Eni, avanti con il modello satellitare
pubblicato:EIP sale in Plenitude, KKR investe in Enilive e ci sono cambiamenti forti per Versalis e lo storage di CO2
Il modello satellitare è la strategia con cui Eni vuole finanziare i business più promettenti della transizione energetica senza rinunciare a solidità patrimoniale e remunerazione dei soci. L’unica via per questo delicato equilibrio è quella dell’apporto di risorse da altri investitori, tramite partnership e alleanze, come nella tradizione consolidata sul fronte dell’upstream petrolifero.
La frequenza con cui il gruppo guidato da Claudio Descalzi riporta sulle novità dei vari “satelliti” conferma però la priorità strategica data a queste iniziative.
Plenitude, la biochimica (Novamont e le bioraffinerie di Versalis), Enilive (mobilità sostenibile/alternativa), Ithaca, Var Energy, Azule Energy e CCUS (la cattura e la conservazione di anidride carbonica) sono tutti nomi di primo piano in questa geografia evolutiva del business di Eni.
Eni, EIP investe di nuovo in Plenitude
L’ultima novità è di stamattina: EIP (Energy Infrastructure Partners) salirà al 10% di Plenitude con un aumento di capitale da circa 209 milioni di euro. Già a marzo il fondo svizzero aveva versato 588 milioni di euro nella società di Eni e ora valuta Plenitude circa 10 miliardi di euro in termini di enterprise value (con il debito) e 8 miliardi in termini di equity.
Plenitude, società da lungo tempo in predicato di quotazione, è uno dei pilastri del modello satellitare di Eni e ne sposa già business di primo piano come le rinnovabili da un lato (un portafoglio di tutto rispetto da oltre 3 GW) e la distribuzione al dettaglio con un portafoglio da circa 10 milioni di clienti ereditato da Eni Gas e Luce.
A queste attività nel perimetro del ramo più verde di Eni va aggiunta la e-mobility, altro asset strategico con circa 21 mila punti di ricarica elettrica, che dovrebbero quasi raddoppiare nel 2027.
Oggi Plenitude è presente in più di 15 Paesi nel mondo, nei primi nove mesi del 2024 ha registrato un utile operativo proforma adjusted di 524 milioni (+18%).
Eni, il fondo KKR punta su Enilive
A Plenitude molto spesso è associata l’altra controllata di Eni Enilive. Si occupa di bioraffinazione e biometano, ma controlla anche il car sharing di Enjoy e tutta la rete delle stazioni di carburante, oltre 5.000 in Europa chiamate alle offerte multiple del percorso verso la decarbonizzazione.
Ci sono dentro anche le bioraffinerie di Venezia e Gela, quella di St. Bernard Renewables negli Stati Uniti (è una joint venture al 50%) e ci sarà poi la terza bioraffineria italiana in costruzione a Livorno, oltre ad asset della Malesia e della Corea del Sud.
Enilive ha registrato nei primi nove mesi del 2024 un utile operativo proforma adjusted di 482 mln (-23%). Anche Enilive ha presentato da poco un’importante novità con l’ingresso del noto fondo KKR al 25% del capitale sociale. In pratica il fondo punta su questo satellite 2,938 miliardi di euro (500 mln in aumento di capitale, il resto con l’acquisizione di azioni Enilive) e valuta quindi post money Enilive 11,75 miliardi di euro in termini di equity.
Sostanzialmente nei primi nove mesi di quest’anno Plenitude ed Enilive hanno registrato un utile operativo proforma adjusted di 1,006 miliardi di euro (-6%) a fronte di un utile operativo proforma adjusted di tutto il gruppo Eni diminuito del 17% a 11,62 miliardi circa.
Eni, manovre forti in Versalis, chimica in ristrutturazione
In concomitanza con i dati del terzo trimestre 2024 il gruppo Eni ha anche aggiornato il mercato sul business della chimica di Versalis. Manovre pesantissime prevedono 2 miliardi di euro di investimenti per un taglio del 40% delle emissioni di CO2 del gruppo nel Bel Paese, ma anche la cessazione delle attività degli impianti di cracking a Brindisi e Priolo e del polietilene a Ragusa.
Un drastico taglio della chimica di base ritenuta ormai in crisi irreversibile a livello europeo dopo perdite di 3 miliardi soltanto per Eni negli ultimi cinque anni. Per i territori interessati potrebbe essere un passaggio durissimo, anche se Eni complessivamente stima un saldo occupazionale positivo dalle manovre sulla chimica e intende dirigersi verso impianti più redditizi nelle piattaforme della chimica da rinnovabili, circolare e per prodotti specializzati. La divisione Refining, Chimica e Power di Eni ha registrato nei primi nove mesi dell’anno una perdita operativa proforma adjusted di 187 milioni di euro.
Francesco Gattei, CT&FO (Chief Transition and Financial Officer presso Eni), ha confermato in occasione dell’ultima presentazione dei risultati di Eni che in futuro Versalis sarà molto diversa, con un ramo focalizzato su un portfolio di formulazioni plastiche e polimeri ad alto valore, un altro focalizzato nella biochimica e un altro ancora nell’economia circolare.
A Priolo Eni sta valutando la realizzazione di una bioraffineria per SAF e di un impianto di riciclo chimico che impieghi la tecnologia del gruppo HOOP.
A Brindisi Eni intende proseguire nella manifattura di polimeri, ma con l’importazione vantaggiosa di materie prime e la conversione di parte del sito in un nuovo impianto per batterie elettrochimiche al litio ferro-fosfato per applicazioni storage (ESS).
Siglato già un accordo siglato con la quotata Seri Industrial esperta di batterie e con cui è previsto lo sviluppo di questo business importante delle batterie stazionarie.
Eni, anche lo storage di CO2 all'attenzione
Sono solo alcune delle direzioni in cui si sta muovendo questo gruppo in rapido movimento.
Nel week end Il Sole 24 Ore ha riportato di un’accelerazione anche nella valorizzazione delle tecnologie CCS, quelle di cattura e stoccaggio di anidride carbonica sparpagliate tra Italia, Regno Unito e Africa. Secondo il quotidiano di Confindustria ci sarebbero in corsa già l’italiana Snam, l’olandese Vitol, i fondi Macquarie e KKR. Le offerte vincolanti dovrebbero arrivare entro la fine dell’anno, in gioco almeno il 49% di questi asset.
Nel portfolio in corso di valorizzazione ci dovrebbero essere, tra l’altro, il progetto adriatico di Ravenna CCS e quello di Liverpool Bay finanziato anche dal governo britannico.