Finanza e Mercati: petrolio, cosa succede nel Mar Rosso

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
6 min

Commercio mondiale di nuovo sotto shock dopo gli attacchi degli Huthi alle navi. Le compagnie più grandi evitano il canale di Suez e fanno rotta su Capo di Buona Speranza, gli Stati Uniti lanciano l'operazione Prosperity Guardian. Partecipa anche l'Italia. Ecco i numeri, le prospettive e gli effetti di questa nuova crisi

Finanza e Mercati: petrolio, cosa succede nel Mar Rosso

“Questa è una sfida alla comunità internazionale che impone una risposta collettiva. Quindi annuncio oggi l’operazione Prosperity Guardian, un’importante nuova iniziativa di sicurezza multinazionale sotto l’ombrello della Forze Marittime Combinate e la leadership della sua Task Force 153, che si focalizza sulla sicurezza nel Mar Rosso.

L’operazione Prosperity Guardian unisce diverse nazioni, fra le quali il Regno Unito, il Bahrain, il Canada, la Francia, l’Italia, l’Olanda, la Norvegia, le Seychelles e la Spagna, nell’obiettivo della sicurezza sul Mar Rosso e nel Golfo di Aden”.

Così ieri il Segretario della Difesa statunitense Lloyd Austin ha ufficializzato l’operazione speciale internazionale di risposta alla crisi del Mar Rosso che sta paralizzando uno dei passaggi marittimi più importanti del mondo. Cosa è successo?

Finanza e Mercati: Mar Rosso, minacce sul corridoio del petrolio

I gruppi armati yemeniti sciiti degli Huthi, sostenuti dall’Iran e coinvolti in una guerra civile che ha chiamato in causa anche l’Arabia Saudita, hanno sferrato una serie di attacchi contro le navi in passaggio dal Mar Rosso verso il canale di Suez. Si tratta di vascelli commerciali accusati di essere in rapporti con Israele e, fin dallo scoppio del nuovo conflitto a Gaza, gli Huthi hanno avviato attacchi con droni e missili.

Negli ultimi giorni però la situazione ha visto una grave escalation fino a costringere almeno 12 compagnie marittime a interrompere il transito nell’area, lanciando l’allarme. Tra loro la italo-svizzera MSC, la francese CMA CGM, la danese AP Moller-Maersk, la tedesca Hapag-Lloyd che hanno tutte sospeso le operazioni di transito per l’area. Ieri ha annunciato lo stop al trasporto di gas e petrolio via Mar Rosso anche BP.

La portacontainer MSC Palatium III è finita sotto attacco venerdì scorso, niente feriti tra l’equipaggio, ma nave fuori servizio e così le rotte della compagnia sono state deviate su un’altra rotta, quella che passa da Capo di Buona Speranza e richiede circa 15 giorni in più. Anche Maersk, la seconda compagnia del mondo, ha descritto una situazione allarmante e bloccato la rotta.

In pratica i maggiori armatori e le maggiori portacontainer del mondo hanno temporaneamente congelato una rotta strategica per gli approvvigionamenti.

Al centro della vicenda lo stretto di Bab al-Mandab, noto anche come “the Gate of Tears” (“la Porta delle Lacrime”): un canale ampio circa 32 chilometri tra Djibouti in Africa e lo Yemen nella Penisola Araba, da sempre molto pericoloso, ma anche fondamentale per il commercio globale, visto che ogni anno ospita il transito di circa 17 mila imbarcazioni pari a qualcosa come il 10% del commercio globale.

Finanza e Mercati: Mar Rosso, la reazione del petrolio e del mercato

Allo scoppio del nuovo conflitto in Medioriente lo scenario peggiore paventato dagli analisti coinvolgeva proprio eventuali impatti sulla catena di approvvigionamento globale dell’energia, dallo Stretto di Hormuz a quello di Bab al-Mandab appunto, compreso un 10% annuo dell’energia destinata all’Italia che transita di fronte allo Yemen ogni anno.

