Manovra, slittano le date, ma i lavori fervono, ecco il punto

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Si scaldano i motori di un intervento da 24-25 miliardi di euro. Servono tagli per rifinanziare Irpef, cuneo e altro ancora. Bisogna poi rispettare i vincoli di Bruxelles e proseguire sulle politiche del governo contro la denatalità. Il 23 settembre la revisione Istat dei conti potrebbe fornire fiato a conti molto ristretti. Ma l'equilibrio sarà comunque difficile e bisognerà intervenire sulle detrazioni. Ecco il quadro

Manovra, slittano le date, ma i lavori fervono, ecco il punto

 

 

I motori del governo sulla prossima manovra finanziaria sono accesi e vanno a pieno regime, mentre le scadenze europee si avvicinano e si restringe il ventaglio delle opzioni possibili tra promesse elettorali e obiettivi programmatici da un lato e sostenibilità del bilancio pubblico e nuovi vincoli europei dall’altro.

Il punto di caduta finale dovrà per forza arrivare nel corso delle prossime settimane, ma le direttive generali della nuova manovra si definiscono ogni giorno di più.

Italia, tre problemi strutturali

Ci sono tre problemi fondamentali per l’Italia da un punto di vista economico e sociale.

Il primo è l’inverno demografico che inevitabilmente renderà insostenibile gli attuali (già traballanti) pilastri dello stato sociale italiano nel medio e lungo periodo se non si intercetteranno le forze economiche positive di questa fase di transizione.

Il secondo è il costo dell’energia che penalizza l’Italia da sempre e l’Europa più di recente attraverso la sfida formidabile della dipendenza da materie prime internazionali volatili e sottoposte al rischio geopolitico da un lato e di costi per famiglie e imprese che rendono meno competitiva la nostra industria manifatturiera (nonostante tutto la seconda d’Europa) e più debole la domanda interna.

La terza sfida tutta finanziaria è quella del debito pubblico: in soldoni si tratta di 2.948,51 miliardi di euro (dato della Banca d’Italia di agosto sul mese di giugno), circa il 140% del Pil nazionale.  sui quali vengono pagati ogni anno interessi dell’ordine dei 90 miliardi di euro (l’Osservatorio sui conti pubblici della Cattolica ha calcolato lo scorso settembre in 83 miliardi di euro la spesa per interessi italiana l’anno scorso stimando in 100 miliardi quella di quest’anno). Un onere formidabile denunciato da ultimo dal governato della Banca d’Italia Fabio Panetta che questa estate ha ricordato che: “L'Italia è l'unico Paese dell'area dell'euro in cui la spesa pubblica per interessi sul debito è pressoché equivalente a quella per l'istruzione”.

Il Pil, il numeratore del famigerato rapporto debito/Pil, è stato pari nella prima metà del 2024 a 900,881 miliardi di euro (parliamo del Pil nominale a valori concatenati su base 2015 riportato dall’Istat, a prezzi correnti siamo a 1.062 miliardi).

Ma stiamo sui numeri che vanno intrecciati per forza di cosa con le date in questa fase. E devono venire a patti con desiderata politici, esigenze sociali, pressioni lobbistiche, istanze programmatiche e con tutta la rendicontazione minuta e granulare della gestione pubblica.

Il tutto tenendo conto della reintroduzione in chiave riformata del controllo europeo sui conti pubblici che modifica anche la nomenclatura dei documenti di finanza pubblica da spedire a Bruxelles.

Manovra, le date da tenere a mente

I prossimi step saranno i seguenti.

  1. 1.

    17 settembre 2024: Il Consiglio dei ministri si riunirà per approvare il Piano strutturale di bilancio (Psb), che traccerà la traiettoria della spesa pubblica per i prossimi sette anni (l’orizzonte temporale dei bilanci comunicatari). I tempi sono molto stretti, perché il nuovo PSB (che è un piano strutturale di medio termine) dovrebbe in teoria essere inviato in Europa entro il 20 settembre, ma…

  2. 2.

    23 settembre 2024: L'Istat pubblicherà una revisione delle stime sul PIL degli ultimi cinque anni, che potrebbe fornire margini di manovra per la riduzione del deficit e la copertura di alcune misure in cantiere. Confidando su queste indicazioni il governo ha già fatto sapere che intende far slittare di una settimana, con l’approvazione dei presidenti di Camera e Senato (quindi del Parlamento), la presentazione del documento a Bruxelles in modo, tra l’altro, da consentire una lettura in tempi minimi adeguati al Parlamento e quindi un invio in Europa anche alla luce dell’aggiornamento dei dati da parte dell’Istat.

  3. 3.

