Commerzbank, Berlino punta a cedere delle quote: risiko in arrivo?
pubblicato:La Repubblica Federale potrebbe cedere a breve tra il 3 e il 5% del capitale (restando sopra il 10%). Commerzbank va bene, intermedia un terzo della bilancia commerciale tedesca, vale un quarto di Unicredit. Le incognite però non mancano (a partire da Orcel), anche se l'Europa ha bisogno di campioni e un buon piano potrebbe piacere a Bruxelles
La Repubblica Federale tedesca ha annunciato l’intenzione di ridurre le proprie quote in Commerzbank. Attualmente lo stato controlla ancora il 16,49% del capitale della banca che ricevette 18,2 miliardi di euro dal Financial Market Stabilisation Fund pubblico nel periodo 2008-2009.
Di quella somma Commerzbank ha ripagato circa 13,15 miliardi di euro, ma lo Stato resta il maggiore azionista, seguito da BlackRock, che controlla oltre il 5% del capitale, e Norges (più del 3%).
Circa il 54% del capitale del gruppo è poi controllato da investitori istituzionali.
Commerzbank, un asset strategico e una banca in recupero (ma con molte sfide davanti)
Commerzbank è infatti un asset strategico per il governo federale in quanto media circa il 30% di tutte le transazioni collegate agli scambi tedeschi con l’estero e rappresenta quindi un pilastro della politica commerciale tedesca. Questo vuol dire al contempo che Commerzbank è una leva dell'economia tedesca fondamentale e che è esposta alla debolezza della manifattura e dell'export tedeschi.
Commerzbank, i conti vanno bene, anzi...
Il gruppo bancario, reduce come anticipato da anni di crisi, è oggi in utile.
Nella prima metà dell’anno ha registrato un rialzo dei ricavi del 2,2% 5,415 miliardi di euro con un utile operativo balzato del 10,8% a 1,95 mld.
L’utile netto è cresciuto nel semestre del 12,2% a 1,28 miliardi circa, ma nel secondo trimestre è calato del 4,8% a 538 milioni di euro a causa soprattutto di una crescita dei contributi al Deposit Insurance Fund dovuta alla crescita dei covered bond e dei costi collegati agli investimenti in mBank, la quarta banca polacca, che come tutto il credito del Paese registra da tempo forti perdite su crediti e accantonamenti per rischi legali collegati a mutui in franchi svizzeri.
Commerzbank, il caso dei mutui polacchi in franchi svizzeri e perché pesa sui conti
La vicenda risale ai primi anni Duemila, quando le banche polacche incoraggiarono le famiglie a contrarre mutui in franchi svizzeri con tassi d’interesse molto minori rispetto quelli in sloty polacchi. Il raddoppio del valore del franco svizzero sullo zloty con la crisi del 2008 causò un’ondata gravissima di rincari.
Nel 2019 la Corte europea emise una prima delibera sul caso dei mutui in franchi svizzeri che permetteva ai mutuatari di convertire i mutui in valuta domestica, ossia in zloty.
Lo scorso giugno una nuova sentenza della Corte di Giustizia europea ha deliberato in favore dei consumatori, circa 130 mila mutuatari, dichiarando illegali le clausole che avevano imposto extra-pagamenti aIle famiglie.
In soldoni circa 23 miliardi di euro di risarcimenti, pari più o meno al 50% del capitale proprio delle banche commerciali polacche, con il rischio, denunciato dalla Consob polacca, la KNF, di un collasso del sistema finanziario polacco.
Rischio poi ridimensionato con posizioni molto più costruttive: “Il settore bancario polacco è ben capitalizzato e liquido, questo si traduce in sicurezza e stabilità”.
Ma per Getin Noble Bank SA c’è stato intanto il collasso (risoluzione ordinata) e ci sono stati programmi di ristrutturazione finanziari collegati ai mutui in franchi per Bank Millennium (una controllata locale della portoghese Banco Comercial Portugues).
Una delle parcelle più salate è stata quella pagata proprio dalla mBank di Commerzbank che ha dovuto coprire il caso dei mutui in franchi con il 51,6% di tutti i suoi accantonamenti per ridurre le esposizioni al 5,4% di tutti i suoi prestiti. Un salasso, ma ora, come detto, si intravede la luce.
