Stellantis, al via la ricerca del successore di Tavares
pubblicato:La casa avvia il processo di successione (che non esclude la riconferma del manager). L'azione con perdite del 51% dai massimi di marzo è in caduta libera (e i multipli si comprino), i bilanci hanno registrato forti cali quest'anno. Forse l'asso nella manica di Tavares è la cinese Leapmotor?
La ricerca di un nuovo CEO per Stellantis. Il mandato di Carlos Tavares scadrà nel 2026, non proprio domani, ma è normale per una multinazionale cominciare a valutare le opzioni per tempo. Potrebbe insomma essere un atto formale, doveroso per uno dei maggiori produttori di auto del mondo.
Tuttavia inevitabilmente la notizia di questo processo, che – per inteso – comprende anche la riconferma di Tavares tra le possibili opzioni, porta a nuove valutazioni sull’operato del manager che ha forgiato la casa nata dalla fusione tra FCA e PSA fin dalla nascita nel 2021.
Stellantis, Tavares fu un prima linea nella nascita del gruppo
Era infatti il 21 dicembre del 2018 quando, da CEO della francese PSA (Peugeot-Citroen), Tavares contattò Michael Manley, che allora guidava la FCA di Exor, con la proposta di valutare una possibile fusione. L’appuntamento fu fissato al Salone di Ginevra, appuntamento internazionale di rango nel territorio neutrale svizzero.
Fondere la maggiore casa italiana (ormai proiettata da tempo negli Stati Uniti con l’acquisizione di Chrysler) con la scricchiolante casa francese richiedeva prudenza. Manley disse di sì, ci sarebbe visti al Salone previsto tra il 7 e il 19 marzo 2019, c’era tempo per pesare i numeri.
L’incontro fu preparato da contatti tra Olivier Bourges, vicepresidente esecutivo di PSA, e da Doug Ostermann, il vicerpresidente di Stellantis. I due CEO si incontrarono il 4 marzo a Ginevra, con il supporto di altri manager.
Il primo aprile 2019 fu siglato tra le case un accordo confidenziale per lo scambio di informazioni. Il 2 e 3 aprile Bourges e Christophe Pineau (direttore della strategia corporate di PSA dopo 4 anni passati alla costruzione a Shenzen della fabbrica di DS del gruppo) vanno a Detroit per incontrare Ostermann che incontra di nuovo Bourges a Parigi il 16 aprile.
Ma l’incontro decisivo è quello del 14 maggio 2019 in cui Tavares e Manley rivedono tutti i piani per le sinergie e i vantaggi dell’eventuale fusione approntati con McKinsey nelle settimane precedenti.
Il dossier è ancora aperto però, FCA gioca su più tavoli: il 27 maggio invia a Renault una proposta non vincolante per una fusione paritetica interrompendo le trattative con PSA ovviamente.
Il “piano Renault” ha però vita breve, già il 6 giugno 2019, appena 10 giorni dopo, le trattative tramontano e dopo due settimane Robert Peugeot contatta John Elkann e riavvia il tavolo delle trattative.
Lo schema di una “fusione tra pari” si consolida a luglio, Goldman Sachs fa da consulente finanziario a FCA, Morgan Stanley supporta PSA.
Carlos Tavares incontra John Elkann il 10 agosto del 2019, ma non c’è intesa sui termini. Tavares rivede Michael Manley a Francoforte a ottobre, per il salone locale dell’auto e riparla della fusione. Il punto di caduta si trova poco tempo dopo: fusione tra pari, PSA redistribuisce prima ai soci le quote di Faurecia, FCA pagherà prima delle nozze ai soci dividendi straordinari per 5,5 miliardi di euro e le quote in Comau.
A fine mese i negoziati finiscono sui giornali internazionali, i consigli di amministrazione approvano, l’accordo viene comunicato al mercato. Ma di lì a poco scoppia l’epidemia globale del Covid 19 e i termini andranno rivisti, anche se l’operazione resta in piedi.
Carlos Tavare sarà il CEO del nuovo gruppo, anche se c’è da subito un altro membro esecutivo nel consiglio di amministrazione, il presidente John Elkann. A Robert Peugeot va la vicepresidenza. La longa manu francese è un po’ dappertutto: c’è da subito nel board Henri de Castries, già storico manager di Axa con un passato dal Dipartimento del Tesoro, c’è Nicolas Duforq, anch’egli proveniente dalla famosa ENA (la celebre scuola per l’amministrazione francese) che ha guidato Capgemini e guida Bpifrance, la banca pubblica che controlla le partecipazioni strategiche dello stato francese.
L’equilibrio azionario è d’altronde delicato ancora oggi con Exor al 14,2%, la EPF dei Peugeout (Établissements Peugeot Frères) al 7,08%, la Bpifrance Participations S.A. al 6,09% (quindi il 13,17% fra i due maggiori azionisti francesi). I diritti di voto, riportiamo dall’ultimo bilancio 2023 di Stellantis, sono per il 22,29% di Exor, per l’11,12% di EPF e per il 9,9% di BPI (per i due francesi fa il 21,02%), incrementati dai meccanismi di azioni a voto speciale.
