Banche d'Italia, ecco il capitale in eccesso per dividendi, buyback (e altro)
pubblicato:Ecco il capitale in eccesso delle maggiori banche italiane dopo l'esame dello SREP. Dai 16,1 miliardi di Unicredit ai 3,9 del Banco BPM sono risorse utili per distribuzioni e operazioni straordinarie. Si aggiungono insomma ai ricchi utili sui quali i gruppi hanno già calcolato i payout ratio
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Il prossimo anno sarà ancora generoso in termini di cedole e buyback distribuiti ai soci dalle maggiori banche italiane?
Il risiko ingoierà il capitale in eccesso dei giganti in cambio di promesse su economie di scala e nuova redditività?
Una fotografia a bocce ferme può dare un’idea ed è legittima, anche perché sulla carta i grandi deal sono tutti in forse. Dall’offerta da 6,2 euro del Banco BPM su Anima, che è ormai sotto i prezzi di mercato e dovrà passare per un’assemblea straordinaria per un eventuale incremento visto che vige ormai il perimetro della passivity rule, alla stessa offerta di Unicredit per il Banco BPM, che ne limita appunto in parte l’operatività, ma ai corsi di oggi non conviene ancora, anzi implica uno sconto di quasi il 15% sui valori attuali del Banco BPM a 7,88 euro (contro le 0,125 azioni di Unicredit messe sul piatto da Piazza Gae Aulenti).
Né è certo che nuove inopinate combinazioni spuntino a breve dal tavolo caldo del risiko bancario di questo scorcio vivace dell’ultimo 2024.
Banche, cosa è l'excess capital
Così facciamo due conti su un esercizio fresco e concreto della BCE, lo SREP, una sigla impronunciabile che abbrevia il Supervisory Review and Evaluation Process, un esame in altre parole che decide però cose molto importanti, come la dotazione di capitale primario delle maggiori banche europee e di conseguenza il via libera eventuali a redistribuzioni di valore tramite buyback o dividendi. Cose che contano per i cassettisti bancari d’Italia reduci da una scorpacciata dopo i rialzi dei tassi e curiosi di sapere se le big del credito italiano renderanno ancora.
Proveremo con qualche grossolana semplificazione a spiegare come funziona il calcolo che ci permette di dire quanto capitale primario, il più puro e disponibile, hanno in cassa le banche di Piazza Affari.
Cominciamo da prestiti e investimenti che hanno, le attività, gli asset in altre parole. Le maggiori banche del FTSE MIB ovviamente ne hanno parecchie decine di miliardi ciascuna. Ma i prestiti che vanno nel calcolo che illustriamo non vanno considerati “al nominale dato bruto”, ma ponderati per il rischio che incorporano: un mutuo a una famiglia ha un rischio enormemente inferiore a quello di un derivato su materie prime naturalmente e nel portafoglio deve essere “ponderato” in maniera diversa.
In altre parole con modelli interni le banche abbinano a ogni prestito o impiego un numerino che sconta il rischio del singolo prestito o impiego in maniera da avere alla fine un portafoglio di attività relativamente omogeneo, sono gli asset ponderati per il rischio, gli RWA (Risk Weighted Assets, se vogliamo sciogliere l’acronimo di quest’altro parolone).
Stabilito questo numero che spazia per esempio dai 277,8 miliardi di Unicredit ai 22,54 miliardi della Popolare di Sondrio, bisogna capire quale patrimonio primario ha la banca.
Il capitale di prima fila delle banche, il Tier 1, è quel capitale composto per esempio dal patrimonio versato in bilancio, dalle riserve e dagli utili accumulati che è immediatamente visibile ed eventualmente disponibile. E’ il cuore del patrimonio della banca in un certo senso. Ma va monitorato e soprattutto è relativo.
Se infatti una banca ha un RWA di 20 miliardi e un tier 1 di un miliardo è una cosa, ma se con lo stesso patrimonio tier 1 da 1 miliardo deve “coprire” attività per due miliardo soltanto, allora è tutt’altra cosa.
Per questo il patrimonio primario è sempre espresso in termini di percentuale sulle attività ponderate per il rischio perché è dal rapporto che nasce il significato, come quando si considera il rapporto tra debito e mezzi propri. Per chi volesse saperne di più, ne abbiamo già scritto a marzo più in dettaglio.
Basti al momento sapere che dato un certo RWA in miliardi di euro, il principale indicatore della solidità bancaria è espresso come rapporto percentuale del capitale pregiato Tier 1 su questo numero: questo rapporto si chiama CET1 ratio.
Per esempio il più alto tra le maggiori banche del Ftse MIB è quello di MPS che era al 18,4% alla fine di settembre. Aveva cioè un patrimonio primario che era pari al 18,4% delle attività ponderate per il rischio.
