Banche Usa, i dati usciti in settimana hanno battuto le attese

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Trimestrali in forte rialzo. Goldman Sachs e Bank of America raddoppiano gli utili, Citigroup vara un buyback da 20 miliardi, ecco cosa è successo

Banche Usa, i dati usciti in settimana hanno battuto le attese

Un 2024 da inserire negli annali anche per le banche americane, almeno per i colossi di Wall Street più blasonati. Questa settimana i dati dei big del credito e dell’investimento a stelle e strisce hanno fatto i numeri e spesso aggiornato i record, alla faccia della crisi delle banche regionali Usa che non molto tempo fa spaventava gli investitori nazionali e internazionali.

Complici i tassi d’interesse ancora elevati negli Stati Uniti e le performance spumeggianti dei mercati azionari i big della finanza hanno davvero stupito.

La Fed è in realtà già a buon punto nella nuova fase espansiva, avendo tagliato 3 volte i tassi per un totale un punto percentuale tra settembre e dicembre, tagliando sostanzialmente dal 5,5% al 4,5% il costo del denaro USA.

Siamo però comunque, occorre sottolinearlo ancora, su livelli storicamente elevati dei tassi e oltretutto i segnali di forza giunti dal mondo del lavoro e dall’economia nazionale hanno già raffreddato l’approccio espansivo della banca centrale.

La maggior parte degli osservatori si aspetta adesso due tagli l’anno prossimo, in linea con i dot plot di dicembre e quindi tassi elevati più a lungo che peseranno (e pesano sottotraccia già da un po’) sull’economia Usa, ma tengono alti i margini d’interesse delle banche.

Detto questo l’anima finanziaria delle banche di Wall Street ha lucrato anche su altri fattori, perché il risparmio gestito, l’investiment banking, la specialty finance e diavolerie varie che qui stanno soltanto ora agendo da catalizzatori industriali del sistema bancario europeo sono a un altro livello negli States da un pezzo.

Banche USA, Bank of America raddoppia gli utili, ma influiscono il caso delle banche californiane e la brutta avventura del BSBY

Prendiamo un colosso come Bank of America.  Nel quarto trimestre la banca guidata da Brian Moynihan ha più che raddoppiato gli utili portandoli da 3,1 a 6,7 miliardi di dollari. In termini di utile per azione è passata da 0,35 a 0,82 dollari, molto di più del consensus LSEG di 77 centesimi, anche se si parla dell’utile prima del pagamento delle privilegiate (altrimenti si passa da 2,83 a 6,38 mld). Ma qua già bisogna fare delle precisazioni.

I ricavi sono balzati del 15% a 25,3 miliardi di dollari, ma il margine d’interesse è cresciuto soltanto del 3% a 14,36 miliardi di dollari. Il balzo grosso l’hanno fatto i proventi non da interesse, da 8,01 a 11,36 miliardi di dollari, quasi sul livello del margine d’interesse.

Dentro ci sono i proventi dell’asset management, le commissioni dell’investment banking, i ricavi da trading. Bofa è essenzialmente articolata, infatti, in quattro divisioni: Consumer Banking (la “banca tradizionale” che è ancora la divisione più rilevante); GWIM (Global Wealth and Investment Management), Global Banking (la banca d’investimento e finanziamenti alle imprese) e Global Markets (la divisione rivolta agli istituzionali, con ricerche, market making, risk management in derivati etc… e si consideri che di Bank of America fa ancora parte Merrill Lynch).

Ma in questo quadro di crescita va evidenziato che ha contato non poco “il resto”, ossia il venir meno di perdite nette da 3,751 miliardi collegate al citato fallimento delle banche regionali e a 1,6 miliardi collegati al conteggio di interest rate swap: c’è ancora un rosso a queste latitudini, ma si riduce a 407 milioni. I casi sono noti. Le chiusure di Silicon Valley Bank e Signature Bank sono costate 2,1 miliardi nel quarto trimestre del 2023 a Bank of America a causa delle richieste straordinarie della FDIC (una sorta di Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi statunitense) al sistema creditizio (quindi anche a Bank of America).

