Tassi d’interesse: arriva la Fed, taglierà di mezzo punto?

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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25 o 50 punti base? La Fed avvia una retromarcia complicata sui tassi. L'economia rallenta, ma l'inflazione tiene, il lavoro segna il passo, ma i servizi tengono alti i prezzi. Una breve panoramica sulla decisione più importante della settimana

Tassi d’interesse: arriva la Fed, taglierà di mezzo punto?

La decisione più attesa della settimana arriverà domani alle 20:00, ora italiana. La Fed avvierà infatti la retromarcia sui tassi d’interesse mettendo in moto quel ciclo di tagli sul quale i mercati globali confidano enormemente. La grande incognita è ormai da settimane non sul se, ma sul quanto. Perché i segnali dello stesso Jerome Powell, il numero uno della banca centrale statunitense, sono chiari sul fatto che è giunta l’ora di tagliare i tassi, ma sull’entità dei tagli (e sul loro ritmo), è tutta un’altra storia. L’interrogativo è: taglierà di un quarto di punto, e quindi al 5,25%, o di mezzo punto addirittura al 5%? 

Fed, cosa pensa il mercato?

In queste ore il FedWatch Tool dà due terzi di possibilità (il 67%) per il taglio di mezzo punto percentuale (50 punti base) e un terzo appena per un taglio di un quarto di punto percentuale (quindi 25 punti base). Il FedWatch Tool si basa sui prezzi dei future sui tassi Fed Funds (i titoli di stato Usa) a 30 giorni e sono per natura molto volatili, quindi vanno presi con le pinze. Non è raro che il mercato si sbagli.

Di certo sarà una decisione storica in tutti casi, in quanto avvierà un nuovo ciclo dei tassi dopo la fiammata inflattiva post-pandemia. Il raffreddamento dell’economia europea prima e di quella statunitense ne hanno un gran bisogno. Serve un costo del denaro minore non soltanto per ravvivare una crescita occidentale sempre più in stallo (non che in Cina festeggino), ma soprattutto per riequilibrare le finanze pubbliche degli Stati Uniti e di gran parte dell’Europa da un lato e per promuovere quegli investimenti nella transizione digitale ed ecologica dall’altro.

L’intelligenza artificiale, infatti, non è altro che un aspetto della transizione digitale globale, di quel pilastro del PNRR che purtroppo in Europa arranca per mancanza di attori paragonabili allo scenario Usa (e a quello cinese).

Fed, l'incognita dell'inflazione

La Fed sa tutto questo, ma deve anche fare i conti con un’inflazione pervicace e non può correre il rischio di tagliare troppo o troppo presto, perché una nuova fiammata dell’inflazione la potrebbe costringere a fare retromarcia e dopo gli sbagli del passato, quando Powell non ha capito in tempo che il caro-prezzi si radicava e ha dovuto poi correre con aumenti feroci dei tassi, i più rapidi dagli anni ’80. Sarebbe un colpo durissimo per la credibilità di una delle istituzioni finanziarie più importanti del mondo.

Nell’anno delle elezioni USA (si terranno prestissimo, il prossimo 5 novembre) l’inflazione è anche un tema politico caldissimo.

Lo dice la stessa FED: l’inflazione resta la maggiore preoccupazione economica della famiglia americana media. Il 65% degli adulti americani ritiene che l’aumento dei prezzi abbia peggiorato in un anno la sua situazione finanziaria e un quinto dice che la situazione è peggiorata molto. Sono dati che contano sotto le elezioni.

All’arco opposto dello scenario della cronaca finanziaria c’è la paura che la Fed sia rimasta indietro. "È rimasta dietro la curva?", si chiedeva qualche giorno fa Goldman Sachs stimando da domani tre tagli consecutivi da 25 punti base.

USA, dati sempre più freddi dal mondo del lavoro

A scaldare la cronaca finanziaria sul tema è stata la sequenza di brutti dati dal mondo del lavoro e dall’economia Usa. Dopo il crollo improvviso di agosto (soprattutto in Giappone, poi rientrato) e le più recenti vendite sui tecnologici si sta sul chi vive. Proprio un bel ciclo di taglio dei tassi sarebbe insomma un bel salvagente per i bonus di fine anno.

Su un’ottica di più lungo respiro la mossa di domani della Fed, di 25 o di 50 punti base che sia, sarà comunque fondamentale.

