelsi per non penalizzare un’economia già in rallentamento.

Anche sul contributo (o tassa sugli extraprofitti) il governo procede con estrema cautela, al limite dell’inconcludenza. Saranno chiamate a dare un contributo le banche, le assicurazioni, le società della difesa? L’anno scorso con le banche era andata malissimo, ma stavolta i negoziati sono decisamente più avviati e forse si recupererà qualcosa anche se ancora il quadro resta opaco.

L’ultimo intervento che però davvero scuote le certezze su ciò che è di destra e ciò che è di sinistra in Italia è sulla casa. Come noto il catasto italiano è carico di contraddizioni, immobili che valgono di più tassati meno e immobili che valgono meno tassati di più, inefficienze difese strenuamente dall’attaccamento italico al mattone, visto come la base del patrimonio della famiglia, diversamente da quanto avviene all’estero.

L’ombra della patrimoniale agitata in ogni stagione da destra però si trasforma nella terza manovra economica del governo Meloni in un'altra incursione prudente e sorprendente nel tema dell'immobile

Nel mirino le “case fantasma”, quelle che paradossalmente (e sono tante) non risultano neanche nelle carte del governo. E bisognerà fare pagare qualcosa anche a quelle che si sono efficientate (e apprezzate) con il terribile superbonus.

Giorgetti chiarisce subito che non si tratta dell’odiata riforma del catasto che l’Europa chiede da tempo, ma che mezza Italia da destra viene periodicamente vituperata.

Qualcosa in mezzo, un altro compromesso, forse un’altra concessione al principio di realtà.