    Prima settimana di ottobre 2024: Il Parlamento esaminerà il Psb, in vista dell’invio del Documento programmatico di bilancio (DPB) a Bruxelles entro il 15 ottobre.

I numeri da far quadrare sono tanti ed eterogenei.

Manovra, la correzione chiesta dall'Europa

Correzione di bilancio. Delle due traiettorie di risanamento del deficit per chi, come l’Italia, è caduto nella procedura per eccesso di disavanzo sono a 4 e 7 anni. L’anno scorso l’Italia ha registrato un deficit del 7,4% del Pil, il peggiore dell’Eurozona. È purtroppo in buona compagnia, con la Francia al 5,5% di deficit 2023 e la Polonia al 5,1%, ma questo non ci salva da una correzione di bilancio che nel caso di una traiettoria di rientro settennale dovrebbe essere dello 0,5% del Pil almeno e verosimilmente porsi nell’intorno dello 0,6% quindi sui 13 miliardi di euro (semplifichiamo perché il tema coprirebbe un articolo a parte).

A questo fardello “esogeno” si aggiungono poi ipoteche del passato da smaltire.

Manovra, le misure sul lavoro da riconfermare costano 13,4 miliardi

A partire dalla riconferma del taglio del cuneo fiscale e dell’accorpamento delle aliquote Irpef per i lavoratori con redditi fino a 35.000 euro.

Il taglio del cuneo fiscale un esonero contributivo parziale maggiorato a favore dei redditi più bassi. In poche parole c’è una riduzione contributiva del 7% se la retribuzione del lavoratore annua imponibile riparametrata su base mensile per 13 mensilità non supera i 1.923 euro (al netto del rateo di tredicesima) o del 6% se non supera i 2.692 euro. Il taglio del cuneo coinvolge circa 14 milioni di lavoratori e costa 9,4 miliardi di euro.

C’è poi l’accorpamento delle aliquote Irpef: se si vuole mantenere l’attuale assetto a tre scaglioni (23% fino a 28 mila euro, 35% tra 28 mila e 50 mila, 43% oltre i 50 mila) servono altri 4 miliardi di euro.

In totale fanno 13,4 miliardi di euro da mettere in finanziaria.

Manovra, l'Assegno Unico e le detrazioni fiscali per le famiglie

Una delle proposte chiave della manovra riguarda l'incremento dell'Assegno Unico, una misura già introdotta nel 2022 e destinata a sostenere le famiglie con figli. Attualmente, l'Assegno Unico varia da 2.100 a 600 euro per il primo figlio, e tra 1.020 e 180 euro per i figli successivi. Il rafforzamento di questo strumento potrebbe passare attraverso una riduzione delle detrazioni fiscali attualmente riservate alle fasce di reddito più elevate. Secondo i piani del governo, il nuovo schema prevede un tetto massimo alle spese detraibili per le famiglie, con un focus su quelle numerose, allo scopo di favorire la natalità e sostenere il bilancio familiare.

La questione centra il tema della denatalità italiana che, come anticipato, è problema strutturale per l’Italia e prospettico. Ma la misura dell’assegno unico incrocia anche l’Europa che ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia deferendola alla Corte di giustizia perché la mancata attribuzione dell’assegno anche ai lavoratori che non rispettano il doppio requisito della residenza da 2 anni in Italia e della convivenza con i figli nel Paese violerebbe le norme comunitarie.

Il governo ha più volte ribadito che una simile allargamento della platea non sarebbe compatibile con la capienza dei conti pubblici, ma difficilmente rinuncerà in manovra a questa misura dal forte significato politico.

Il costo dell’assegno unico per lo Stato (da rifinanziare in manovra) veleggia sui 20 miliardi di euro (in passato c’erano 6 miliardi per detrazioni su figli fino a 21 anni che escludevano gli incapienti; 4,7 miliardi di assegni familiari per i dipendenti anch’esse rivolte a chi ha un reddito adeguato; si aggiunsero 6,7 miliardi per il nuovo schema “diretto e monetario”).

Di là dalle dotazioni è utile ricordare che l’assegno unico ha erogato 18 miliardi di euro nel 2023 e 13,2 miliardi per le competenze del 2022. Nel 2023 i beneficiari sono stati circa 6,5 milioni di famiglie con 10 milioni di figli.

Cifre imponenti che il governo valuta anche di rimpolpare con qualche spunto in più per le famiglie.

Alla luce delle altre necessità di bilancio però il governo si trova nella necessità di reperire risorse. Il gettito fiscale ha sorpreso al rialzo più volte negli ultimi trimestri, ma non basta ed eventuali nuove tasse sono un tabù politico per l'attuale maggioranza.