Altri 1,6 miliardi derivano dalle perdite di certi finanziamenti collegati al Bloomberg Short-Term Bank Yield Index (BSBY), un indice lanciato con lo scopo di sostituire il SOFR, che sta sostituendo il celebre LIBOR, come tasso interbancario. L’esperimento è fallito perché il mercato ha giudicato il BSBY pericoloso per il sistema più o meno quanto il Libor. C’era nel BSBY lo stesso problema della “piramide invertita”, ossia era un indice con scambi enormemente più modesti del benchmark di transazioni che rappresentava (in poche parole se lo scambiavano poche banche, ma ad esso facevano riferimento mercati enormi come quello dei mutui a tasso variabile).

Dopo una bocciatura del presidente della SEC (la Consob Usa) Gary Gensler nel 2021 e un intervento in linea di Iosco (l’Associazione mondiale delle Consob), nel luglio 2023, Bloomberg aveva annunciato la chiusura dell’indice nel settembre 2023 e quell’anno Bofa aveva incassato una perdita netta sul dossier di 1,6 miliardi.

Unita alle provviste da 2,1 miliardi chieste dal fondo interbancario nel 2023 per coprire il crack delle banche californiane, faceva 3,7 miliardi circa nel 2023 che ora si sono ridotti a un rosso (“all other”) di 407 milioni.

In poche parole poste straordinarie che valgono 3,3 miliardi (in termini di utile ante imposte) hanno spostato da 7,9 a 4,2 miliardi di euro l’utile ante imposte del 2023 e hanno contribuito quindi in maniera rilevante allo scarto tra 5,6 miliardi di utile adjusted registrato da Bank of America nel 2023 e i 2,8 miliardi di utile reported dello stesso anno.

Senza queste perdite l’utile netto del 2023 sarebbe stato di 6,8 miliardi circa e i 6,7 miliardi di utili di quest’anno nel quarto trimestre di Bank of America sarebbero in calo e non più che raddoppiati come appare dai risultati rettificati. Note a piè pagina che fanno la differenza insomma…

Banche Usa, la ristrutturazione di Wells Fargo continua e intanto il titolo vola

Restando sul tradizionale c’è poi Wells Fargo. Un tempo regina dei mutui americani e di molte altre cose, dal 2018 in poi il gruppo ha subito una serie di scandali e ha dovuto avviare una serie di manovre straordinarie che ancora nel 2023 le hanno imposto il pagamento di un miliardo in una class action.

Beh mercoledì anche lei ha innescato un rally a Wall Street dopo conti oltre le attese. I ricavi del gruppo guidato da Charlie Scharf invero sono calati da 20,48 a 20,38 miliardi di dollari e hanno deluso il consensus degli analisti posto a 20,59 miliardi da LSEG. L’utile netto del gruppo però è balzato da 3,44 a 5,07 miliardi e l’utile per azione, sempre nel quarto trimestre, è cresciuto da 0,86 a 1,43 dollari. Togliendo 647 milioni di dollari di costi per la liquidazione di dipendenti, pari a 15 centesimi per azione, si arriva così a un utile per azione rettificato di 1,58 dollari nettamente superiore al consensus LSEG di 1,35 dollari. Il gruppo procede con il taglio di migliaia di posti di lavoro ogni anno da tempo e questo si traduce in centinaia di milioni di dollari di liquidazioni. Dai quasi 272 mila dipendenti del 2019 è scesa ormai nell’ordine dei 222 mila, una piccola città di liquidati.

Ma le spese in conto economico si stanno riducendo in maniera importante e forse con esse il numero di tagli: su 9,2 miliardi di costi del personale nel quarto trimestre del 2023 si contavano 1,1 miliardi di dollari di liquidazioni, i costi sono scesi a 9,1 miliardi con appunto 647 milioni di liquidazioni.

