Ecco perché Unipol batte Generali in Borsa
pubblicato:Da inizio anno Unipol +88% e Generali +31%, certo c'è stata l'opa su Unipolsai, ma ci sono anche altri motivi. Mediobanca fa metà degli utili dal rapporto con Generali, mentre Unipol invece vende le sue polizze con Bper e Pop Sondrio (e chissà forse in futuro con MPS), due rapporti opposti con le banche... Di certo invece c'è un'attenzione comune alle catastrofi e le nuove norme porranno rischi e opportunità
Se da inizio anno Unipol ha guadagnato in Borsa l’88% e Generali il 31% appena, deve esserci un motivo. Certo muovere i titoli una compagnia che capitalizza 6,9 miliardi di euro è più facile da spostare in Borsa di una che ne capitalizza 39,7, ma sicuramente ci sono altre ragioni, a partire dal capitolo operazioni straordinarie.
Unipol-Generali, l'opa che pesa e il segno opposto del risultato economico
Non a caso il grafico di Unipol segna un balzo di oltre il 20% il 16 febbraio scorso quando Unipolsai è stata incorporata in Unipol Gruppo ponendo le basi per la nascita di Unipol Assicurazioni e la successiva opa da 2,7 euro. Come noto l’offerta ha avuto successo e Unipolsai è stata delistata lo scorso 3 luglio.
Il 9 agosto, in una seduta di scambi vivace per il gruppo, la società guidata da Carlo Cimbri ha potuto annunciare un utile semestrale da 555 milioni di euro, in crescita rispetto ai 517 di un anno prima grazie come sempre soprattutto al ramo danni che ha portato 354 milioni di euro di utili (+12,2%) contro i 98 milioni di utili del ramo vita (+2,8%).
E qui si nota la prima importante differenza con Generali, che lo stesso 9 agosto ha comunicato i propri risultati per la prima metà dell’anno. Sebbene il Leone di Trieste sia stato storicamente orientato sul vita, il gruppo ha promosso una differenziazione e un riequilibrio del business. Alla fine di giugno Generali ha 32,72 miliardi di euro di premi vita (+26,6%) e 17,42 miliardi di premi danni (10,5%). Primi valgono un risultato prima delle imposte di 1,89 miliardi (-5,6%) e i secondi un risultato prima delle imposte di 1,66 miliardi (-5,1%).
Senza dubbio Generali è un’altra taglia e si vede sulla dimensione internazionale del business, così come sul peso dell’asset management e altro ancora, ma la differenza di segno degli utili, positiva per Unipol e negativa per Generali, rimane comunque impressa.
Certo il primo semestre 2023 di Generali si era avvantaggiato della cessione di un complesso immobiliare londinese che aveva portato un impatto positivo netto tasse di 193 milioni, ma Unipol ha comunque relativamente brillato.
Unipol-Generali, la prima controlla le banche, la seconda le ha per socie
D’altronde la struttura strategica e proprietaria dei due gruppi è profondamente diversa e forse merita qualche ragionamento. Il socio di riferimento di Generali, nonostante le battaglie e le contese con Caltagirone e Delfin e i rapporti con Edizione, rimane Mediobanca con un 12,7% “elastico” che vale tanto oro quanto pesa, infatti ha prodotto quasi la metà dell’utile di Piazzetta Cuccia nell’esercizio 2022/2023.
Al contrario Unipol ha alle spalle le cooperative socie e mette le banche a valle, impiegandole come reti di distribuzione delle polizze. Vale per il 19,7% della Popolare di Sondrio, vale per il 19,85% di Bper dove Cimbri fa e disfa la governance e ha promosso l’amministratore delegato Gianni Franco e messo il presidente Fabio Cerchiai che prima era vicepresidente della stessa Unipol.
In molti hanno visto Unipol come il miglior candidato anche per MPS, dove però si mette di traverso il contratto assicurativo con la compagnia francese Axa, un colosso che però ha vendute le proprie quote del Monte dei Paschi e allentato dunque il suo storico legame con Siena.
Tutti temi caldi, vista la privatizzazione in corso al Monte, senza considerare il riassetto italiano dei business dei pagamenti.
Unipol-Generali, le polizze sulle catastrofi sono un tema comune
Ma il dossier di questi giorni è un altro, ossia il prossimo decreto interministeriale (MEF+MIMIT) sull’obbligo di assicurazione contro le catastrofi naturali in capo alle imprese. Secondo le indiscrezioni nei prossimi giorni potrebbe arrivare il via libera e il passaggio alle parti coinvolte, Ivass compresa.
Un argomento delicato, visto che potrebbe costare alle imprese qualcosa come 5 miliardi di euro.
Numeri da capogiro, se si legge il report di ANIA 2024 la quantificazione economica del patrimonio delle imprese soggette al nuovo obbligo, le cosiddette coperture CATNAT, è stimata in 4 mila miliardi di euro, di cui 2.500 miliardi già nel portafoglio delle compagnie e i rimanenti 1.500 miliardi da imputare a nuovi rischi. Si stima che le compagnie perderanno per le catastrofi 2 miliardi l’anno.
Già la legge di Bilancio del 30 dicembre 2023 n. 213 ha imposto al settore produttivo l’obbligo di assicurazione contro le calamità naturali. Se non lo si fa si rischiano sanzioni da 100 a 500 mila euro e non si può accedere a contributi, sovvenzioni o agevolazioni statali, neanche in caso di effettiva calamità. La scadenza è fissata al 31 dicembre 2024, quindi il tema è attualissimo.
La norma però precisa che le assicurazioni possono cedere a SACE fino al 50% di ciascun indennizzo legato al verificarsi di un evento assicurato garantendo in favore di SACE un fondo per un ammontare di € 5 miliardi all’anno a carico dello Stato per il triennio 2024/2026.
Anche Cerved ha fatto le sue stime, quantificando fino a 1.701 miliardi di euro l’esposizione potenziale massima delle compagnie.
Il tempo stringe e le cifre sono importanti quindi, fornire gli standard per i danni climatici assicurabili, i casi di esclusione dai risarcimenti, i massimali di indennizzo e lo scoperto sarà fondamentale per dare certezza a imprese e compagnie in vista dello scatto dell’obbligo.
In questo contesto sicuramente Unipol e Generali avranno un ruolo di primo piano. Nuove opportunità di business e nuovi rischi allo stesso tempo.
Per Generali già la crescita dall’1,3% all’1,8% dell’impatto non attualizzato delle catastrofi naturali nel primo semestre del 2024 è un dato ineludibile di realtà.
Di certo una presa di coscienza che si vedrà nel tempo anche sui conti economici e in Borsa.