Borsa Italiana, nove azioni da guardare (o no) in vista del dividendo di martedì

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
8 min

Banca Mediolanum, Campari, Ferrari, Iveco, Maire, Piaggio, Prysmian, Stellantis e Unicredit. Nove brevi spunti sulle prime grosse cedole di Piazza Affari

Borsa Italiana, nove azioni da guardare (o no) in vista del dividendo di martedì

 

Prima infornata di dividendi nel martedì dopo il lunedì dell’Angelo: il 22 aprile andranno in stacco le cedole di importanti società del Ftse MIB e i rendimenti dei dividendi in arrivo sono saliti con il terremoto dei dazi che ha falciato il valore di diversi gruppi.

Il recupero delle quotazioni delle ultime sedute non ha cancellato le percentuali generose di molte distribuzioni in arrivo, ma va detto che i trader spesso guardano alla data di stacco dei dividendi come a un’opportunità di ingresso in vista del comune ritorno dei corsi sui valori precedenti lo stacco della cedola nei grafici.

Una regola assoluta in realtà non esiste, ma una statistica si può affiancare a questa breve rassegna per i cassettisti del 22 aprile, una popolazione di investitori meno ricca di quella del prossimo dividend day come il 19 maggio prossimo, ma comunque rilevante.

Passiamo ai numeri

Banca Mediolanum

Banca Mediolanum staccherà martedì prossimo un dividendo da 63 centesimi. Si tratta di un rendimento del 4,71% sui corsi attuali della banca dei Doris, nonostante ci sia stato già un acconto sul dividendo di 37 centesimi lo scorso novembre. Nel 2024 Banca Mediolanum ha registrato un utile netto da 1,12 miliardi di euro, un record che segna una crescita del 26% dei profitti e ha consentito al board di proporre una cedola complessiva da 1 euro. Spesso trascurata tra i titoli forti di Piazza Affari, Banca Mediolanum ha approfittato più di recente dell’appeal dei risparmio gestito dell’ultimo anno, macinando risultati sostenuti da una forte raccolta e dall’aumento dei clienti.

Un trend generale che ispira una cauta fiducia sull’evoluzione culturale del risparmio italiano, da anni accusato di sfiducia nelle soluzioni di investimento e recentemente invece mostratosi più dinamico, grazie anche ai rialzi consistenti dei mercati azionari italiani. Il ruolo cardine di Banca Mediolanum su molte ‘partite grosse’ di Piazza Affari (per esempio la prossima partita di MPS su Mediobanca e di Generali) lascia ben sperare per il futuro. Reduce da un rialzo del 35% nell’ultimo anno, nonostante i recenti ritracciamenti, il titolo viaggia a 8,9 volte gli utili del 2024 (P/E), un prezzo decisamente interessante, ma che andrà bilanciato con la valutazione del rischio su un settore ciclico come quello del risparmio gestito. Il ribasso dei tassi d’interesse della Bce non è un grosso pericolo per Banca Mediolanum: nel 2024 il margine d’interesse era di 811 milioni a fronte di commissioni nette per quasi 1,17 miliardi.

Campari 

Anche Campari staccherà martedì una cedola: 0,065 euro, in linea con quella del 2024 nonostante le difficoltà che negli ultimi due anni la compagnia ha avuto sul fronte della governance, delle vendite, delle valutazioni di Borsa. L’azione del colosso dei drink ha perso più del 60% del proprio valore di Borsa dai massimi del 2023 e ha aggiornato appena lo scorso 7 aprile i minimi pluriennali a 5,072 euro, livelli che non si vedevano dal 2020. Il crollo del titolo della compagnia dei Garavoglia non lascia molti spunti per i cassettisti e si presta piuttosto al trading più ardito con un chiaro orientamento ribassista. Con gli ultimi affondi il gruppo ha lasciato alle spalle i supporti di area 6,7 che ospitavano il ritracciamento del 61,8% di Fibonacci di tutto il movimento fatto dal titolo tra il 2015 e il 2021. Ora è una resistenza avvicinata senza successo anche con l’ultimo rimbalzo del titolo, ma sembra più probabile che i vicini supporti di area 4,8 euro siano il prossimo target di un ampio movimento ribassista. Resta un supporto chiave nella citata area dei 5 euro, il suo cedimento riattiverebbe il downtrend con ampi spazi di deprezzamento. Un rimbalzo, già tentato in effetti questo mese dovrebbe spingersi oltre i 6,5 euro e superare i successivi ostacoli di area 6,7, per costruire una figura di doppio minimo con target in zona 8 euro. Tutto da verificare. Il rendimento dell’1,15 della cedola da € 0,065 di martedì prossimo non è certo dei più attraenti del mercato, ma dovrebbe anche scongiurare, in fase di stacco, il pericolo di cedimento degli importanti supporti appena citati.

Ferrari

Ferrari. Un rosso del tutto diverso quello di Ferrari che staccherà per i soci un dividendo da 2,896 euro per azione martedì prossimo. Il dividend yield sui prezzi esuberanti della casa di Maranello è di appena lo 0,78% Con un rally degno del ticker Race negli ultimi due anni almeno Ferrari ha dimostrato di sapere coniugare il meglio del lusso e della tecnologia a Piazza Affari, senza cedere alle debolezze dell’automotive. Niente paura neanche di fronte ai dazi di Trump, la clientela di Ferrari non teme certo i dazi. Con una capitalizzazione da 44,95 volte gli utili ordinari e 42,38 gli utili attesi il gruppo si fa pagare caro anche a Milano. Sopravvalutata? Questione di opinioni: come certi grandi di Wall Street, il mercato ha saputo tollerare senza grande fatica questi multipli elevati. Di certo non è un titolo da comprare per la cedola. Storia a parte.

