Unicredit rompe gli indugi su Commerzbank
pubblicato:La banca di Orcel sale al 9% della banca tedesca che media il 30% dell'export nazionale. Metà delle quote viene dallo Stato Federale (che deve privatizzare come in Italia per MPS), ma l'altra metà viene dal mercato e si punta a salire. Prospettive e limiti della partita che oggi scalda i mercati
Non è certo un fulmine a ciel sereno. Le voci di risiko bancario europeo e di una fusione tra Unicredit e Commerzbank si susseguono da tempo. E si sono rafforzate con l'annuncio del 3 settembre, quando Berlino ha preannunciato un prossimo alleggerimento delle quote in Commerzbank.
Unicredit, doppia mossa su Commerbank
Ma ora sono sul tavolo i fatti. Unicredit ha conquistato il 9% del capitale di Commerzbank con una doppia manovra.
Una direttamente con il governo federale che ha messo un pacchetto del 4,49% sul mercato finito alla Banca di Piazza Gae Aulenti per 702 milioni di euro, pari a 13,2 euro contro i 12,6 euro della chiusura di ieri.
L’altra sul mercato con un acquisto di un’altra quota equivalente verosimilmente sul mercato con l’intento dichiarato di valutare la richiesta regolamentare di superamento della soglia del 9,9% della banca tedesca che media circa il 30% delle transazioni tedesche con l’estero.
Sulla carta per il governo tedesco, che controlla ancora tramite il Financial Market Stabilisation Fund (FMS) il 12% della banca di Francoforte, si apre ora un periodo di riflessione.
Su quelle quote che fanno del governo federale ancora oggi il primo socio di Commerzbank è infatti scattato un lockup di 90 giorni (con alcune eccezioni).
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Ma l’impressione che Unicredit abbia accelerato in maniera decisiva sul deal e che ci sia una strategia concordata con Berlino sul dossier traspare dal contemporaneo arrivo della notizia che Manfred Knof, il CEO che nel settembre 2020 fu incaricato di assumere la guida del consiglio di gestione portando la banca in crisi a un recupero straordinario e al “miglior primo semestre degli ultimi 15 anni” nella prima metà di quest’anno, lascerà l’istituto al termine del mandato in corso alla fine del 2025.
La coincidenza è stridente e apre ovviamente alle speculazioni su un percorso che porta ormai alla banca italiana.
Il balzo del 15% di Commerzbank in queste ore conferma l’eccitazione degli operatori per quella che potrebbe essere la maggiore operazione bancaria europea degli ultimi anni. Ma il condizionale è d’obbligo.
L’alleggerimento delle quote pubbliche dello Stato Federale in Commerzbank fa parte delle richieste dell’Unione Europea che ha consentito interventi pubblici nel 2008 a specifiche condizioni e che, passata la crisi da un pezzo, impone la privatizzazione degli istituti di credito.
Il parallelo più lampante e significativo è con quanto sta avvenendo con MPS in Italia. Dopo aiuti pubblici da ben 18,2 miliardi di euro con la crisi del debito sovrano, Commerzbank ha recuperato e ora bisogna ristabilire condizioni eque di mercato, in Germania, come in Italia.
Detto questo l’operazione transfrontaliera di Unicredit non è affatto certa, anzi. Ostacoli di natura politica e finanziaria non mancheranno. In Italia e in Germania.
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In Italia quando nel 2020 MPS scelse l'advisor per le alternative strategiche, ossia per la valutazione di eventuali acquirenti, il dito cadde su Mediobanca (che non a caso oggi perde terreno).
La prima idea fu ovviamente Unicredit, ma poi lo stesso CEO Andrea Orcel bocciò le pressioni in tal senso.
Certo da allora le cose sono cambiate parecchio: la forte ripresa di MPS (complici i tassi come per Commerzbank) e la progressiva privatizzazione delle quote del Tesoro sceso ormai al 26,73% circa hanno alleggerito la pressione europea e il dibattito pubblico sul futuro della banca senese.