Anche Well Fargo ha fatto la sua parte nel salvataggio del sistema assegnando alla FDIC 1,9 miliardi di dollari nel 2023 e nel quarto trimestre del 2024 invece ha registrato 448 milioni di dollari di perdite su obbligazioni collegati al riposizionamento del portafoglio d’investimento. Tutte voci che fanno guardare con speranza e diffidenza insieme l’avvio del 2025.

Il gruppo è ben posizionato per un eventuale ribasso dei tassi comunque, il margine d’interesse è già sceso del 7% a 11,8 miliardi nel quarto trimestre (ma nel 2025 si aspetta una crescita del margine dell1%-3%) e contemporaneamente i proventi scollegati dai tassi (noninterest income) sono balzati dell’11% a 8,5 miliardi fra commissioni per brokeraggio e consulenza d’investimento, commissioni collegate a finanziamenti e depositi, plusvalenze da trading, commissioni da banca d’investimento e commissioni sulle carte di credito.

Di certo il mercato anche quest’anno valuterà la trasformazione del gruppo orientata all’efficientamento con un taglio atteso di 700 milioni alle perdite operative e di mezzo miliardo sulle liquidazioni, mentre si attendono ricavi maggiori sul wealth and investment management per 600 milioni e un taglio delle spese di 200 milioni grazie a tecnologia, investimenti e misure collegate al merito: alla fine i costi dovrebbero flettere da 54,6 miliardi nel 2024 a 54,2 miliardi di dollari.

Banche USA, Goldman Sachs brilla ancora

Ovviamente in un anno di mercati fortissimi non poteva far male Goldman Sachs: il gruppo guidato da David Solomon è una banca affatto diversa da Bank of America o Wells Fargo, basti pensare che il margine d’interesse è di 2,34 miliardi nel quarto trimestre (+75%!) mentre i proventi scollegati dal margine d’interesse ammontano a 11,52 miliardi di dollari (+15%). I ricavi complessivi sono quindi cresciuti del 23% a 13,87 miliardi di dollari, battendo il consensus LSEG posto a 12,39 miliardi.

L’utile netto di GS (sempre prima delle privilegiate) è cresciuto del 105% a 4,11 miliardi, in altre parole è più che raddoppiato con un utile per azione volato da 5,48 a 11,95 dollari, ben oltre gli 8,22 dollari attesi dagli analisti. Notiamo che nel quarto trimestre il calo del 3% delle spese operative è essenzialmente attribuito al venir meno delle uscite collegate alla FDIC nel 2023. Le spese si riducono anche per minori svalutazioni su immobili commerciali. In tutto il 2024 sono cresciuti di circa il 30% le perdite su crediti, passando da 1,03 a 1,35 miliardi di dollari. Il balzo è stato dovuto al portfolio di carte di credito (ma nel quarto trimestre si nota un rallentamento degli accantonamenti per perdite su crediti).

E’ stata però soprattutto la finanza globale a pompare i risultati di Goldman Sachs e anche il titolo della banca nel 2024 ha festeggiato a Wall Street con un quasi +50% delle azioni (ma anche Wells Fargo, per esempio, l’anno scorso ha guadagnato in Borsa il 43%).

Banche USA, JP Morgan di sistema, il gruppo rimane solido e i ricavi crescono del 10%

Naturalmente non può mancare la JP Morgan guidata da Jamie Dimon. Era già la maggiore banca d’America per attività prima di comprare First Republic.

L’istituto nel quarto trimestre ha registrato un calo del margine d’interesse di 700 milioni a 23,5 miliardi e ha aumentato di 4,5 miliardi le commissioni totali (noninterest revenue) a 20,3 miliardi. Complessivamente i ricavi sono cresciuti dell’10% a 43,74 miliardi di dollari nei tre mesi e l’utile netto è cresciuto del 50% a oltre 14 miliardi di dollari.