Più palatabile una razionalizzazione forte di quella foresta di incentivi, detrazioni, deduzioni e vantaggi fiscali specifici che popolano la normativa fiscale italiana: i 625 bonus fiscali già esistenti che valgono 105 miliardi e spesso sono poco usati o poco “progressivi”. L’Ufficio Parlamentare Bilancio riporta che il 50% dei contribuenti meno abbienti copre il 15% delle detrazioni totali, mentre 10% più ricco della popolazione copre il 26%. Una giungla da sfoltire, ma con giudizio, risparmiando la carne viva di sanità, pensioni e casa.
Quindi la detrazione del 19% degli interessi passivi sui mutui per la prima casa non si tocca. Sono circa 730 milioni di euro risparmiati da 3,7 milioni di contribuenti.
Non si toccano neanche le spese sanitarie (detrazioni per 3,8 miliardi di euro risparmiati da 18,7 milioni di abitanti).
Non si toccano neanche le pensioni, che sono un altro nodo.

Ci sono poi le detrazioni per l’istruzione (libri scolastici e attività varie per esempio) che coprono 513 milioni di euro per 3,1 milioni di beneficiari, ci sono le assicurazioni che assorbono 243 milioni per 4,7 milioni di beneficiari e così via. Non si modificano neanche queste.

Ma cosa si tocca allora?

La casa (!): il superbonus, croce dei conti pubblici nei peggiori incubi del ministro dell’Economia Giorgetti, scenderà l’anno prossimo dal 70 al 65% e il bonus ristrutturazione sarà rivisto ulteriormente da un 48% di spese detraibili con tetto a 96 mila euro si passerà al 36% con un tetto di 48 mila euro.

Dovrebbe poi saltare il “bonus verde”, detrazione fiscale del 36% delle spese per la sistemazione del verde in aree scoperte private (tetto a 5.000 euro per unità immobiliare). Scade probabilmente anche il bonus mobili (tetto a 4 mila euro per il 2024 da collegare al bonus ristrutturazione), che riguardava anche gli elettrodomestici green.

Il problema reale è che molti incentivi, sia sotto forma di esenzioni che di detrazione, che di deduzioni valgono pochi milioni di euro l’anno e quindi il vantaggio che deriva da un loro taglio è della stessa dimensione, ma un riordino è tra le indicazioni di tutti i governi degli ultimi anni. Il rischio “politico” è che per ottenere pochi milioni per la finanza pubblica ci si metta contro un intero gruppo di interessi (una lobby si direbbe in America senza malizia). Ma qualcosa in termini di semplificazione quest’anno dovrebbe comunque arrivare.

Manovra, il nodo pensioni

Sul fronte pensionistico, il governo sta valutando una serie di modifiche a Quota 103, che potrebbe includere finestre di uscita prolungate e incentivi per chi decide di rimanere al lavoro fino ai 70 anni. Una proposta innovativa riguarda la possibilità di introdurre il silenzio-assenso per il trasferimento del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) nei fondi pensione, con l’obiettivo di rafforzare la previdenza complementare, specialmente per i lavoratori più giovani. Ma il tema in un paese vecchio come l’Italia è politicamente rovente e ci sono pressioni inconciliabili su quota 41, ossia l’uscita anticipata con 41 anni di contributi, sull’aumento delle pensioni minime e altro ancora. Difficile comprendere quale sarà il punto di caduta.

Le coperture con tagli ai ministeri (una nuova spending review da 2 miliardi di euro circa) potranno fornire carburante solo per una piccola parte del viaggio e anche l’estensione della flat tax al 15% alle partite IVA fino a 100 mila euro chiesta dalla Lega è in forse. L’equilibrio dei conti pubblici è come visto precario.

In definitiva le stime confermano una manovra da 24-25 miliardi di euro. La data del 23 settembre, quando l’Istat fornirò l’aggiornamento dei conti pubblici, rappresenta una data chiave, farà scattare i pallottolieri del Tesoro e potrebbe persino fare la differenza tra l’introduzione o meno di alcune misure specifiche, ma fonti governative hanno già chiarito che non c’è un tesoretto dietro l’angolo e probabilmente, come già l’anno scorso il governo dovrà privilegiare quell’approccio prudente che finora gli ha garantito la fiducia tutt’altro che scontata dei mercati.

Le misure per le famiglie, la riforma fiscale e il taglio del cuneo volte a rafforzare la crescita e sostenere le classi più deboli e la domanda interna sicuramente troveranno conferma e forse anche qualche piccolo spunto in più. Difficilmente però ci sarà una rivoluzione, la prudenza sarà sicuramente alla base del pallottoliere.