Lusso, il rinvio dell’IPO di Golden Goose conferma i dubbi sul settore

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Le condizioni di mercato dopo le elezioni europee (e in attesa di quelle francesi) spaventano il gigante delle sneaker. Ma in realtà il ridimensionamento del lusso è in atto da qualche tempo

Lusso, il rinvio dell’IPO di Golden Goose conferma i dubbi sul settore

Il rinvio a sorpresa dell’IPO di Golden Goose a Piazza Affari arriva sui mercati come una doccia fredda stamane. Il debutto sui listini del colosso delle sneaker di lusso era previsto per venerdì, dopodomani, il book era stato già ampiamente coperto e il prezzo di collocamento era stato posto a 9,75 euro (nella parte bassa della forchetta tra 9,5 e 10,5 euro). Si prevedeva una capitalizzazione da quasi 1,8 miliardi di euro, 2,3 miliardi di enterprise value comprendendo il debito. In poche parole una delle operazioni finanziarie più importanti degli ultimi mesi a Milano. Ma poi è arrivato il rinvio.

Lusso, le condizioni dei mercati

In uno stringato comunicato di ieri sera il gruppo ha rinviato a data da destinarsi la quotazione. Facile intuire le titubanze a monte del socio di riferimento Permira e dell’amministratore delegato Silvio Campara.

Nella nota si afferma che il book era stato coperto e il cornerstone investor Invesco si era impegnato per ben 100 milioni di euro, ma a seguito delle elezioni per il Parlamento europeo le condizioni di mercato si sono deteriorate, specialmente per il settore del lusso. Management e azionisti di Golden Goose vogliono che il titolo faccia bene anche dopo la quotazione e quindi preferiscono rivalutare il listing in un secondo momento.

Condizioni avverse insomma. In queste ore l’indice Euro Stoxx Luxury 10 che comprende la top ten del lusso continentale, compresi gli italiani Ferrari, Moncler e Brunello Cucinelli, segna un calo limitato dello 0,3% a 3.567 punti. Venerdì 7 giugno, prima delle elezioni europee e dell’annuncio a sorpresa del prossimo nuovo ritorno alle urne in Francia, l’indice valeva 3718 punti, quindi la flessione è di “solo” il 4% circa, ma se si allarga lo sguardo si scopre che dai massimi di marzo l’indice ha perso l’11 per cento.

Lusso, negli ultimi tre mesi ribassi a doppia cifra per i big

Pesa anche l’epicentro francese della crisi, con il timore che dopo il ballottaggio del 7 luglio vengano pericolosamente allargati i cordoli della spesa pubblica a Parigi compromettendo ulteriormente un erario già messo a dura prova da politiche di spesa in deficit. Sono quotati sul Cac 40 alcuni dei protagonisti mondiali del settore.

LVMH per esempio, che negli ultimi tre mesi ha subito un calo di oltre il 17% in Borsa La sua controllante Christian Dior, che fa sempre riferimento alla famiglia Arnault, ha perso il 16,5% della capitalizzazione nello stesso periodo.
Kering in 3 mesi ha tagliato del 27% del proprio valore di mercato ed Hermes, che ha reagito meglio di altri, ha perduto nei tre mesi l’11,8%
EssilorLuxottica ha ceduto nello stesso periodo solo l’1,43%, ma è un settore parzialmente diverso.

Nel Regno Unito Burberry accumula un calo del 20% in tre mesi, CIE Financier Richemont invece racconta dalla Svizzera tutta un’altra storia con un +40,9%

Sono negative nello stesso periodo le performance dei big italiani del lusso: Brunello Cucinelli (-13,89%), Moncler (-15,9%), Ferragamo (-21,8%), Aeffe (-11,09%). Il posizionamento particolare di Ferrari le consente un danno limitato al 3,69%, nonostante un P/E oltre quota 55.

Lusso, l'industria in Italia fra rilancio e sfide

D’altronde il riposizionamento del settore è in atto da mesi. Il 2023 è stato trascinato al rialzo dall’inflazione dei prezzi (fatturato della moda italiana +4,7% oltre i 100 miliardi di euro), ma quest’anno si è subito dimostrato più difficile per gli operatori dopo il rallentamento già visto alla fine dello scorso esercizio.

Pesano diversi fattori, dalla crisi della manifattura e all’estrema incertezza dei mercati orientali, fino allo spostamento sempre più in alto dei prezzi del lusso che riduce i volumi e minaccia le maestranze. In diversi casi è spuntata la cassa integrazione e la pelle ha mostrato segnali di debolezza.

Già a fine febbraio Confartigianato Moda e CNA Federmoda chiedevano aiuta al governo, il settore produttivo della moda con circa 60 mila imprese e oltre 600 mila addetti aveva visto un calo del fatturato del 5,1% nei primi due mesi dell’anno.

Non mancano però anche i segnali positivi e di rilancio, a partire dalla ripresa dell’export nella prima parte dell’anno. Ieri Bain & Company e Altagamma hanno aggiornato il loro monitor globale sul settore moda e hanno confermato, dopo un primo trimestre in calo dell’1-3% l’attesa di una crescita quest’anno fino al 4%
Il personal luxury good globale vale 385 miliardi di euro e tre fattori ispirano fiducia: la ripresa del turismo, il miglioramento degli Stati Uniti e la normalizzazione di Cina e Giappone nel resto dell’anno.

Matteo Lunelli, presidente di Altagamma ha sottolineato la crescita del Sol Levante, ma ci sono fattori di incertezza come in Cina, dove la fiducia dei consumatori della classe media è in calo e potrebbe minare ulteriormente la domanda.

Lusso, sul mercato un generale riprezzamento

Sui grandi gruppi della moda quotati nei listini globali pesano anche altri fattori più finanziari, a partire proprio dai multipli elevati raggiunti lo scorso anno grazie alla volata dei fatturati spinti dai prezzi. A fine maggio l’MSCI Europe Textiles, Apparel and Luxury Goods Index trattava a 24,74 volte gli utili (P/€) e 23,59 volte gli utili attesi (P/E Forward), quasi il doppio dei consumi discrezionali dopo una performance nettamente superiore a quella del paniere generale europeo.

È in atto da tempo un riposizionamento del comparto su multipli più accettabili, Brunello Cucinelli nonostante i cali degli ultimi mesi tratta ancora a oltre 50 volte gli utili, Moncler si è ridimensionata a 25x circa, LVMH ha un P/E TTM di 23, Ferragamo è invece a 55, Hermes a 51.

Il riprezzamento del comparto è chiaramente in corso da mesi, ora però, come il rinvio dell’IPO di Golden Goose dimostra, si materializzano anche nuove incertezze tutte europee e questo incoraggia il trend di riposizionamento già in atto.