Germania, a che punto è la crisi tedesca

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Quest'anno stagnazione secondo l'IFO e oggi il dato della produzione industriale conferma la crisi strutturale del "malato d'Europa". Positivi spunti da ordini alla manifattura e bilancia commerciale, ma serviranno conferme

Germania, a che punto è la crisi tedesca

Uno stillicidio di cattive notizie conferma sempre più il quadro di una Germania di nuovo “malato d’Europa” e ormai non passa giorno senza che indicazioni sulla fragilità del quadro macroeconomico tedesco incupiscano il quadro.

Stamane si aggiunge il dato sulla produzione industriale di luglio in calo di un urticante 2,4% a fronte di attese per un -0,4%, ma di un dato precedente rivisto al rialzo da +1,4% a +1,7%. Parliamo della prima manifattura d’Europa e quindi un calo del 2,4% desta preoccupazioni continentali.

Germania, shock energetico e fine di un modello economico

Purtroppo conferma i timori, circolanti ormai da mesi, sulla fine di un modello economico, quello basato su prezzi dell’energia a basso costo grazie al gas importato dalla Russia e su un’industria automobilistica forte nutrita di vendite alla Repubblica Popolare cinese.

Sul fronte dell’energia la guerra in Ucraina ha colpito Berlino forse nel peggior momento possibile. L’economia tedesca aveva infatti appena intrapreso un lungo percorso di abbandono del carbone e del nucleare e si stava impegnando nella decarbonizzazione energetica con il supporto fondamentale del gas a basso costo importato dalla Russia.

Dopo la pandemia si erano già registrate diverse tensioni sui prezzi dell’energia, con prezzi dell’elettricità schizzati da una media storica di 50-60 euro/MWh a punte di 200-300 euro ma è stato dopo l’invasione russa dell’Ucraina orientale il 24 febbraio del 2022 che la Germania ha registrato gli shock maggiori sul fronte dei prezzi, disancorandosi dal legame energetico forte con Mosca che l’aveva caratterizzata per almeno mezzo secolo.

Si toccarono così costi dell’elettricità oltre i 650 euro per Megawattora nell’agosto del 2022 con effetti drammatici sui costi di produzione di un’economia votata alla manifattura. In media si è parlato di costi dell'energia in aumento del 35% sui livelli pre-conflitto, un salasso in pratica.

In seguito il costo dell’energia si è stabilizzato nuovamente sugli 80 euro per Megawattora grazie all’aiuto del gas norvegese, alle importazioni di GNL, al ricorso al carbone: ma la manifattura, complice una Cina dalla domanda sempre più incerta e dall’offerta sempre più concorrenziale, è rimasta in crisi con ordini in calo e produzione in affanno.

Germania, la crisi si fa strutturale

Quella dell’energia è quindi sicuramente una parte importante della storia che porta alla crisi strutturale in corso e al calo del Pil dello 0,3% nel 2023.
Le difficoltà tedesche sono conclamate da mesi, anche le previsioni di primavera della Commissione Europea proiettavano una stagnazione dell’economia tedesca quest’anno. I dati dei primi due trimestri confermano con un +0,1% nel primo quarto, che aveva lasciato sperare in un recupero, e un -0,2% nel secondo quarto del 2024 che ha spiazzato gli ottimismi.

Si arriva così alla revisione al ribasso di ieri delle previsioni dell’autorevole istituto IFO tedesco che ora si aspetta per quest’anno una crescita a zero e quindi una graduale ripresa dell’economia l’anno prossimo (+0,9%) e nel 2026 (+1,5%).

La crisi in corso è sempre più strutturale e ha a che fare con le debolezze della domanda cinese, con la trasformazione strutturale della manifattura tedesca e con la transizione energetica.

Ancora nel luglio 2024, riportava stamane Destatis, si segnalava un calo della produzione in quasi tutti i settori manifatturieri con un impatto particolarmente negativo dalla performance dell’industria chiave dell’automobile che nel mese ha segnato un calo dell’8,1% mese su mese, dopo un effimero balzo del 7,9% nel mese precedente.

Proprio ieri una rilevazione allarmante confermava un calo delle vendite di auto in Germania del 27,8% ad agosto, dopo contrazioni del mercato delle due ruote a doppia cifra in Italia e Francia, altri due mercati chiave dell’auto tedesca.

Preoccupante anche il calo della produzione di attrezzature elettriche e di prodotti metallici. Il calo della produzione tedesca di luglio del 2,4% sul mese giugno e del 5,3% sul luglio 2023 è quindi una composizione di diversi fattori e criticità, compresa una flessione meno accentuata dell’1,8% m/m dell’industria più energivora.

Germania, piccoli segnali positivi in cerca di conferma

Alcuni segnali più incoraggianti sono pur giunti negli ultimi giorni. Sono da ponderare con attenzione dopo qualche spunto ingannevole di inizio anno, ma vanno comunque conteggiati. Ieri, per esempio, la variazione dei nuovi ordini alle fabbriche tedesche di luglio sul mese precedente ha sorpreso al rialzo con un +2,9% m/m contro le attese di una contrazione dell’1,6% e a fronte di un dato di giugno di rivisto in forte rialzo da +3,9% a +4,6 per cento.

La cresciuta dei nuovi ordini è dovuta soprattutto a ordini su larga scala, a un balzo della voce “manifatture di altro materiale da trasporto” che è balzata dell’86,5% sul mese precedente. Si tratta di materiale per aerei, navi, treni o veicoli militari e anche le attrezzature elettriche hanno fatto un balzo del 18,6% sul mese precedente.

I beni strumentali e intermedi sono cresciuti del 3,5% e del 4,4% a luglio sul  mese di giugno e i nuovi ordini stranieri sono aumentati del 5,1% (+5,9% ordini UE e +4,6% ordini dal resto del Mondo).

Purtroppo il saldo della bilancia commerciale di luglio per la Germania si comprime da 20,4 miliardi di euro a un avanzo di 16,8 miliardi (21 miliardi il consensus), più delle attese.

L’export di luglio cresce comunque dell’1,7% sul mese precedente (€ 130 mld), anche se le importazioni crescono del 5,4% (113,2 mld). Il saldo su un anno fa rimane in calo dell’1,2% per l’export e dello 0,1% per l’import. Si tratta di numeri fondamentali per capire anche l’impatto della crisi tedesca sul resto d’Europa. Basti pensare che a luglio la Germania in Europa ha esportato beni per 72,1 miliardi e ha importato beni per 59,3 miliardi.

E’ però la tavola dell’interscambio extra UE a destare maggiore interesse. Le dinamiche internazionali aggiungono infatti molti altri fattori di riflessione. Nel luglio del 2024 le esportazioni tedesche verso la Cina sono calate dell’8% a 7,3 miliardi a fronte di un import da 13,6 miliardi (+6,6% m/m). C’è stato quindi un deficit commerciale con la Cina di 6,3 miliardi nel mese.

Sono scese dell’1,7% sul mese precedente anche le esportazioni verso gli Stati Uniti (€ 12,7 mld), a fronte di importazioni dagli States in crescita del 5,3% a 7,8 mld (avanzo commerciale di 5 mld).