Petrolio in accelerazione, ipotesi rappresaglia Israele su pozzi Iran
pubblicato:Biden valuta appoggio USA a un attacco di Tel Aviv contro le infrastrutture petrolifere iraniane
L'escalation in Medio Oriente e il coinvolgimento dell'Iran
Il prezzo del petrolio punta verso l'alto e raggiunge i massimi dal 30 agosto. Al momento il future dicembre sul Brent segna 78,25 $/barile, il future novembre sul WTI 73,60 $/barile. Il greggio si mette alle spalle le incertezze della scorsa settimana quando il Financial Times riportò indiscrezioni secondo cui l'Arabia Saudita (secondo produttore al mondo dietro gli USA e primo esportatore davanti alla Russia) ha deciso di abbandonare l'obiettivo non ufficiale dei 100 dollari al barile per manifesta incapacità di centrarlo, preferendo aumentare la produzione e non perdere quote di mercato.
L'impulso agli acquisti è arrivato dall'escalation nel conflitto tra Israele e i vicini islamici con il coinvolgimento dell'Iran. L'attacco di Tehran probabilmente sarà seguito da una risposta da parte di Tel Aviv e a questo punto si pongono due questioni: quali obiettivi verranno messi nel mirino e se gli USA appoggeranno ufficialmente Israele. I target spaziano dalle installazioni militari a quelle nucleari passando per le infrastrutture di produzione di petrolio.
Le prime difficilmente sfuggiranno alla rappresaglia, mentre le seconde non saranno toccate: troppo alto il rischio che gli iraniani in tutta risposta pestino il pedale dell'acceleratore del processo per arrivare a produrre un ordigno nucleare. Ma soprattutto Biden ha detto a chiare lettere che non appoggeranno Israele in un eventuale attacco a siti nucleari dell'Iran.
Biden valuta appoggio ad attacco pozzi petroliferi
Discorso diverso per i siti petroliferi. Ieri il presidente americano ha affermato che Washington sta parlando con Tel Aviv sulla possibilità di un appoggio USA a un intervento contro le installazioni di produzione di greggio iraniane. Il prezzo del petrolio è immediatamente scattato in avanti: l'Iran è il nono produttore mondiale con una quota del 4%. Colpire le infrastrutture petrolifere del Paese produrrebbe un grave danno dato che costituiscono una componente basilare della sua economia.
Le conseguenze sulle presidenziali USA
Ma proprio per questo motivo un'azione del genere potrebbe produrre una rappresaglia come per esempio un attacco ai pozzi dell'Arabia Saudita e degli altri produttori della Penisola Arabica causando una crisi di grandi dimensioni nel mercato del greggio. Un balzo del petrolio sopra i 100 dollari al barile sarebbe un grande problema per i democratici a un mese dalle elezioni USA. La Casa Bianca farà quindi di tutto per limitare l'intraprendenza di Netanyahu, ma potrebbe anche non riuscirci dato che il premier israeliano fa il tifo per Trump.