Commerzbank, il miglior primo semestre degli ultimi 15 anni
Commerzbank ha infatti confermato, anche con la prima semestrale del 2024, l’obiettivo di una crescita dell’utile nel 2024, con un margine d’interesse di circa 8,1 miliardi di euro con potenziali upside.
L’obiettivo è ancora quello di ridurre il “risultato del rischio”, che comprende le variazioni degli accantonamenti contro i vari rischi, sotto i -800 milioni di euro. L’anno scorso questa voce è migliorata da -817 a -673 milioni di euro anche grazie alla stabilizzazione dell’impatto derivante l’anno precedente dalla guerra tra Russia e Ucraina.
La voce comprende, tra l’altro, gli accantonamenti contro le perdite sui crediti e le svalutazioni che vanno a conto economico. Nel primo semestre 2024 il risultato del rischio è stato pari a -274 milioni di euro, quindi ci sono circa 600 milioni di costi circa da coprire nella seconda parte dell'anno rimanendo negli obiettivi del gruppo.
Va comunque ricordato che alla fine della prima metà dell’anno il CET1 ratio era pari al 14,8% (e dovrebbe restare sopra il 14% a fine anno) e l’NPE ratio, la percentuale di crediti in default sul totale delle esposizioni, si mantiene stabile sul bassissimo livello dello 0,8 per cento.
Per intenderci il CEO Manfred Knof ha definito la prima metà del 2024 la migliore degli ultimi 15 anni. L’azione della Repubblica Federale oggi potrebbe quindi essere più una valorizzazione che una svendita.
Commerzbank, corsi e valori della banca (e di qualche possibile acquirente)
In queste ore il titolo, reduce da un rialzo del 20% da inizio anno, cede comunque il 2,77% nel contesto di un’altra giornata no per i bancari europei con l’Euro Stoxx Banks che perde lo 0,84%. Ai corsi attuali la banca tedesca vale quindi circa 15,07 miliardi di euro.
Per fare un confronto non casuale, Unicredit, che in queste ore torna a 36,735 euro con un ribasso di appena lo 0,1%, vale circa 60,134 miliardi di euro, quindi circa quattro volte Commerzbank. Già in passato rumors mai smentiti hanno parlato di contatti tra lo stesso Andrea Orcel e Knof per una possibile fusione che a questi valori sarebbe chiaramente un’acquisizione. Ma sarebbe un’acquisizione sufficientemente eps neutral per Orcel?
Alla finestra ci potrebbe essere anche la ABN Amro, già tristemente nota in Italia, ma assai diversa oggi dai tempi della crisi finanziaria: in queste ore perde l’1,36% e si riporta a 15,22 euro. La Banca controllata oggi al 49,5% dallo Stato olandese vale quindi circa 7,5 miliardi di euro e in un merger con Commerzbank tratterebbe quindi alla pari.
Sicuramente è un po’ presto per valutare le possibili combinazioni: il quadro dell’alleggerimento delle quote di Commerzbank in mano alla Repubblica Federale si sta ancora chiarendo.
Bloomberg riporta di una quota tra il 3 e il 5% del capitale, ossia, ai prezzi di oggi, un incasso compreso fra i 450 e i 750 milioni di euro. Non poco, ma non abbastanza per una politica industriale, soprattutto in Germania. Entro il mese potrebbe comunque realizzarsi la cessione e questo potrebbe nel breve pesare sui corsi di Commerzbank.
La cifra resta comunque più simile a un arrotondamento che a una raccolta di risorse per Berlino. Per fare un confronto non casuale, il taglio dei costi aggiuntivi cui mira Volkswagen ammonta a circa 5 miliardi di euro.
Di certo con i tassi in calo e la necessità di ampliare le aree di business e (perché no?) le geografie, si potrebbero creare delle condizioni favorevoli per operazioni di M&A anche nel settore bancario.
La stessa Unicredit proprio in Germania ha promosso la prima grande fusione cross-border europea.
Dopo in Italia sono venuti in forza i francesi con la conquista di BNL, di Cariparma e così via di strategia per BNP e Credit Agricole.
Le barriere alle operazioni transfrontaliere nel delicato comporto bancario non sono poi così formidabili insomma.
E tutti sanno che nel credito e nell’asset management l’Europa ha un enorme bisogno di campioni... se sono rose, fioriranno