L’utile per azione è passato da 3,04 a 4,81 dollari, superando nettamente il consensus fermo a 4,11 dollari. Giova ovviamente il venir meno delle spese da 2,9 miliardi di dollari pagate alla FDIC nel contesto della crisi delle banche regionali (la cifra più alta a causa del più diretto intervento accennato). Le spese extra-interessi sono calate del 7%

Il gruppo ha pagato 3,5 miliardi di dollari di dividendi e riacquistato titoli propri per 4 miliardi di dollari, ma si aspetta nel 2025 un aumento delle spese da 91,1 a 95 miliardi di dollari. Si aspetta quest’anno anche una crescita da 93 a 94 miliardi del margine d’interesse dell’intero esercizio grazie a una crescita che in corso d’esercizio dovrebbe ridurre l’impatto dei tassi più bassi.

Banche USA, Citigroup lancia il buyback monstre

Anche Citigroup ha pubblicato da poco i dati del quarto trimestre e dell’intero 2024. Qui c’è stato uno stravolgimento perché da un rosso di 1,84 miliardi nell’ultimo quarto del 2023, Citigroup è passata a un utile di 2,86 miliardi di dollari alla fine dello scorso anno. L’utile per azione da 1,34 dollari ha battuto il consensus ($ 1,22), così come i ricavi da 19,58 miliardi nel trimestre (+12%) superiori ai 19,49 miliardi attesi dagli analisti.

Ma quel che ha fatto scalpore è stato il gigantesco buyback di titoli propri per 20 miliardi di dollari. Non è stato precisato l’arco di tempo in cui questi acquisti saranno effettuati, ma il Chief Financial Officer Mark Mason ha affermato che 1,5 miliardi saranno riacquistati nel primo trimestre di quest’anno. Nel 2024 Citigroup ha restituito ai soci 6,7 miliardi tra dividend e buyback, 2,1 miliardi soltanto nel quarto trimestre. Il payout ratio (la quota di utili distribuiti) è stato del 58% Alla FDIC nel 2023 la banca aveva versato 1,7 miliardi di dollari, poi c’era stato un impatto da 1,3 miliardi per il rischio in Russia e Argentina e quest’ultima aveva comportato anche un impatto valutario da 880 milioni cui si erano aggiunti 781 milioni di spese di ristrutturazione, per un impatto complessivo dopo le imposte di 3,8 miliardi di dollari al quale va ricondotta la perdita citata. Niente in confronto le poste straordinarie da 94 milioni nel quarto trimestre del 2024.

Banche USA, Morgan Stanley profitti trimestrali +145%

Morgan Stanley non ha fatto eccezioni. Il gruppo ha più che raddoppiato i profitti portandoli a 3,71 miliardi di dollari nel trimestre (+145%). I 2,22 dollari di utili per azione hanno superato nettamente gli 1,70 dollari attesi dagli analisti del consensus LSEG. I ricavi da 16,22 miliardi di dollari (+26%) hanno battuto le stime poste a 15,03 miliardi. Lo scorso anno il gruppo ha ricomprato titoli propri per 3,3 miliardi di dollari e il prossimo 14 febbraio pagherà un dividendo trimestrale in ulteriore crescita a 0,925 dollari.

La banca guidata da Ted Pick ha pagato nel 2023 353 milioni di dollari in liquidazioni ai dipendenti in uscita e 286 milioni di dollari alla FDIC pro-quota per aiutare il sistema a superare la crisi delle banche regionali. Altri 249 milioni sono andati a oneri legali per chiudere un’indagine penale della SEC che aveva portato alla luce la condotta di due trader della banca che avevano rivelato l’abuso di informazioni privilegiate su contrattazioni ai blocchi, una condotta che aveva fruttato decine di milioni di dollari. Altri 293 milioni sono stati investiti nel 2023 nell’integrazione. Il 2024 ha visto la crescita delle attività dei clienti di Morgan Stanley a 7,9 trilioni di dollari.