Borsa Oggi: risiko telecom, non solo TIM, ecco le partite calde
pubblicato:Iliad, Vodafone, TIM, Fastweb, Tessellis... clima rovente nel mondo telecom, si preparano operazioni importanti. Ecco che succede
Telecom in movimento, non solo TIM, ma tutto il settore, non solo in Italia, ma in Europa.
E non è scontato perché sebbene i grandi gruppi UE delle tlc siano in gran parte multinazionali, i vari concreti mercati nazionali fanno spesso storia a sé per regole e soprattutto per prezzi.
Soprattutto in Italia dove i vari operatori e soprattutto l’indebitata TIM ormai costretta a vendere la rete, lamentano prezzi troppo bassi rispetto al resto d’Europa e una concorrenza che non permette margini e sviluppo per il settore.
Dall’altro lato i cattivi: la francese Iliad di Xavier Niel che in Italia ha rotto le già intaccate uova nel paniere di TIM e degli altri player, come Vodafone o Fastweb o Tessallis/Tiscali/Linkem o ancora Wind Tre. Tutte sott’acqua con le offerte mirabolanti dei francesi per le quali gli Italiani ringraziano, ma i bilanci dei concorrenti soffrono.
Italia: Iliad, motore del mercato
Possibile che la competitività possa essere un male? Ancora più difficile dirlo da quando Iliad si è delistata in Francia, anche se il debito emesso le impone comunque di fornire risultati finanziari che possono essere indicativi.
Nei primi nove mesi del 2023 Iliad ha registrato ricavi da 6,797 miliardi di euro in crescita del 10,1%. Sono performance molto diverse per Paese. In Francia siamo a 4,457 miliardi (+8,3%), in Polonia siamo a 1,588 miliardi (+4,4%) e in Italia siamo a 764 milioni di euro (+12,5%).
L’EBITDAaL (l’ebitda after lease spuntato nel settore dopo la rivoluzione l’IFRS 16) di Iliad è cresciuto del 5,1% a 2,545 miliardi di euro. La crescita per la Francia è del 4% a 1,736 miliardi. In Polonia 620 milioni (+2,4%), in Italia solo 189 milioni, ma con un balzo del 28,7% e un margine del Bel Paese (EBITDAaL/Ricavi al 24,7%) che si avvicina a quello francese (25,5%) contro il 13,9% soltanto della Polonia.
I capex (investimenti operativi) sono 1,21 miliardi in Francia (+13,3%), 186 milioni in Polonia (+2,2%) e 194 milioni in Italia. I quasi 200 milioni italiani segnano un calo del 35,8% sull’anno scorso, ma questo è dovuto alla fine degli interventi sui siti radio per la telefonia mobile, con oltre 10 mila siti radio “messi a terra” e investimenti dichiarati a fine novembre 2022 a 3,8 miliardi di euro in Italia.
I dati però non forniscono indicazioni sul risultato netto del gruppo, bisogna tornare al 2022: quell’anno è stato eccezionale con un balzo degli utili del 58,8% a 608 milioni di euro e un +10,3% dei ricavi a 8,369 miliardi.
Notiamo però che anche il debito netto ha continuato a crescere in maniera importante da 8 a 10,81 miliardi di euro, a fronte di un patrimonio netto di 5,21 miliardi.
Con l’Italia che fa un po’ da eccezione: il free cash flow operativo, ossia i flussi cassa operativi OCF calcolati come differenza tra il citato EBITDAaL e i CAPEX, è positivo per Francia e Polonia mentre per l’Italia è ancora molto negativo, per 170 milioni di euro nonostante ci sia stato un forte miglioramento rispetto ai -333 milioni dell’anno prima. È verosimile però che visto il taglio dichiarato del capex del 36% quasi in nove mesi, i flussi ricevano una bella spinta quest’anno in Italia.
In questo contesto giunge la nuova offerta per Vodafone Italia. Tanti soldi subito (6,5 miliardi di euro e un finanziamento soci da 2 miliardi), ma i vostri clienti business che diventano miei molto presto e una valutazione di Vodafone Italia in calo dagli 11,25 miliardi di un anno fa a 10,45 miliardi di euro.
E’ ufficiale che per Vodafone le cose così non vanno, bisogna tagliare il debito e rendere profittevoli le attività. La lettura generale è che l’offerta sia stata più che altro un’alzata di mano tesa a entrare nella partita che, secondo i rumors, vedeva già un dialogo in corso tra Fastweb e Vodafone per l’Italia.
La concentrazione in Italia riparte, d’altronde il caso di Tessellis, ossia Tiscali+Linkem, aveva confermato che ci sono troppi operatori in giro per fare margine a questi prezzi.
E in fondo parla di margini anche la vendita della rete di TIM.
Telecom: in Italia il caso Vodafone al centro
L’amministratore delegato di Vodafone, l’italiana Margherita Della Valle sta da tempo cercando di risanare il gruppo britannico e da poco, non a caso, aveva dichiarato di guardare per l’Italia a tutte le opzioni.
Lo scorso mese Vodafone ha venduto le attività spagnole per 5 miliardi di euro e a giugno ha fuso le attività core britanniche con Hutchinson’s Three.
Focalizzandosi sull’Italia aveva denunciato: “Nessun operatore in Italia ottiene ritorni superiori al costo del capitale, nessuno”.
Un attacco ai prezzi troppo bassi del mercato italiano che riecheggia quanto denunciato da tempo da Pietro Labriola, l’ad di TIM che da tempo denuncia le difficoltà della guerra dei prezzi in Italia.
