Fincantieri e Leonardo giocano ancora in Difesa
pubblicato:Da Thyssenkrupp ad Airbus, dallo spazio ai carri armati, sono tanti i dossier europei delle sue società. Proprio la difesa potrebbe essere il campo adatto per quelle alleanze industriali strategiche che servirebbero all'Europa.
Il colosso industriale tedesco Thyssenkrupp è alle prese con una difficile ristrutturazione dopo una serie di tagli delle stime dovuti alla debolezza del mercato dell’acciaio. Nei primi nove mesi del 2024 ha registrato un crollo degli ordini del 13% a 24,9 miliardi di euro e una perdita netta da 410 milioni di euro.
La vera sfida è la semplificazione di un business ormai troppo articolato e difficilmente gestibile. La via maestra porta alla creazione di una joint venture paritetica nel business chiave dell’acciaio con il miliardario ceco Daniel Kretinsky, che salirebbe così dal 20% al 50% della divisione acciaio del gruppo. Il CFO Jens Schulte, nell’incarico dallo scorso giugno, è fiducioso, ma oggi Reuters rivela che in ogni caso la società ha un piano B per il futuro del gruppo se il deal non andasse in porto. La prospettiva di una unit indipendente dell’acciaio rimane comunque solida nelle intenzioni del management.
Con il rallentamento del business in corso sono in corso di valutazione anche le joint venture dell’acciaio con Salzgitter e con la francese Vallourec, pezzi importanti dell’industria europea insomma.
Fincantieri alla finestra per la divisione marina di Thyssen
E anche l’Italia è coinvolta perché l’amministratore delegato di Fincantieri Pierroberto Folgiero da tempo non fa mistero dell’interesse per un accordo con la parte navale di Thyssen-Krupp (TKMS - Thyssen-Krupp Marine Systems) che è stata messa in vendita qualche mese fa.
Il dossier è ritornato da poco d’attualità perché a sorpresa, dopo le rivelazioni della stampa, Thyssenkrupp ha confermato martedì scorso (22 ottobre) che Carlyle si era ritirata dal processo di acquisizione di TKMS.
La partita per la divisione navale di ThyssenKrupp sembrava chiusa dallo scorso marzo, quando la tedesca aveva annunciato l’avvio di una due diligence con Carlyle per la separazione della TKMS. Si tratta di asset di assoluto rilievo che coinvolgono circa 7.800 dipendenti e forniscono sistemi per sottomarini e navi oltre a tecnologia ed elettronica, uno di quegli asset della difesa tanto all’attenzione in questo periodo insomma.
Secondo indiscrezioni di Reuters di giugno, ThyssenKrupp si preparava a vendere per 1,6 miliardi di euro la maggioranza di TKMS alla squadra di Carlyle con la KFW, la corrispondente tedesca della nostra CDP, ma il piano ora ha subito quanto meno un rallentamento anche se Thyssenkrupp ha ribadito l’intenzione di rendere indipendente la divisione marina.
Non a caso sul dossier è intervenuto nuovamente ieri l’ad di Fincantieri Folgiero sottolineando che un accordo della sua società con la Marine Systems di Thyssenkrupp avrebbe una convenienza commerciale e industriale macroscopica. “Non ci siamo mai fatti indietro – ha sottolineato il manager – Noi stiamo lì”. Aggiungendo che la collaborazione sarebbe virtuosa, “è evidente”. Thyssenkrupp sta rendendo autonomi i suoi cantieri navali? Tocca al "il sistema tedesco che deve decidere se vuole fare un campione nazionale o se vuole fare un campione europeo, vuole fare condivisione, ricerca di sinergie, ottimizzazione di spesa, innovazione congiunta o invece vuole frammentare".
Sembra il piano insomma per quell’auspicata integrazione industriale della difesa europea che dovrebbe essere una delle direttive strategiche dell’Europa in questa fase di tensioni geopolitiche nei vicini confini orientali.
