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Nike taglia le stime e allarma il mercato

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
3 min

I fatturati del trimestre allarmano il CEO Donahoe, che apre un esercizio di transizione, sforbiciando le stime di vendita. L'azione Nike crolla in pre-market, il settore accusa il colpo

Nike taglia le stime e allarma il mercato

La Nike, il colosso di Beaverton delle scarpe da ginnastica, ha chiuso l’esercizio al 31 maggio 2024 con ricavi da 51,4 miliardi di dollari in crescita di appena un punto percentuale, ma sono stati i dati dell’ultimo trimestre e le indicazioni fornite sul futuro a inviare un segnale negativo ai mercati e all’intero settore.

Nike: nel trimestre buoni utili, ma il mercato non manda buoni segnali

Nei tre mesi chiusi a maggio i ricavi della società guidata dal presidente e amministratore delegato John Donahoe sono calati del 2% a 12,606 miliardi di dollari, scivolando sotto le attese degli analisti poste a 12,48 miliardi di dollari (consensus LSEG) e inviando un segnale d’allarme.

La controllata Converse, ha registrato ricavi da 480 milioni di euro in caduta di 18 punti percentuali, con emorragie soprattutto negli Stati Uniti e in Europa.

Sul fronte della redditività in realtà i dati sono stati più convincenti: il taglio del 4% al costo del venduto e del 7% alle spese di marketing e amministrazione hanno consentito di riportare in carreggiata il conto economico con un utile cresciuto del 45% a 1,5 miliardi di dollari. L’utile per azione da 99 centesimi è balzato del 50% battendo il consensus posto a 83 centesimi per azione.

Nike, una revisione delle prospettive

Ma le prospettive si sono raffreddate. Donahoe ha chiarito che: “Il 2025 sarà un esercizio di transizione per la nostra attività, ma noi continueremo a compiere progressi concreti per il recupero”. Il gruppo ieri ha dichiarato di aspettarsi ricavi in calo tra il 4 e il 6% (mid-single digit) nell’esercizio appena iniziato che terminerà il prossimo maggio. Nel punto medio significa una flessione del giro d’affari annuale sotto i 49 miliardi di dollari a fronte di un consensus posto a 52,12 miliardi. Una forte delusione, infatti il titolo in pre-market crolla del 14,2% a 80,7 dollari per azione.
La parte più dura – prevede il management – sarà la prima metà dell’anno con una flessione dei ricavi high-single digit, che potrebbe arrivare quindi anche al 9% I margini cresceranno ancora (gross margin dai 10 ai 30 punti base in più), ma senza il carburante del fatturato servirà fino a un certo punto.

Per spiegare questa fase di transizione Donahoe ha indicato una crescita della complessità amplificata dallo slittamento delle dinamiche nei mix di canale. Cambiamenti che richiedono tempo, per esempio per intervenire sulle forniture dei punti vendita classici del gruppo e affrontare la minor crescita del digitale. Nike Digital ha accusato una flessione del 10% nel trimestre e nonostante sia reduce da una crescita media annua del 26% fin dal 2019, c’è stato un impatto.

I tre mesi hanno mandato brutti segnali anche sul calo del 2% dei Nike Store e del 7% sul Nike Direct, mentre le vendite all’ingrosso sono cresciute dell’8%
Cambiamenti che impongono un adattamento. Ci sono stati poi i cali del business Lifestyle e significativi cambiamenti nelle tendenze di consumo in mercati chiave, come la Cina.

Nike, crollo del titolo in pre-market

In definitiva le cose si sono messe per Nike peggio del previsto e dati e indicazioni hanno deluso gli analisti. Stifel ha tagliato il rating da buy a hold, Morgan Stanley da overweight a equalweight e molti altri broker hanno sforbiciato le previsioni.

Un’onda sismica sul mercato che ha contagiato il comparto con JD Sports che perde il 4,51% nel Regno Unito, Adidas che segna un calo in Germania dello 0,49% e Puma che cede un più sonoro 3,7%

Per tutti un deciso passo indietro.