In ambito più strettamente finanziario già qualche settimana fa Peter Garnry, Chief Investment Strategist di Saxo Bank, sottolineava che il mercato è preoccupato per il ritmo della spesa in AI e per la capacità di generare entrate e profitti adeguati. Un taglio dei tassi sarebbe una boccata d’ossigeno per i bilanci appesantiti da enormi investimenti nell’artificial intelligence. Il recente recupero dei tecnologici si è nutrito anche di questo.

Le decisioni della Fed sono però complicate dal doppio mandato della banca centrale, contrasto all’inflazione e piena occupazione. È un vantaggio enorme sul mandato della BCE più limitato ai soli prezzi, ma è anche una sfida a tenere in piedi il bilancio tra dataset più ampi.

BlackRock sottolinea che, nonostante il recente calo dell'inflazione e l'aumento della disoccupazione al 4,2%, i mercati stanno sovrastimando la portata dei tagli. Ma che il lavoro si indebolisca rapidamente, forse più rapidamente del previsto, è confermato da indicatori molto rilevanti, come la crescita delle buste paga del settore non agricolo (i non farm payroll). Ad agosto hanno registrato la creazione di alti 142 mila posti di lavoro, contro i 162 mila attesi. Il dato di luglio era minore, 89 mila nuovi posti, ma era stato rivisto al ribasso da una prima lettura di 114 mila posti.

Una revisione al centro dell’attenzione per via delle incertezze di quest’anno. Infatti il 21 agosto il Bureau of Labour Statistics se n’è uscito fuori con una revisione che grosso modo diceva: scusate, ci siamo sbagliati, ci sono 818 mila posti di lavoro in meno di quanto vi avevamo detto. 818 mila posti! La più grande revisione dal 2009. Una di quelle cose che fanno dire alla Fed, fermi tutti, forse siamo messi molto peggio del previsto. Forse la crisi economica generata dai tassi elevati è peggiore delle attese.

USA, un'economia ancora solida

Ma per fortuna non è proprio così. Sicuramente il lavoro è più debole del previsto, ma va ricordato che una disoccupazione del 4,2% può essere considerata pressoché fisiologica in un’economia avanzata. E la paventata recessione degli Stati Uniti (altro termine eccessivo) è ben lontana dalla situazione attuale.

A parte la normalizzazione della curva dei rendimenti, che dovrebbe essere un buon segnale per tutti, va ricordato infatti che una recessione degli Stati Uniti è quotata con meno del 30% di possibilità. Nel secondo trimestre il Pil USA è cresciuto del 3%, accelerando sull’1,4% del primo quarto dell’anno. Di che stiamo parlando?

Semmai si potrebbe ragionare del differenziale di tasso tra Stati Uniti ed Europa. Siamo al 5,5% contro il 3,65%, anche se il cambio euro/dollaro resta stabile.

USA, il freno dell'inflazione

Certo l’inflazione PCE (la più guardata dalla Fed) è già scesa dal 2,7% di aprile al 2,5% di luglio.

Ma l’inflazione CPI core, quella appiccicosa dei servizi, è cresciuta ad agosto dello 0,3% sul mese di luglio, quando era già cresciuta di un altro 0,2% sul mese precedente. Sul tendenziale sale al 3,2%, ben oltre l’obiettivo della politica monetaria posto al 2%. Pericoloso.

Per usare una metafora non nuova, se vuoi portare una gigantesca petroliera in porto senza schiantarti, devi cominciare la manovra molto prima.

Un taglio di 50 punti base sarebbe un segnale forte per i mercati. Per Blerina Uruci, Chief US Economist T. Rowe Price, sarà questa la complessa scelta di domani. Ma il consensus generale è più orientato a un taglio di 25 punti base, magari seguito da un taglio a ogni meeting successivo, per qualche mese. Un taglio più robusto potrebbe infatti anche spaventare e indurre nei mercati il sospetto che la situazione sia peggiore del previsto.

L’incontro di domani sarà arricchito dalle proiezioni macroeconomiche, dai famosi dot plot che indicano il sondaggio tra i membri del FOMC (l’organo della Fed che decide sui tassi) sui livelli dei tassi d’interesse attesi nei prossimi mesi, un documento dall’immancabile carattere prospettico, una forward guidance si direbbe di qua dall’Atlantico.

Senza dubbio insieme alla decisione dei tassi, sarà una delle cose più guardate dai mercati globali.

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