Leonardo, dai carri alla cybesecurity e allo spazio
E il pensiero va subito all’alleanza, questa già firmata, tra Leonardo e Rheinmetall per la fornitura di carri armati all’esercito italiano. Qui è il governo di Roma che decide e l’intesa è stata più semplice. Lo scorso 15 ottobre la joint venture è stata ufficializzata, una jv vera paritetica 50:50, anche se il 60% delle attività dovrà essere svolto in Italia (dove è fortemente presente anche RheinMetall).
I contratti saranno quelli per i nuovi carri armati italiani basati sul Panther in sviluppo da parte della società tedesca e per cingolati più leggeri. L’orizzonte è lungo di quindici anni, ma la spesa prevista raggiunge i 23,2 miliardi di euro, 8,246 mld per i nuovi carri e circa 15 miliardi per i cingolati più leggeri.
E il dossier, riporta stamane il Sole 24 Ore, interessa la divisione di Iveco IDV (Iveco Defence Vehicles) che la stessa Leonardo avrebbe voluto comprare per 750 milioni di euro (secondo i rumors) ma che è rimasta sulle sue. Anzi ora – è notizia di stamane del quotidiano di Confindustria – starebbe bussando alle porte dell’intesa italo-tedesca per offrire forniture importanti, fino al 15-17% di quella metà dei lavori che tocca a Leonardo.
Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo, però guarda con attenzione su diversi fronti. A inizio mese ha infatti anticipato al mercato che il nuovo piano industriale del gruppo previsto per l’inizio del prossimo anno sarà basato sui due pilastri della cybersecurity e dello spazio, che affiancheranno e integreranno il core business tradizionale di aerei, elicotteri ed elettronica.
Nei giorni dello scandalo sui dossieraggi sembra ironico, ma in teoria sul fronte della cybersecurity Leonardo parte con un vantaggio competitivo dato dal fatto che opera sia sul fronte degli hardware, che su quello dei software per cui potrebbe da subito integrare le proprie soluzioni in ambito sicurezza. Ma bisogna consolidarsi e così il manager ha confermato il lavoro su diverse operazioni di M&A in ambito cybersecurity, spazio e droni di cui aveva parlato già a giugno.
Secondo indiscrezioni del Sole 24 Ore ci sarebbero nel mirino nell’immediato la Deas in Italia (cybersecurity), quindi le britanniche Becrypt (cybersecurity) e Adarga (intelligence). Lo stesso Cingolani ha ammesso di aver fatto una dozzina di due diligence negli ultimi 7-8 mesi. Ma saranno comunque fondamentali anche le partnership strategiche con operatori come Engineering e Reply, Accenture o Tim.
Quanto allo spazio una dimensione europea dell’industria, ormai ritenuta indispensabile da tanti, dovrebbe per Leonardo far leva su Thales Alenia Space, la joint venture spaziale con la francese Thales che ne controlla il 67% e di cui Leonardo ha il rimanente 33%.
L’idea di un player europeo dello spazio che riesca a reagire alla preponderanza della tecnologia statunitense potrebbe passare per un’integrazione delle attività della stessa Thales Alenia Space con le corrispondenti attività del colosso franco tedesco Airbus.
Sul tema si sofferma un recente articolo del Financial Times che invece dà voce alle preoccupazioni di Marco Fuchs, a capo della concorrente tedesca dello spazio OHB, che teme che il deal Thales Alenia Space-Airbus crei un monopolista anticoncorrenziale. La questione è centrale, perché uno dei problemi industriali strutturali denunciati dal rapporto Draghi risiede proprio nel fatto che per decenni l’Europa ha difeso la concorrenza interna ai danni della sua competitività nel mondo.
Un’alleanza europea dello spazio con tedeschi, francesi e italiani creare un campione capace di contendere qualche punto al predominio di colossi statunitensi come la Starlink di Elon Musk che già in Europa si fa sentire su diversi dossier. Si tratterebbe proprio di riappropriarsi (non senza sforzi) di tecnologie strategiche e mercati fondamentali per il futuro europeo. Forse l’unica possibilità di segnare qualche punto in una partita che sembra altrimenti votata alla cronaca del declino europeo.
È un problema che si porrà per ogni campione europeo, ma forse proprio il delicato campo della difesa è quello più adatto alla creazione di quelle reti di collaborazione che servono.