Stellantis, un brutto 2024 in bilancio e in Borsa
Ma i conti sulle quote di proprietà si fanno soprattutto quando devono spartirsi dei profitti e per ora Stellantis è in forte frenata, sia sul fronte degli utili che in Borsa. Il primo semestre si è concluso con ricavi globali in calo da 98,37 a 85,02 miliardi di dollari. L’utile operativo adjusted è calato da 14,12 a 8,46 miliardi e l’utile netto si è quasi dimezzato da 10,92 a 5,64 miliardi.
I flussi di cassa dalle attività operative nel semestre sono passati da 13,39 miliardi nella prima metà del 2023 a 4,89 miliardi nella prima metà del 2024. Il free cash flow industriale è scivolato in rosso di 392 milioni contro il saldo positivo di 8,65 miliardi del primo semestre 2023.
In Borsa non va meglio: quando il 25 luglio sono stati diffusi i dati il titolo ha aperto un gap down di un euro che non è stato ancora ricolmato. Qualcosa di simile era accaduto il 30 aprile con la prima trimestrale. Tra i massimi dello scorso marzo a 27,35 euro e i minimi del 10 settembre a 13,362 euro c’è un crollo delle quotazioni di oltre il 51% praticamente i corsi sono tornati all'inizio del 2023.
Certo fioccano i profit warning nel settore dell’auto occidentale, da Volkswagen che vuole licenziare 15 mila persone e chiudere tre impianti in Germania a BMW che ha da poco tagliato la guidance 2024 a Mercedes che prevede un ebit 2024 in calo significativo.
Auto, mercato in crisi per la Cina, ma Stellantis arretra anche negli Stati Uniti
E non è solo la Cina che ha una domanda debole per le auto di lusso tedesche, ma una geografica più ampia che soffre e forse anche un problema di prodotto.
Negli Stati Uniti, il primo mercato del gruppo, Stellantis ha registrato da gennaio a ad agosto del 2024 un crollo delle vendite del 16,8% a 887.280 unità. Nello stesso periodo nel mercato a stelle e strisce Volkswagen cresceva del 26,6% a 251.392 veicoli mentre le Mercedes miglioravano del 4,7% a 241.521 veicoli venduti, le BMW aumentavano del 4,3% a 235.253 veicoli, ma le Audi crollavano del 15,2% a 126.121 veicoli.
Battaglie tra le retrovie? Nello stesso periodo la prima casa americana tra auto e pickup era GM a 1,73 milioni di veicoli (+0,1%); poi Toyota con 1,566 milioni di vetture (+10%!) e Ford 1,38 milioni di veicoli +(3,6%). Il calo a doppia cifra portava Stellantis dietro Honda che con il suo +11,5% negli 8 mesi in cui Stellantis perdeva il 16,8% balzava a 950.993 veicoli venduti negli States. Non fanno tutti la stessa cosa e quindi le differenze vanno indagate.
Ma passiamo all’Europa. Da gennaio ad agosto il mercato delle quattro ruote per passeggeri complessivamente è cresciuto dell’1,4% a 7,18 milioni di veicoli. Che ha fatto Stellantis nel periodo? Ha venduto 1,25 milioni di auto con un calo del 3,2%
Ad agosto ha perso il 29,5% delle immatricolazioni ad appena 92.667 unità. Certo in estate hanno fatto tutti male da Volkswagen (-14,8%) a Renault (-13,9%). Ma il saldo complessivo ci dice che Toyota è cresciuta del 17,9% negli 8 mesi con 571 mila vettura, tallona le 575 mila di Hyundai e si pone al quinto posto per volumi di vendita dopo Volkswagen, Stellantis, Renault e Hyundai.
Si vendono molte più Toyota e Hyundai nei 9 mesi (1,14 milioni) che BMW e Mercedes (831 mila) e se c’è un gruppo europeo che brilla quest’anno è Volvo che segna negli 8 mesi un balzo delle immatricolazioni a 192.365 vetture vendute, un +37,8%. Ma come noto Volvo è già in gran parte cinese, il suo presidente si chiama Li Shufu ed è anche il presidente di Geely, il colosso cinese dell’auto da lui fondato nel 1986. Geely è il secondo azionista di Volvo Cars con il 14,7% dei diritti di voto. Il primo è Industrivärden una holding quotata il cui primo socio è Lundbergs, altra quotata con importanti quote anche in Husqvarna e in Handelsbanken. Pesano nel board anche i rappresentanti dei lavoratori, ma la casa va bene sotto la guida cinese che passa anche dalla vicepresidente Lone Fønss Schrøder.
