Auto, a settembre in Italia il mercato perde un altro 10,75%

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Dal Covid in poi il mercato ha perso un quinto dei volumi e la rimonta sembra già spenta. Tengono in Italia l’usato tiene e a sorpresa l’elettrico cresce. Diversi osservatori chiedono con il ministro Urso (e la Germani) una revisione anticipata dei target UE, ma la Commissione per ora tiene la posizione

Auto, a settembre in Italia il mercato perde un altro 10,75%

Un altro brutto mese per le quattro ruote italiane. Il mercato del nuovo a settembre segna un calo del 10,75% a 121.666 immatricolazioni, un calo a doppia cifra dunque che conferma la fase di difficoltà del settore anche in Italia.

Dopo i recenti profit warning di Volkswagen, BMW, Mercedes, Stellantis e Aston Martin si aggiunge dunque un segnale di debolezza in uno dei mercati più importanti d’Europa.

Non così il mercato dell’usato, che tiene, e segna 443.993 passaggi di proprietà (+3,97%), quindi il 78,49% del volume globale delle vendite nel mese tra nuovo e usato.

Auto: Centro Studi Promoter, perso quasi un quinto del mercato dal Covid in poi

Centro Studi Promotor, think thank specializzato sulle quattro ruote, parla di futuro incerto. Il consuntivo dei primi nove mesi mostra ancora per l’auto italiana un saldo positivo con una crescita del 2,1% a 1,2 milioni di vetture circa immatricolate in Italia. Ma se si confrontano questi numeri con il pre-pandemia, con lo stesso periodo del 2019, emerge un pesante -18,1% che indica che il mercato delle quattro ruote ha perso quasi un quinto dei volumi in pochi anni e la ripresa avviata sembra già impantanata nel duro calo a doppio cifra di settembre. La proiezione dei numeri giunti finora sulla fine dell’anno prevede un 2024 con 1,6 milioni di veicoli che allontana con decisione i volumi del pre-pandemia.

Secondo i concessionari che Centro Studi Promotor ha intervistato il livello di acquisizione degli ordini è basso, ma la carenza di prodotto che si era realizzata fino al 2023 e in parte del 2024 a causa della rottura delle catene di approvvigionamento sembra superata. Il quadro dunque si capovolge e i concessionari ora denunciano giacenze elevate. Auto invendute, come quelle che negli Stati Uniti hanno spinto Stellantis a rivedere i piani. È stata bassa a settembre l’affluenza dei potenziali clienti nei concessionari e i prezzi sembrano ancora elevati.

Ma la dinamica della domanda non è così trasparente come può sembrare, non sembra semplicemente affievolitasi dopo la crisi della pandemia perché, evidenzia ancora Centro Studi Promotor, il parco circolante di auto cresce ancora. Dai 39,54 milioni di vetture che circolavano nel 2019, nel 2023 si arriva a oltre 40,9 milioni di auto, con il mantenimento in strada, dunque di auto vecchie e vecchissime che si sarebbero dovute a logica rottamare. Il pensiero torna all’Europa con il presidente di Centro Studi Promotor Gian Primo Quagliano che chiede ancora al massimo livello istituzionale europeo di affrontare la crisi dell’auto “senza pregiudizi e con il realismo e il coraggio necessari”.

Auto, il governo chiede una revisione anticipata degli obiettivi europei

Anche il presidente di Federauto, la federazione dei concessionari automobilistici italiani, Massimo Artusi denuncia una situazione difficile e controversa:

“incertezza nel processo di elettrificazione allargata, con i veicoli a batteria ancora fuori dalla portata economica di gran parte dei clienti, unita ai ritardi accumulati dall’industria automobilistica italiana ed europea che ha effetti lungo tutta la filiera”.

Un contesto di ritardo dunque nel quale gli ambiziosi obiettivi del Green Deal Europeo mettano a rischio – secondo Artusi - la catena del valore e gli equilibri socio-economici e occupazionali del settore.

Ancora una volta i policymaker nazionali ed europei sono chiamati in causa, perché la crisi delle quattro ruote sembra sempre più strategica oltreché di mercato. Federauto condivide la posizione del ministro delle Imprese Adolfo Urso che di recente ha ottenuto l’appoggio del vicecancelliere tedesco e ministro dell'economia e della protezione climatica Robert Habeck per un anticipo dal 2026 all’inizio del 2025 della revisione degli obiettivi europei sulle emissioni delle auto nuove. L’idea sarebbe quella di permettere all’industria di pianificare con maggiore certezza gli investimenti, in altre parole di consentirle una dilazione sui tempi della transizione visto che l’auto elettrica non ha ingranato come si credeva. Ma la posizione dell’Unione europea per ora rimane ferma e il portavoce della Commissione UE su azione climatica ed energia Tim McPhie ha ribadito di ritenere che la data del 2026 per una revisione sia la più appropriata.