In realtà sopra ci sarebbe Fineco con il 27,29%, ma fa un po’ un altro lavoro essendo soprattutto un broker e consulente online che non opera molto in altri segmenti importanti della tipica attività di una banca commerciale.
E qui entra in gioco la BCE. Dalla crisi del 2008 in poi soprattutto e con le varie crisi finanziarie seguitesi si è infatti evoluto e radicato il framework di Basilea cui sostanzialmente si rifà la Banca centrale europea per monitorare la solidità delle banche. Così sono stati posti dei paletti in termini di CET 1 ratio e altro ancora (per esempio la liquidità) e diventano via via più stringenti man mano che la banca diventa più grande.
Ora per fortuna le banche italiane si presentano al 2025 con un grande capitalizzazione. La parolina chiave infatti è “excess capital”, ossia il capitale in eccesso rispetto a quello imposto dai regolamenti prudenziali della Banca centrale europea. Lo SREP si è concluso da poco possiamo vedere quanti soldi hanno in salvadanaio le grandi banche e quindi quanto capitale potenzialmente potrebbero destinare a buyback o dividendi.
È chiaro infatti che se il requisito è rispettato, potenzialmente il resto del patrimonio può andare agli azionisti e trasformarsi in dividendi, in riacquisti di azioni proprie che incoraggiano i corsi di Borsa (appunto i buyback) o anche in operazioni straordinarie. Insomma una panoramica in miliardi di euro che può essere utile per valutare lo stato di salute e la possibile generosità dei nostri giganti del credito.
Andiamo al sodo.
L'excess capital delle banche italiane
Da questo breve schemino possiamo subito notare molte cose, per esempio il fieno in cascina dei big two del bancario italiano, Intesa con 11,9 miliardi circa e Unicredit con 16,28 miliardi circa.
Soldi destinati agli azionisti o a operazioni straordinarie?
Intesa Sanpaolo, excess capital per 11,9 mld e i dividendi sono già ricchi con gli utili accumulati
Intesa prevede un payout ratio del 70%, ossia può mandare ai soci in cedole il 70% degli utili netti. Ha anche finito lo scorso ottobre un buyback da 1,7 miliardi di euro. Al 30 settembre aveva già generato utili netti per 7,2 miliardi e prevede un utile netto di 8,5 miliardi nell’intero 2024, potrebbe quindi restituire ai soci 5,95 miliardi, ma già 3 miliardi di acconto sono stati versati a novembre. Per gli addetti ai lavori specifichiamo che il 13,9% di CET1 ratio al 30 settembre è calcolando deducendo le cedole pagate sugli AT1 (dei bond di emergenza che si trasformano in capitale primario in caso di scivolamento del patrimonio sotto i requisiti) e anche gli 1,7 miliardi di buyback. Quindi i rimanenti 2,2 miliardi di euro di possibili cedole potrebbero tradursi in 16,4 centesimi di dividendi. Ma ci sono ovviamente anche altre vie e oltretutto l’excess capital da 11,93 miliardi circa vale circa il 17% della capitalizzazione attuale di Intesa. Né sono alle viste operazioni straordinarie nell’immediato per la banca guidata da Carlo Messina.
Unicredit, payout altissimo in stile Orcel, ma anche 16,28 mld di capitale in eccesso
Per Unicredit poi i forni sono tanti. La banca paga da quest'anno almeno il 90% dell’utile netto in dividendi o buyback, le due forme di distribuzione del valore accumulato. Tra l’altro 1,44 miliardi di euro sono stati pagati in acconti a novembre, esattamente 92,61 centesimi per azione. Nei 9 mesi Unicredit ha fatto utili per 7,7 miliardi e nell’intero 2024 si attende di superare i 9 miliardi di euro.
La banca ha quindi a disposizione per i soci altri 6,8 miliardi circa (il 90% dei 7,56 miliardi di euro rimanenti) a cui aggiungere appunto i 16,28 mld di excess capital che contano come utili del passato disponibili per operazioni straordinarie in Germania o in Italia e valgono da soli circa un quarto della capitalizzazione di Borsa.
Conti forti insomma per il gruppo guidato da Andrea Orcel.
Banco BPM, al centro delle partite ma ha un excess capital di un terzo del capitale
Passiamo a Banco BPM, per asset ponderati per il rischio è la terza con 61,88 miliardi a fine settembre, siamo indecisi su altre metriche, ma ci occuperemo anche di MPS e Bper. Bene Banco BPM, la banca guidata dall’inossidabile ad Giuseppe Castagna ha ben 3,89 miliardi di euro di capitale in eccesso sui requisiti regolamentari. E infatti progetta la conquista di Anima, che vale 2,12 miliardi anche se prezza a 6,63 euro, molti di più dei 6,2 euro offerti da Piazza Meda. D’altronde il Banco deve difendere il fianco dalla proposta di Unicredit, come visto e bisognerà vedere che stratagemmi architetterà il cda per difendere ancora le prospettive stand alone.