Stellantis, le prospettive
Tornando a Stellantis il piano industriale finora confermato è Dare Forward 2030. Si tratta di una prospettiva abbastanza ampia da accogliere le defaillance del gruppo quest’anno. Peraltro tra i pochi obiettivi economici che contiene c’è il pieno raggiungimento dell’integrazione del gruppo con 5 miliardi di euro sinergie. C’è l’obiettivo di oltre 45 modelli BEV nel globo (Bev stà per Battery Electric Vehicles e sono le auto al 100% elettriche), ci sono tante promesse sull’elettrico che dal marzo 2022, anno di lancio del piano, a oggi si sono dovute rivedere.
L’outlook di Stellantis per il 2024 sul fronte economico prevede un’evoluzione neutrale dei ricavi (il piano prevedeva circa 200 miliardi, ma nel primo semestre si è scesi come visto a 85 mld).
Un margine dell’utile operativo adjusted a doppia cifra (siamo a 8,46 mld, quindi nel primo semestre il margine era al 9,95% sotto target, ma a un passo) e si prevede un free cash flow industriale positivo (come visto nel semestre è stato negativo per 392 milioni).
La tappa intermedia del prossimo 31 ottobre, quando si avranno i dati del terzo trimestre, sarà fondamentale e non è da escludere un aggiornamento delle stime in corso dopo i citati casi tedeschi.
Né si può escludere che il confronto tra gli azionisti e Tavares non faccia parte di un negoziato. L’uomo è ambizioso: mentre lavorava per Renault sotto il CEO Carlos Ghosn dichiarò di volere fare l’amministratore delegato di una casa automobilistica magari la Ford o la General Motors (GM)… con il risultato inevitabile della defenestrazione, ma anche con la rapida assunzione in PSA Peugeot da cui poi giunse in Stellantis, come visto.
Era il novembre 2013 e Peugeot veniva da una perdita di 3 miliardi di euro, da un finanziamento dello Stato francese con 3 miliardi di euro, da un investimento dello Stato francese e di Dongfeng Motor Group di 800 milioni di euro ciascuno per una quota del 14% che alleggeriva la presa della famiglia Peugeot in evidente difficoltà. La casa si riprese e si fuse.
Oggi il grafico di Stellantis non però una bella storia. Ha violato con il gap down citato il ritracciamento di tutta l’ascesa dai minimi del 5 luglio 2022 a 11,158 euro, livello che è da considerare il target del movimento ribassista in atto dai citati massimi di marzo, almeno che non lo frenino i supporti di area 13 o 12,10 euro. Non proprio una bella prospettiva.
Se però l’azione riuscisse e riconsolidare una base (che non è in vista), i corsi potrebbero avviare un recupero anche importante, corroborati dal potenziale di crescita racchiuso in multipli estremamente compressi.
Se la società mettesse in cassa ricavi invariati come da piano e una redditività in linea con il primo semestre, gli utili potrebbero raggiungere i 12,53 miliardi. Questo significa ai corsi di oggi un P/E forward di appena 3,49x, davvero sacrificato. I calcoli fatti da Reuters riportano di un P/E TTM ordinario di 3,06x e di un Forward P/E a 2,55x, che implica un utile 2024 atteso a 17,2 miliardi di euro.
Comunque sia se il mercato prezza poco il titolo una ragione c’è (almeno due trimestrali). Certo il titolo in queste ore recupera lo 0,71%, forse giova anche l’apertura degli ordini per le Leapmotor cinesi, una city car e un SUV per la cui vendita fuori dai confini della Repubblica Popolare Stellantis ha l’esclusiva. Con prezzi molto competitivi, dai 18.900 euro per la city car T03 e da 36.400 per il SUV C10. Tavares ci punta molto, forse per questo ha ribadito che le regole sulle emissioni di CO2 che dall’anno prossimo imporranno alle case europee una prima stretta sulle emissioni.
Il presidente di Acea (e CEO di Renault) Luca de Meo ha lanciato l’attacco denunciando il rischio di multe per 15 miliardi di euro che piegherebbero l’industria europea delle quattro ruote se fossero rispettate le regole che impongono una flotta con emissioni complessive da 95 grammi di CO2 per chilometro (facendo la media tra tutti i veicoli nuovi) e un target successivo da 93,6 grammi da raggiungere nel 2029).
La richiesta l’hanno fermata quasi tutti: da Renault a Volkswagen, da BMW a Ford, da Volvo a Honda e Nissan a Toyota, anche Iveco nei veicoli commerciali. Ma forse l’asso nella manica di Tavares è proprio Leapmotor. Se tutti vogliono cambiare le regole del gioco in partita e uno soltanto non vuole, vuol dire che si aspetta di vincere. Un altro colpo di scena?
Per ora il mercato valuta la notizia dell’avvio del processo di successione con cinismo, premiando il titolo. Per il manager non è proprio un buon viatico.