Ma ovviamente, se Unicredit procederà con Commerzbank, l’opzione MPS si indebolirebbe in maniera consistente, se non definitiva.
Potrebbe anche naufragare così l’ipotesi di metà 2021 (ormai in realtà una lontana suggestione) di spezzatino di MPS con quote a Unicredit e Mediocredito centrale e successivo passaggio della nuova Unicredit-MPS verso Mediobanca con l’obiettivo di creare un polo dell’investment banking che è ancora una delle poche aree scoperte della Unicredit targata Orcel.
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Ma le resistenze maggiori potrebbero essere in Germania. È vero che a Unicredit fu concessa la conquista (ben pagata) di HVB nell’ormai lontano 2005, quando Alessandro Profumo poté chiudere la più grande operazione bancaria di livello europeo registrata finora. Ma è anche vero che gli attriti anche politici su Commerzbank potrebbero essere ben più consistenti che sul caso HVB.
Il membro del consiglio di sorveglianza di Commerzbank Stefan Wittman ha già dichiarato a Reuters che farà tutto quello che è in suo potere per impedire un eventuale takeover di Unicredit sull’istituto tedesco.
La questione è attualissima, ma emerge anche qualche favore. Friedrich Heinemann, esperto del celebre istituto Zew, afferma: "Potrebbe avere senso unire le due banche, inclusa una prospettiva di acquisizione. Anche per gli standard europei, Commerzbank è una piccola banca che non ha le dimensioni necessarie per operare con successo nel lungo termine". Secondo Heinemann inoltre, la presenza di Unicredit con HVB in Germania non dovrebbe comunque portare a problemi di concorrenza in caso di conquista anche di Commerzbank, il panorama bancario tedesco sarebbe abbastanza vario da assorbire la concentrazione insomma.
E sul fronte istituzionale anche Moritz Schularik, professore del Kiel Institute per l'economia mondiale (IFW), approva il senso economico di eventuali operazioni di consolidamento nel settore bancario tedesco.
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Il valore della banca di Francoforte, nel frattempo, come detto, vola. La capitalizzazione con il balzo di queste ore è salita a 17,19 miliardi di euro e a essere cinici Unicredit potrebbe già rivendere con un grosso profitto. Ma operazioni sul 9% di una banca europea (circa un miliardo e mezzo in soldoni) non si fanno soltanto in ottica speculativa.
Unicredit in queste ore capitalizza 58,87 miliardi di euro e ha le risorse per portare avanti un merger di questa taglia.
Oltretutto un’operazione di questo tipo potrebbe andare incontro alle istanze del rapporto Draghi sulla competitività se fosse raccolta a Bruxelles la sua suggestione sulla necessità di “scalare” le banche europee su dimensioni comparabili ai giganti statunitensi che ancora oggi vedono un gigante come JP Morgan capitalizzare da solo più delle prime dieci banche europee messe insieme (e questo vale anche per Bank of America e Wells Fargo).
Per converso una grossa operazione transfrontaliera potrebbe fornire segnali facilitanti al completamento dell’unione bancaria, da sempre un obiettivo mancato delle commissioni europee di passaggio.
Le suggestioni possono essere tante insomma, anche sul fronte industriale e macroeconomico, con l’Italia e la Germania assillate da una crisi dell’auto (di natura diversa per entrambe) e della sua competitività sui mercati internazionali. Un fil rouge che parte dalla componentistica italiana e passa dai colossi tedeschi in crisi come Volkswagen e BMW e arriva all’export tedesco mediato al 30% da Commerzbank potrebbe ricucire una strategia veramente europea per questa fase di profonda crisi programmatica europea.
Suggestioni alte, che però dovranno confrontarsi con tutti quegli attriti inevitabili in questo genere di dossier.
Un banco di prova, sicuramente, della direzione in cui andrà prossimamente l’Europa.