L’ultima escalation quindi è da monitorare con attenzione, ma per il momento sembra sotto controllo, anche perché proprio la coalizione militare messa insieme rapidamente dagli Stati Uniti con un ampio consesso internazionale invia un segnale forte per l’area. Soltanto le prossime ore e i prossimi giorni però potranno misurare le dimensioni e gli effetti di questa nuova crisi.

Sul mercato il Brent ha registrato un balzo del 10% dai minimi di mercoledì scorso a circa 72,34 dollari ai massimi di ieri a 79,50 dollari. Un impulso forte, ma niente di preoccupante ancora dal punto di vista grafico e delle quotazioni del “greggio europeo”, soprattutto alla luce dei forti cali che hanno comunque caratterizzato il mercato da ottobre in poi.

Molto simile anche il quadro del WTI: un +9,35% nello stesso arco temporale fino al massimo di ieri a 74,62 dollari. Già oggi le quotazioni del Brent e del WTI ripiegano (-0,56% e -0,86% rispettivamente), ma la situazione resta in via di definizione.

Impatti più ridotti si sono visti sul gas naturale, con un rialzo del TTF olandese contenuto, ma oltre i 35,3 €/MWh (ora si registra un -5,29%).

Come già avvenuto per la crisi in corso sullo Stretto di Panama, le valutazioni da compiere sono numerose e servirà del tempo perché si ridefiniscano i termini della vicenda e gli effetti di questo shock.

Secondo Reuters i premi al rischio per il trasporto attraverso il Mar Rosso sono già lievitati, da uno 0,07% del valore della merce di inizio dicembre allo 0,5-0,7% (stime di ieri), e sicuramente anche le spedizioni cinesi verso Israele e il Mediterraneo hanno già subito un forte impatto. Alcuni analisti hanno valutato che se tutte le spedizioni attraverso Suez fossero ridirezionate attraverso la circumnavigazione dell’Africa si perderebbe qualcosa come il 6% dei container concretamente inviati nel mondo ogni anno.

Dal Canale di Suez, la tappa successiva allo stretto di Bab al-Mandab, è transitato circa il 9% della domanda globale di greggio nella prima metà di quest’anno (indicazione dell’EIA su dati Vortexa); il 4% del gas naturale liquefatto – GNL (Energy Aspects) e UBS ha calcolato un 30% del transito globale di container in passaggio ogni anno da Suez e Mediterraneo.

Finanza e Mercati: Crisi del Mar Rosso, ma alcune compagnie festeggiano in Borsa

Ma c’è anche chi ha festeggiato. I titoli di molte compagnie di trasporto infatti hanno accolto la notizia delle nuove tensioni nelle catene di approvvigionamento globali con consistenti rialzi.

Maersk, la stessa compagnia che ha interrotto i transiti e deviato per il Capo di Buona Speranza, ha fatto un balzo di oltre il 21% in Borsa prima di ritracciare parzialmente.

Hapag-Lloyd ha registrato sullo Xetra un balzo di oltre il 35%

Più in piccolo ha registrato un rally anche il titolo dell’italiana D’Amico Shipping, arrivata a registrare una performance di oltre il 16% in 4 sedute. Forti acquisti anche per la ZIM Integrated Shipping Services.

La crisi del Mar Rosso può dunque essere vista da diverse angolazioni, compresa quella del rialzo dei prezzi che incoraggia il settore in una fase delicata.

Ma è essenziale che questa crisi rientri rapidamente per la tenuta di un quadro dell’economia globale in cauto riassestamento.

Tensioni di questa portata sugli approvvigionamenti globali potrebbero infatti mettere a rischio i prezzi e le dinamiche mondiali dell’inflazione, l’intero quadro tracciato dalle banche centrali di qua e di là dall’Atlantico.

Non a caso la BCE all’ultima conferenza stampa aveva posto il rischio geopolitico tra le maggiori minacce per la dinamica dei prezzi.

Non a caso si è rapidamente materializzata una forte azione congiunta di stabilizzazione da parte dei governi.