Iveco

Iveco. Il colosso di truck di casa Elkann staccherà martedì un dividendo da € 0,33 in forte crescita dai 22 centesimi di un anno fa. In termini di dividend yield siamo al 2,41% Niente di eccezionale insomma. D’altronde da tempo sono le speculazioni a guidare i corsi di Borsa della compagnia. Con fondamentali abbastanza solidi, ma non brillanti, le azioni di Iveco sono sostanzialmente guidate da un unico grande driver: lo spin-off della divisione Defence, entrata nei radar di Borsa con l’appeal del settore armamenti degli ultimi tre anni. Preso tra folgorazioni un po’ sperticate e disillusioni persino inique, il titolo ha ballato soltanto in questi tre mesi tra gli 8,95 euro e i 17,22 euro, ora quota sui 13,7 euro. Pur con un business tutto sommato tradizionale e ciclico, il titolo Iveco è insomma adatto soltanto agli investitori dotati di stomaco e nervi.

Maire

Maire. Sono ben 35,6 centesimi. La cedola del gruppo Maire vale il 4,4% dei valori di Borsa di questa società spesso trascurata dai radar della cronaca finanziaria. Al centro di un numero di innovazioni industriali, tecnologiche ed ambientali, sicuramente questa eccellenza del saper fare italiano meriterebbe maggiore attenzione. Nonostante tutto il titolo è molto tecnico e non esente da pericoli. Scivolata a quasi 9,7 euro a febbraio a 6,42 euro nel giorno caldo dei dazi lo scorso 7 aprile, l’azione di Maire ora torna in area 8,09 euro, su un’area di resistenza rilevante. Anche i minimi a 6,42 euro erano molto importanti, perché in intraday avevano violato i supporti statici di area 6,7 che si ponevano esattamente sul 50% di tutto il rialzo del titolo dall’estate 2023 al febbraio appena concluso.  Con un 2025 chiusosi con un balzo dei ricavi del 38,5% a 5,9 miliardi e un utile balzato a 2012,4 milioni (+64%). A 13,38 volte gli utili del 2024 (P/E su utile di gruppo), Maire non è regalato, ma parliamo di una società che si aspetta un EBITDA in crescita a doppia cifra ogni anno in media nel prossimo decennio, un payout ratio del 66% dal 2026, che conta 24 centesimi di patrimonio netto per ogni euro investito nelle azioni e una cassa adjusted prevista a 375,1 milioni alla fine di quest’anno. Qualcuno direbbe che costa perché vale. Per chi ci vede lungo.

Piaggio

Piaggio. Con i terremoti sugli hub industriali nel Sud Est asiatico le cui città sono letteralmente inondate di due ruote Piaggio non è sicuramente un titolo poco esposto. La cedola da 4 centesimi vale appena l’1,69% sui corsi attuali. Il titolo cade forse un po’ sfrenatamente dall’inizio del 2023, quando valeva più di quattro euro contro gli 1,77 di oggi. Bruciati tutti i supporti, complici bilanci in calo con ricavi scesi a 1,7 miliardi nel 2024 e utili sforbiciati a 62,7 milioni. Meno di mezzo milione di veicoli venduti l’anno scorso e un debito finanziario netto di 534 milioni a fronte di un patrimonio da 418 milioni. Per i cassettisti sarà forse meglio guardare altrove.

Prysmian

Prysmian. Il titolo del colosso globale dei cavi, sia per l’elettrico che per le telecomunicazioni, non soffre di trascuratezza sul mercato, complice l’appeal di grandi operazioni straordinarie negli Stati Uniti, l’azione da tempo cresce in Borsa, forse anche troppo, mentre è ancora incerto lo sbarco a Wall Street. Gli 8 centesimi in stacco martedì prossimo implicano un dividend yield dell’1,78% Certo c’è anche il buyback a sostenere i corsi, ma con valutazioni che in pochi mesi sono passate da 35 euro a oltre 72 per poi tornare a 45 euro è forse una giostra da raccomandare agli stomaci più robusti (e meno spaventati dal terremoto dei dazi).

Stellantis

Stellantis. Protagonista involontaria di una crisi dell’automotive che i dazi USA hanno soltanto aggravato, la casa in cerca di un nuovo ad dopo il ‘disallineamento’ con l’ex CEO Carlos Tavares è un personaggio in cerca d’autore in un dramma a tinte fosche. I multipli estremamente sacrificati, parliamo di un P/E forward intorno a 3,97, non hanno saputo scongiurare gli ultimi ribassi e anche l’area degli 8 euro non è detto che tenga nel prossimo futuro. Con un dividendo da 0,68 euro in arrivo martedì prossimi, il dividend yield è un fenomenale 8,42%, ma poi bisognerà vedere se il titolo non tornerà a deludere il mercato. Pericolo.

Unicredit

Unicredit. Alle prese con operazioni strategiche tutte in dubbio, dalla conquista di Commerzbank a quella del Banco BPM, la banca di Piazza Gae Aulenti dopo anni di solida remunerazione dei soci sia con i dividendi, che con i buyback aspira a un ruolo europeo di primo piano e senza soggezione si infila nelle partite più calde di Piazza Affari, come Generali. Se riuscisse nella metà delle grandi intraprese avviate, l’ad Andrea Orcel passerebbe alla storia del gruppo e non solo, il passo falso con tanti forni accesi è però sempre facile. Il saldo della cedola da € 1,476 in stacco martedì prossimo da solo vale quasi il 3% di dividend yield. Anche l’azione di Unicredit si è imbarcata nell’altalena di mercato delle ultime sedute. Con un P/E Forward da 8,05 euro, l’azione è tutto sommato appetibile. A patto di accettare il rischio che deriva da un investimento in un settore ciclico ed esposto come quello bancario in questa fase.