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Acquisti su Fineco: il risparmio italiano è nel mirino del private equity?

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
6 min

Fineco a ridosso di resistenze critiche dopo i rumors, ma sono tante le storie interessanti tra i big del risparmio italiano, da Azimut a Banca Mediolanum, da Banca Generali ad Anima. Ecco una fotografia

Acquisti su Fineco: il risparmio italiano è nel mirino del private equity?

Tre protagonisti del private equity come Bain, CVC e Advent sarebbero a caccia in Italia di opportunità nell’asset management. Reti di rango nel mercato ancora solido del risparmio italico per aggregare possibilmente una massa critica su cui fare leva per la crescita del wealth management. Così il Sole 24 Ore riporta di due dossier almeno all’attenzione dei fondi, Fineco e Banca Generali.

La notizia scalda subito i corsi di Fineco, che balza del 3,31% in un contesto di mercato in ripiegamento e segna posizioni tecniche importanti sul grafico. I rumors incoraggiano anche Banca Generali che guadagna l’1,77% e si riporta a 39,2 euro.

Gli effetti sul mondo del risparmio gestito si allargano anche ad altri attori di questo mercato come Anima Holding (+0,69%), Azimut (+0,43%) e Banca Mediolanum (+0,46%).

Dopo anni difficili in un contesto di incertezza globale e rialzo rapido dei tassi d’interesse che rimettevano in gioco un concorrente temibile come titoli di Stato dal rendimento storicamente elevato, il clima volge al meglio anche per il risparmio italiano.

A giugno Fineco ha sfiorato una raccolta da un miliardo di euro e anche Azimut ha registrato un miliardo di euro di raccolta netta, di cui l’83% diretta verso soluzioni gestite.
Nell’ultimo mese del semestre anche Banca Generali ha registrato una raccolta netta di 697 milioni di euro e Anima Holding una raccolta netta di 88 milioni di euro (ex Ramo I). Banca Mediolanum ha raccolto a giugno 784 milioni di euro.

Il settore in definitiva si fa più interessante, anche perché con il previsto calo dei tassi, le gestioni attive riconquisteranno posizioni e al tempo stesso i problemi strategici dell’Italia sul fronte della previdenza, della sanità e del risparmio creeranno nuove opportunità.

Ma la situazione è diversa per ogni operatore e va valutata caso per caso.

Fineco, sulla carta la public company è una preda ideale, ma c’è un tema di regole

Attualmente i soci di riferimento di Fineco sono FMR/Fidelity con il 4,46% dei diritti di voto, Capital Research con il 5%, Schroders con un altro 5% e BlackRock con un più corposo 9,2%

In pratica è una delle poche public company di Piazza Affari e ha dimensioni tali da consentirne le contrattazioni sul listino principale, il Ftse MIB.
Che oggi il titolo sia il massimo beneficiario dei rumors e guadagni nel primo pomeriggio il 3,31% non stupisce, per certi aspetti sarebbe la preda ideale.
Ma, come specifica nello stesso articolo del Sole lo storico amministratore delegato del gruppo Alessandro Foti, le banche non sono titoli come gli altri e le acquisizioni sono rigidamente disciplinate da vigilanti specifici come la Banca d’Italia che deve essere avvertita di ogni partecipazione qualificata a partire dal 10%, per poi continuare con il 20%, con il 30% e con il 50%.

I movimenti sul capitale rilevante nel settore del credito europeo sono insomma sottoposti ad autorizzazione preventiva e questo si traduce nella necessità per ogni potenziale acquirente di predisporre un piano di lungo periodo.

Comunque sia, anche grazie ai buoni dati sulla raccolta e alle buone performance generali, Fineco è reduce da un rally di lungo periodo: in un anno ha guadagnato il 12% e in 3 mesi più dell’8% Il grafico inquadra il titolo in un solido trend rialzista avviato dai minimi del 26 ottobre 2023 a 10,62 euro circa e proprio oggi porta i prezzi a un bivio tecnico molto rilevante. L’azione di Fineco con un gap up in avvio di seduta ha ritoccato temporaneamente i massimi del 16 maggio scorso a 15,76 euro, toccando i 15,78 euro per l'esattezza.
Si è così ricoperto il gap-up apertosi nei prezzi tra il 17 e il 20 maggio a seguito del pagamento della cedola da 69 centesimi. Entrambi gli allunghi hanno coperto a loro volta il buco nei prezzi che si era aperto il 10 marzo 2023 poco dopo la conclusione del buyback e nel pieno della stretta monetaria delle banche centrali.

