Goldman Sachs, ecco l'impatto di Trump sulle azioni USA
pubblicato:Ottimismo sull'equity a stelle e strisce tra gli investitori dopo le elezioni, ma già prima il portafoglio finanziario delle famiglie USA era al 48% in equity, un record da inizio secolo
I periodici briefings di Goldman Sachs fanno oggi il punto sull’impatto dell’elezioni di Trump sulle azioni statunitensi.
Elezioni Usa, sprint dell'azionario USA, ma i dazi spaventano l'equity europeo
La banca d’affari evidenzia intanto accanto al nuovo record dell’S&P 500 dopo le elezioni, la sorpresa dei maggiori osservatori sulla rapidità con la quale si è conosciuto l’esito elettorale stesso.
Il capo dell’asset allocation di GS Christian Mueller-Glissmann ha anche sottolineato che in parte il rally azionario statunitense è dipeso dal fatto che alcuni investitori avevano ridotto l’esposizione al rischio azionario in vista delle elezioni.
Le azioni europee invece sarebbero calate con la crescita dell’attenzione sui potenziali effetti dei dazi statunitensi sulla crescita economica. L’analista ha però sottolineato che, sebbene, alcune delle politiche trumpiane, come i dazi, siano viste come inflazionistiche, si sono registrati dei cali di petrolio e rame, forse perché prezzate in dollari e tendenti quindi al deprezzamento nella circostanza dell’apprezzamento del dollaro.
I dazi, secondo Mueller-Glissmann, potrebbero anche comprimere la crescita economica cinese, uno dei maggiori consumatori globali di commodity.
Per l’azionario europeo il tema dei dazi statunitensi rimane comunque estremamente sensibile, soprattutto per il Nord Europa e la Germania. Secondo GS le azioni UK sono più orientate ai servizi nazionali quindi meno sensibili in qualche modo ai cambiamenti nelle politiche commerciali.
“Le società di macchinari e attrezzature, i farmaceutici e la chimica sono in Europa i prodotti con le maggiori quote di export verso gli Stati Uniti”, secondo il team di ricerca di Goldman Sachs che però ricorda anche che farmaceutici e sanitari sono considerati più difensivi e con margini elevati.
Elezioni Usa, Goldman Sachs, mai tante azioni nei portafogli degli americani
Uno spunto interessante viene da Goldman Sachs quando nota che con il taglio dei tassi della Fed gli investitori potrebbero ruotare le esposizioni dai fondi monetari al mercato azionario, anche se questo trend dipende poi in pratica dallo sfondo macroeconomico. Anche il punto di partenza appare particolare. Al 15 ottobre secondo le rilevazioni della stessa Fed le famiglie americane avevano già il 48% dei loro asset finanziari in azioni, un record che non si vedeva dall’inizio del secolo e ben oltre la media di lungo termine posta al 28%
L’investimento delle famiglie in debito (bond) è invece nella mediana del 16% mentre il resto è diviso tra contanti, finanziamenti e altri asset.
David Kostin, a strategist capo della divisione US equity di Goldman Sachs Research completa il quadro: “Ci aspettiamo che le famiglie siano acquirenti netti di 50 miliardi di dollari di azioni statunitensi nel 2025 mentre l’economia rimarrà forte e la Fed continuerà a tagliare”.
USA, Goldman Sachs vede spunti anche sul percorso per il net zero
Secondo Goldman Sachs restano forti opportunità anche nel percorso verso la neutralità carbonica che viene posta al 2070 con un ammontare di risorse richieste pari a 75 trilioni di dollari che richiederanno soltanto in infrastrutture una spesa da 1.500 a 2.000 miliardi di dollari ogni anno.
Michele Della Vigna, a capo della divisione Natural Resources EMEA di Goldman Sachs Research calcola che in questi investimenti ci dovrebbero essere: 7 trilioni di dollari per le reti elettriche, altri 5,1 trilioni di dollari per lo storage energetico e 3,7 trilioni per l'infrastruttura della mobilità elettrica (colonnine etc., ndr). Altri 9,3 trilioni di dollari serviranno invece per decarbonizzare l'industria e 1,3 trilioni per gli impianti di idrogeno verde.
USA, il tema dell'AI diventerà sempre più geopolitico
Infine Jared Cohen, co-head del Goldman Sachs Global Institute ha evidenziate nella rivista "Foreign Policy che la prima fase dell'intelligenza artificiale è stata caratterizzata dal dibattito sulle migliori tecnologie dei semiconduttori, ma la prossima fase potrebbe chiamare in causa geografia e potenza mentre si fronteggiano i due leader mondiali del settore, gli Stati Uniti e la Cina.
Secondo Cohen i Paesi che lavoreranno con le compagnie con i data center potrebbero avere dei vantaggi tecnologici, ma il tema della sensibilità dei data center per la sicurezza nazionale diventerà sempre più rilevante. Presto la domanda di data center, secondo Cohen, supererà le capacità della rete energetica statunitense: "L'America non può raggiungere l'autarchia in tema di intelligenza artificiale, specialmente sul fronte dei data center" e pertanto dovrà cercare delle strette partnership globali che richiederanno l'affidabilità e la negoziazione diplomatica necessaria per garantire la sicurezza con la necessaria esportazione di dati e processi collegati all'AI. Canada e Paesi del Nord Europa potrebbero essere degli hub di data center degli Stati Uniti, secondo Cohen, così come Giappone e Sud Corea, ma saranno investitori chiave nel settore, anche per la ricchezza di energia disponibile, Paesi come Arabia Saudita, Emirati Arabi e Qatar che potrebbero cogliere opportunità dalla domanda di data center.