Ma per Vodafone è solo un pezzo di una partita europea complicata da conti difficili in un periodo di costo del debito in crescita a causa dei tassi d’interesse.
Nel primo semestre dell’esercizio, i sei mesi finiti lo scorso 30 settembre 2023, i ricavi del gruppo sono calati del 4,3% a 21,94 miliardi di euro circa.
L’ Adjusted EBITDAaL è sceso da 7,24 a 6,38 miliardi circa. C’è stata una perdita netta di 155 milioni di euro contro un utile da 1,2 miliardi nella prima metà del 2022.
Anche se il debito ha subito in un anno una sforbiciata del 20% a 36,4 miliardi. Su 21,94 miliardi di fatturato, 2,32 miliardi vengono dall’Italia, 6,4 mld dalla Germania, 3,37 dal Regno Unito, 1,93 dalla Spagna.
Ma mentre la redditività brillante tedesca è al 39,5% in termini di EBITDAaL/ricavi, è solo al 27,8% in Italia, più che del 19% del Regno Unito e del 20,4% della Spagna, ma comunque meno della media complessiva del gruppo posta al 29,1% e meno del ramo internazionale Vodacom (34,6%) con punte di forza in Sudafrica ed Egitto.
Il gruppo è in piena rivoluzione, e riflette dei cali dovuti al ridimensionamento importante del perimetro con la vendita di Vantage Towers, Vodafone Hungary e Vodafone Ghana l’anno scorso.
Il patrimonio totale è in calo di 61,5 miliardi di euro a fine settembre, ma costi di finanziamento da 1,47 miliardi di euro a semestre contro un utile operativo da 1,65 miliardi di euro impongono una dieta ferrea.
In questo contesto l’annuncio a fine ottobre della vendita delle attività spagnole al fondo Zegona per 4,1 miliardi di dollari in contanti e fino a 900 milioni di euro in azioni privilegiate riscattabili.
In questo filone anche la fusione tra le attività britanniche proprie e quelle di CK Hutchinson (Tre approvata in sede UE a novembre: una fusione carta contro carta da 15 miliardi di sterline (circa 17,3 miliardi di euro, stime Reuters) che prevede Vodafone al 51% e investimenti per 11 miliardi di sterline in 10 anni.
Difficile dire se in Italia si procederà con la cessione implicita all’operazione con iliad o con una partnership con Fastweb o con qualche altra operazione.
Di certo Vodafone non lascerà le cose come stanno e di certo avrà un ruolo chiave nell’evoluzione generale del contesto che sembra volgere appunto alla concentrazione degli operatori.
Telecom: il caso TIM ovviamente
La notizia di oggi è che anche F2i gioca serio sulla vendita della rete di TIM: ha appena raccolta più di 1,56 miliardi di euro con il quinto fondo e sale quindi a circa 7,4 miliardi con la raccolta di tutti e 5 i fondi.
Oggi il consiglio di amministrazione della SGR guidata dall’ex A2A Renato Ravanelli dovrebbe varare il nuovo fondo dedicato all’operazione Netco, la rete di TIM. Circa un miliardo di euro le risorse da raccogliere per comprare il 10% della rete.
Un altro 20% è prenotato dal Ministero dell’Economia, ovviamente capofila KKR che sarebbe a sua volta appoggiata dal fondo di Abu Dhabi Adia.
Anche F2i dovrebbe potere eleggere un consigliere come il MEF a operazione conclusa.
La notizia di questa settimana era che Vivendi ha sì citato TIM sul via libera del cda alla vendita della rete a KKR (data 5 novembre), ma “Vivendi non ha formulato alcuna richiesta cautelare, né ha chiesto di inibire in via d’urgenza l’esecuzione della delibera e degli atti negoziali conseguenti”, come ha scritto TIM.
Il socio francese al 23,75% del capitale non ha insomma bloccato tutto subito e questo è stato letto positivamente dal mercato, anche perché il tono dello stringato comunicato di TIM sul caso suonava come un “comunque andiamo avanti come da piano”.
E il titolo risale. Dai minimi di venerdì scorso ai massimi di oggi (da cui però ha ripiegato in queste ore) ha guadagnato quasi il 20% sfruttando diversi fattori.
La barra dritta del consiglio di amministrazione sulla vendita della rete nonostante la citazione “soft” di Vivendi.
Il clima di merger & acquisition riesploso con la proposta di iliad a Vodafone (e la ServiceCo che rimarrà di TIM dopo la vendita della rete potrebbe guardarsi attorno come suggerito dal management).
E un’atmosfera più generale di movimento nel settore telecom europeo che incoraggia l’appeal speculativo. In Spagna infatti il fondo pubblico Sepi (Sociedad Estatal de Participaciones Industriales) ha approvato l’acquisto fino al 10% di Telefonica il colosso nazionale e sudamericano delle telecomunicazioni in passato anche azionista di peso di TIM. Non c’era un socio pubblico spagnolo in Telefonica dal 1997, ma c’è anche da dire che forse si temeva l’ingresso recente della saudita Stc (Saudi Telecom Company) che ha comprato a fine ottobre il 4,9% di Telefonica con un’opzione su un altro 5%.
Bene o male c’è un gran movimento insomma. Si potrebbe pure parlare di Tessellis che sta per lanciare un’opa a sconto su Go Internet, dopo essere salita al 60% di Aetherna; ma di fronte a questi investimenti miliardari, è partita di periferia, almeno per ora.
Anche se è chiaro che in questa fase, come qualcuno ha sottolineato, tutti parlano con tutti e le combinazioni del risiko delle telecom preparano un Natale caldo per il settore.