Una revisione degli obiettivi già all’inizio del 2025 sarebbe vista da molti operatori dell’industria delle quattro ruote europea come un salvagente in una tempesta perfetta. Infatti dall’anno prossimo scattano i nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni del parco auto complessivo delle auto nuove prodotte dalle case europee e lo stesso presidente dell’Acea, l’associazione europea dei costruttori di auto, Luca De Meo ha paventato il rischio di sanzioni superiori ai 15 miliardi di euro per le case europee già in profonda crisi per il crollo delle immatricolazioni. Rivedere gli obiettivi prima dell’innalzamento dell’asticella ridarebbe fiato a quelle case che da tempo conoscevano la tabella di marcia dei nuovi parametri, ma che in queste settimane stanno lanciando dei profit warning una dietro l’altra.

Mentre il mercato specula su nuove aggregazioni (come quella tra Stellantis e Renault) e operazioni straordinarie, l’automotive UE resta senza una ricetta chiara per il medio termine e la domanda annaspa tra le incertezze del quadro legislativo comunitario.

Auto: l'elettrico sul banco degli imputati, ma cresce del 27% a settembre in Italia

Sul banco degli imputati in primis quella gara verso l’elettrico che a molti appare più una imposizione ideologica che un’esigenza del mercato, ma non tutti i dati sono coerenti con questo quadro.

Motus-E, associazione della filiera della mobilità elettrica, calcola che a settembre in Italia sono state immatricolate 6.308 vetture full elettriche, il 27,3% in più di un anno prima. Indica vitalità, ma siamo ad appena il 5,2% del nuovo immesso sul mercato e il parco auto di circa 261 mila vetture elettriche in Italia è appena lo 0,64% del totale, troppo poco per farne un pilastro della mobilità del medio termine, anche se in Europa i numeri sono spesso migliori (le tabelle UNRAE in realtà indicano 6.437 vetture con un +29%, ma poco cambia).
In un mercato di settembre in forte contrazioni va infatti evidenziato che le auto a benzina perdono il 23% e le diesel il 27,3% mentre crescono il gpl (+2,9%) e le ibride -che sono poco meno della metà del totale con 53.975 auto immatricolate - limitano i danni a un -1,5%

Il saldo dei 9 mesi comunque conferma i trend con una crescita della benzina del 6,4%, un calo del diesel del 22,8%, una crescita dell'ibrido elettrico del 12,9%, un calo dell'ibrido plug-in del 24,8% e una crescita dell'elettrico in Italia del 5,3 per cento.

La crescita dell’elettrico, dopo un anno che a livello europeo aveva visto una forte flessione di questo settore a tutto vantaggio delle ibride, non è comunque sfuggita neanche all’importante associazione Unrae (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri). Il presidente Michele Crisci ha commentato:

“I risultati di settembre, con un secondo calo consecutivo delle immatricolazioni, ma una forte crescita delle BEV, evidenziano l'urgente necessità di rifinanziare gli incentivi per la fascia di autovetture con emissioni 0-20 g/Km di CO2, rendendo immediatamente disponibili i 240 milioni di euro di fondi residui degli incentivi 2024."

Come noto infatti a giugno un effimero impulso al mercato italiano delle auto era giunto dagli incentivi governativi che premiavano soprattutto le motorizzazioni ad emissioni più basse, a partire proprio dall’elettrico. Ma sulle risorse che il governo italiano potrebbe mettere per rivitalizzare la domanda di auto permangono diversi dubbi e appare sempre più lampante la necessità di una politica europea integrata e coerente per l’automotive.

Anche Crisci richiama quindi il piano Urso per il settore e sottolinea la proposta di un fondo di sostegno europeo all’intera filiera automobilistica “per dare certezze a consumatori e imprese nelle loro scelte di acquisto”.

In particolare Crisci chiede poi: “Nel piano di sostegno alla domanda per il triennio 2025-2027 chiediamo al Governo interventi mirati, tra cui il ripristino dei 250 milioni di euro, parte del miliardo originariamente previsto per il 2025, che sono stati stornati per il Decreto Coesione. Altro punto nodale è la rimozione del price cap per le auto della fascia 0-20 g/Km o, almeno, la sua equiparazione a quello della fascia 21-60 g/Km”.

Ma come detto la questione dell’auto è sempre più chiaramente, sempre più necessariamente, una questione europea.