Lusso: Richemont brilla, ma Yoox costa cara

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Una svalutazione da 3,4 miliardi di YNAP taglia l'utile complessivo dell'86%, ma i conti per il resto vanno molto bene e le azioni della casa di Cartier e Buccellati innescano un rally. Il lusso insomma tira anche in questo periodo

Lusso: Richemont brilla, ma Yoox costa cara

Il lusso tira. A metà seduta l’indice delle prime dieci società europee del lusso macina rialzi in scia a Richemont. Stoxx Europe Luxury 10 +1,35%

Il colosso svizzero di gioielli, orologi e accessori come Piaget e Cartier, ma anche Buccellati, riesce a registrare un crollo dell’utile dell’86% e ad aggiornare i massimi storici in Borsa a 161,1 franchi. Brillante, è il caso di dirlo. Ma ci sono dei motivi, ovviamente.

Richemont, risultati ordinari in forte crescita

A partire dal fatto che le vendite sono cresciute del 19% rispetto al 2022, sfiorando i 20 miliardi di euro (€ 19,95 mld per l’esattezza).

Il margine lordo è cresciuto ancora di più, un +23% a 13,72 mld.
Tanto che l’utile delle attività ordinarie segna un balzo del 60% addirittura a 3,911 miliardi di euro.
E qui si capisce subito che quel crollo degli utili complessivi deriva da qualche una tantum.

Richemont, Yoox e Farfetch… quanto costa un marketplace

Il crollo degli utili deriva dal lato più italiano del bilancio la Yoox-Net-A-Porter (YNAP) che il colosso svizzero ha comprato appena nel 2018 con un’offerta da circa 2,78 miliardi di euro e ora mette in vendita.

L’accordo con Farfetch e Alabbar è già stato firmato da un pezzo, dallo scorso agosto, e spunta quindi nel bilancio dell’esercizio appena chiuso con il 31 marzo 2023. Era già la fine dell’estate quando il gruppo annunciava la vendita a Farfetch del 47,5% di YNAP e ad Alabbar di un altro 3,2%

Farfetch è una piattaforma tecnologica dedicata proprio all’industria della moda e sposata con quell’operazione anche da Yoox. In altre parole un altro mercato virtuale, con numeri importanti.

In realtà le cose lì non vanno tanto bene, anzi. Soltanto a guardare il grafico di Farfetch (FTCH), si nota che l’azione ha perso più del 95% dai massimi di inizio 2021 e ormai vale poco più di 4 dollari. Un disastro davvero globale, visto che la società è di stanza a Londra, quota a New York ed è stata fondata del portoghese José Neves nel 2007.

L’ultimo trimestre si è chiuso con una perdita dopo le imposte di 177 milioni di dollari e nel 2022 il gruppo ha registrato un crollo dell’utile del 76% circa a 344 milioni di dollari. Soprattutto a causa proprio della brutta chiusura d’anno che ha visto i ricavi diminuire del 5,5% a meno di 630 milioni di dollari.

Si ci è messo anche un contesto difficile per tutto il settore, il rallentamento della Cina, la guerra in Russia, un effetto cambi molto sfavorevole (i ricavi nel trimestre sarebbero cresciuti del 2,2% a cambi costanti), una domanda in calo…

Di fatto il gross merchandise value (GMV), ossia il Valore lordo di tutta la merce che transita sul marketplace, forse la metrica più importante di tutto l’e-commerce, è crollato nel quarto trimestre di quasi il 12% rispetto all’ultima parte del 2021 e il CFO Elliot Jordan che era nel gruppo da 8 anni ha annunciato che se andrà entro la fine del 2023, dopo che già a gennaio diversi ruoli di peso del gruppo erano stati rivisti e a inizio dicembre il titolo era crollato in Borsa su nuovi minimi a seguito di una revisione delle previsioni che includeva tagli dei costi per 85 milioni di dollari e nuove spese per 170 milioni per le nuove importanti partnership.

Richmont ridisegna la partnership, ma perde 3,4 miliardi

E qui si torna a Richemont, visto che ovviamente la partnership su Yoox era ed è una delle più importanti, anche se già si vedevano anche le prospettive degli accordi con Bergdorf Goodman, Ferragamo e Reebok.

Richemont in pratica ha registrato un impatto pesante dall’operazione con Ferfetch. Da subito ha infatti precisato che la vendita del controllo di YNAP entro 12 mesi (quindi entro il prossimo agosto) avrebbe avuto un impatto, se autorizzata dai vari regolatori. Infatti il colosso dei Cartier stimava già una svalutazione di circa 2,7 miliardi di euro sulla cessione del gruppo di Yoox e trasferiva tutti gli asset di YNAP sotto la voce “asset disponibili per la vendita” (“held for sale”).

In realtà con questo bilancio la svalutazione non-cash di YNAP sale a 3,4 miliardi di euro e copre gran parte delle perdite non ordinarie (3,6 mld).

L’accordo cementa comunque la partnership perché Richemont otterrà anche una quota di azioni A pari a circa il 12-13% di Farfetch. Altri 250 milioni di dollari dovrebbero arrivare- sempre in azioni Farfetch entro cinque anni dal completamento della prima fase dell’accordo.

Cosa che ora è prevista più genericamente entro la fine del 2023. La seconda parte dell’intesa prevede meccanismi di put e call che potrebbero permettere a Farfetch di salire al 100% di YNAP.

Ma come è andata YNAP?

Il bilancio dell’anno scorso mostra vendite in crescita del 4%, ma trascinate da Net-A-Porter e Mister Porter nel Regno Unito e negli States, mentre la buona performance di Yoox in Europa e Usa non ha bilanciato l’impatto della sospensione delle attività commerciali in Russia.   

Richemont, ma il resto corre a due cifre

Al netto di questo grosso buco, Richemont ha comunque fatto molto bene e anche le performance di oggi lo dimostrano.

Nei 12 mesi fino al 31 marzo 2023 le vendite sono cresciute del 33% in Europa e del 56% in Giappone, bilanciando quello stentato +1% asiatico (Cina compresa), che però vale ancora il 40% dei ricavi del gruppo.

Alla faccia dell’ecommerce il retail “fisico” ha fatto da solo quasi tutto, con un +17% complessivo che porta il peso sulle vendite del canale tradizionale al 68%: più di due terzi degli scontrini sono in negozio insomma. Vanno bene però anche online retail (+6%) e wholesale (+8%).

Complessivamente ricavi e utile operativo (+34% oltre i 5 miliardi) sono ai record storici. La cassa è a 6,5 mld, il cash flow dalle attività operative a 4,49 mld. Il dividendo proposto sale a 2,50 franchi cui si aggiunge la proposta di un ulteriore dividendo speciale da 1 franco (sempre per i titoli A).

Non stupisce che il titolo salga e trascini il settore. D’altronde il lusso riesce spesso a fare molto bene anche in tempi difficili come questi.