Valori strategici quindi, in qualche maniera, ma anche tecnici, in quanto il superamento deciso della resistenza di quota 15,76 euro aprirebbe la via ad apprezzamenti importanti del titolo Fineco verso i 16,20 e i 16,35 euro, quindi in direzione dei 17 euro ed oltre. Serviranno però conferme decise in tal senso e il rischio di un ripiegamento di breve che chiuda il gap up apertosi oggi invita alla prudenza.

Banca Generali, il controllo del Leone è forte

Al contrario di Fineco, Banca Generali non è affatto una public company e sin nel nome esprime la propria natura di branch nel risparmio della compagnia triestina che controlla più del 51% dei diritti di voto, timidamente affiancata dal 6,34% di Silchester. Bisogna passare insomma dalle Assicurazioni Generali per muoversi sul polo del risparmio guidato dall’amministratore delegato e direttore generale Gian Maria Mossa.

Tutta un’altra partita insomma, ma è utile ricordare che anche gli allunghi odierni del titolo di Banca Generali pongono i prezzi a ridosso del gap down apertosi con lo stacco del dividendo da 1,28 euro lo scorso 20 maggio.

Il risanamento degli strappi sui grafici aperti dal Dividend Day di quest’anno, dal quale in molti i casi i titoli non si sono ancora ripresi, passa insomma anche in questo caso da manovre di avvicinamento tattico interessanti.

Azimut e Banca Mediolanum? Assetti solidi che rendono più probabili delle partnership che delle acquisizioni

Il patto di sindacato di Azimut, altro colosso del risparmio gestito italiano e internazionale, si è rinnovato lo scorso 8 luglio. La governance del gruppo è basata sull’azionariato diffuso tra i promotori/soci: il patto vincola il 22,25% dei diritti di voto di Azimut, di cui il 20,8% riferibile a 2007 aderenti e l’1,45% direttamente riferibile al presidente e fondatore Pietro Giuliano. Anche in questo caso sono insomma molto più probabili delle partnership strategiche industriali, che delle vere e proprie manovre di conquista. Sul fronte grafico d’altronde Azimut ha un’impostazione un po’ diversa con la presenza di una resistenza in area 23,66 recentemente testata senza successo.

Quanto a Banca Mediolanum, il presidio della famiglia Doris è ancora più forte. C’è un solido patto di sindacato riferibile a questa famiglia che controlla quasi il 40,3% dei diritti di voto e poi c’è quel 30% degli eredi di Silvio Berlusconi che sono storici alleati della banca di Basiglio.

Per gli azionisti di Banca Mediolanum c’è un ostacolo tecnico-strategico in area 11 euro testato senza successo già a maggio e a giugno, ma servirebbero più slancio e più volumi per tentare un nuovo assalto.

Una storia a sé è anche Anima Holding: il primo azionista è il Banco BPM con il 20,6%, il secondo Poste con il 10,32%, il terzo FSI SGR (9%), il quarto Francesco Gaetano Caltagirone con il 3,19 per cento. Al centro di diversi dossier di rango per il Banco e per le Poste, partecipata da un investitore sempre più dinamico nei dossier che contano a Piazza Affari, come FSI, Anima Holding in realtà sembra leccarsi ancora le ferite dal caso Eurovita e dalla marea alta dei riscatti delle polizze. La nuova stagione tarda ad arrivare, ma il sentiment del settore porta in questi giorni anche questo titolo a confrontarsi con i massimi di periodo e in particolare con le resistenze di area 4,97 euro.

Servirà anche in questo caso qualche spunto in più, ma - come per gli altri - l’interesse degli investitori trova oggi ragioni più consistenti dei soli rumors di giornata.