Cina: a giugno export da record, ma l'import racconta un'altra storia
pubblicato:Una "bilancia sbilanciata", troppe esportazioni e troppo poche importazioni, l'auto e l'acciaio sono una parte della storia e non si escludono manovre di stimolo della domanda domestica
Al centro del dibattito globale, che si parli di auto elettriche o di flussi commerciali, di filiere o di guerra in Ucraina, la Cina rimane un colosso carico di contraddizioni, ma capace di plasmare questa fase dell’economia globale.
L’ultimo dato di giugno sulla bilancia commerciale della Repubblica Popolare conferma la potenza della fabbrica del mondo nel dirigere sui mercati mondiali la propria produzione e al tempo stesso la debolezza dell’economia domestica che tarda a trovare una direttrice più robusta.
Cina, i dati del commercio a giugno
A giugno la Cina ha registrato un saldo della bilancia commerciale in dollari di 99 miliardi che ha battuto le attese ($ 85,1 mld) e la rilevazione di maggio ($ 82,62 mld). Nonostante decantate strategie occidentali di re-shoring o friend-shoring, l’interscambio dell’ex Impero Celeste cresce del 3,9% rispetto a un anno fa a ben 516,6 miliardi di dollari.
Ma questa inesauribile potenza commerciale della nazione di Xi Jinping è figlia di contradizioni sempre più lampanti. Basta guardare alle due gambe del commercio cinese per capire che vanno pericolosamente in direzione opposta.
L’export della Cina a giugno ha fatto un balzo dell’8,6% a 307,85 miliardi di dollari, è il più alto livello dall’aprile del 2023 e batte nettamente le attese (+8,0%), confermando la maggiore potenza di fuoco commerciale della Repubblica Popolare in più di un anno, nonostante dazi e ostacoli crescenti degli approcci neo-mercantilisti occidentali.
C’è una sovrapproduzione cinese allarmante - direbbe Joe Biden – che sbaraglia la concorrenza e si nutre di sussidi pubblici supposti illegali. Di certo la Repubblica Popolare continua a vendere con enorme successo i suoi prodotti in giro per il mondo.
Dall’altro lato, quello delle importazioni, si vede di nuovo invece la Cina fragile proveniente dai disastri del Covid e della crisi immobiliare di Evergrande. L’import cinese ha segnato a giugno un calo del 2,3% a/a a circa 208,8 miliardi di dollari.
Gli analisti stimavano al contrario una crescita dell’import del 2,8% e quindi il dato spiazza i previsori. La debolezza della domanda domestica riappare in quest’ultimo numero e si abbina ai dati fragili dell’inflazione pubblicati ieri: +0,2% a/a e -0,2% m/m. La seconda economia del globo da più di un anno registra preoccupanti spinte deflattive e la deflazione difficilmente è un buon segnale per lo stato di salute di un’economia.
Eppure c’era un maggiore ottimismo nella manifattura a inizio mese quando l’indice PMI di Caixin ha battuto il consensus e si è posto a 51,8 punti, né sono cresciuti i prezzi alla produzione, anzi l’ultimo dato di ieri mostra un -0,8% a giugno.
Cina, la vendita di auto e di acciaio nel mondo prosegue
Ma torniamo ai dati di oggi. Di certo vanno contro la volontà di Stati Uniti ed Europa di arginare con dazi e ostacoli l’imperioso export cinese, ma potrebbero anche avere ottenuto dalle nuove tariffe occidentali un impulso a fare presto, prima che vengano messe a terra le barriere commerciali. C’è poi da ricordare la crisi del Mar Rosso che potrebbe avere affrettato certi venditori della Repubblica Popolare.
Neanche a Beijing però probabilmente festeggiano, anzi. Il piano storico di Xi Jinping vuole spingere alla crescita dei consumi interni la Repubblica Popolare, rafforzarne il ceto medio e la domanda domestica, ma prezzi asfittici, deflazione, calo dell’import non vanno certo in quella direzione e infatti diversi analisti immaginano già nuove manovre di stimolo da parte del governo.
L’analisi più puntuale dei dati di certo può aiutare l’analisi: l’export cinese si avvantaggia delle consegne di auto e di microprocessori, in qualche modo confermando i timori occidentali. L’import di indebolisce anche sulle categorie agricole (c’è stato un buon anno di raccolti in Cina) e dei prodotti legati all’acciaio.
Il boom delle vendite di auto è comunque sicuramente una parte della storia, così come le vendite di acciaio all’estero (che interessano anche l’India) e la debole domanda interna.
Il puzzle cinese resta in ogni caso molto complicato.