Anche Banco BPM ha versato acconti sul 2024 per 606 milioni circa (40 centesimi ad azione in contanti) e in 9 mesi ha accumulato utili per 0,75 euro di dividendi ad azione, se si considera un payout ratio del 67% dell’utile netto. A fine anno Piazza Meda conta di superare l’obiettivo di 0,95 euro di utile per azione (al netto delle componenti non ricorrenti). Il banco può contare su un excess capital che è pari a un terzo della capitalizzazione di 11,97 miliardi, quindi da solo o in compagnia, ha il salvadanaio pieno per operazioni straordinarie o per gli azionisti. Nel 2024 ha distribuito dividendi per 1,45 miliardi pari a un dividend yield del 15% al 5 novembre 2024, quindi gli azionisti si trovano sicuramente bene quest’anno.
Bper, 8,8 miliardi di euro di capitale in eccesso
Se prendiamo Bper, si può notare che i 3,64 miliardi circa di excess capital sono il 41% addirittura della capitalizzazione di Borsa pari in queste ore a circa 8,8 miliardi di euro. La banca di Unipol (ha quasi il 20%, ma ci sono anche Fondazione Sardegna, JP Morgan e Norges Bank tra i soci di peso) e ha un utile netto adjusted di 1,1 miliardi nei nove mesi, è quindi in linea con l’obiettivo di chiudere l’ano con utile per circa 1,3 miliardi. Dovrebbe esserlo anche con quelli più ampi del nuovo piano Dynamic Full Value 2027 messo in campo dal nuovo ad Gianni Franco Papa, che prevedono utile agli azionisti per 3,2 miliardi di euro nel periodo 2025-2027 con un payout ratio del 75% (medio). Anche in questo caso il dividend yield complessivo potrebbe essere un ricco 15% (calcolato sulla capitalizzazione di inizio ottobre).
MPS, il terzo polo ha capitale in eccesso anche per eventuali ruoli da cacciatore
C’è poi MPS, la banca senese appena tornata al dividendo e candidata chiave del dibattito sul “terzo polo”, che permette di leggere la tabella anche in un altro modo, il requisito di capitale CET1 ratio all’8,78% è il più basso richiesto dalla BCE, quindi per certi versi la Banca può vantare la maggiore solidità degli impieghi complessivi (sempre escludendo Fineco che è all’8,78% in termini di requisiti richiesti). MPS ha 4,615 miliardi di euro di capitale in eccesso, ossia il 55% della capitalizzazione della banca senese, ossia a Siena possono essere splendidi sia come preda, che come polo di aggregazione… il resto verrà.
Intanto gli azionisti bastonati in passato si consolano con una ripresa del dividendo che ora passa per l’obiettivo di un 75% degli utili ante imposte di payout ratio, ossia circa 950 milioni di euro in contanti a valere sul 2024.
BPS, la Popolare di Sondrio ha 1,7 miliardi di excess capital e ha alzato le stime sul 2024
Last but not least Banca Popolare di Sondrio: il requisito regolamentare è in linea con BPER all’8,93% in termini di CET 1 ratio ed è la stessa anche l’”area di influenza”, ossia l’universo Unipol. La compagnia assicurativa è il maggiore azionista con il 19,7% circa. Seguono alleanze nella bancassurance e nell’asset management (ARCA). Il capitale in eccesso è di ben 1,7 miliardi. A 8,26 euro per azione, la capitalizzazione è di circa 3,745 miliardi, ossia l’excess capital da solo copre il 45% del valore di Borsa della popolare valtellinese.
A fine settembre il gruppo aveva già maturato dividendi per 240 milioni di euro, assumendo un payout ratio del 55% sugli utili. Il rapporto tra margine di interesse e commissioni vedeva il primo a 813 mln (+21,7%) e le seconde a 318,8 mln (+9,5%), per quest’anno la BPS ha alzato la stima sul ROE (return on equity ossia l’utile sul patrimonio netto) al 15% Il buon lavoro fatto dal CEO Mario Pedranzini sarà messo alla prova, come per tutte le altre banche, dal calo dei tassi, ma la consapevolezza della sfida è ben presente anche a Sondrio, né sono da escludere nuove sirene dal risiko bancario. Nel risparmio gestito il riferimento è anche in questo caso Arca che è controllata con il 57% del capitale da Bper, ma partecipata per il 34,7% anche dalla Popolare di Sondrio.
In definitiva le banche italiane si presentano al 2025 con una dotazione patrimoniale non solo invidiabile, ma forse persino troppo generosa per lasciare i perimetri aziendali invariati a lungo.
La vera sfida come per tutte le banche europee e mondiali sono le piattaforme di investimento globali che consentono per l’operatività finanziaria costi e commissioni assai più ridotte e sempre più competitive.
C’è poi il tema della bancassurance, che sta guidando neanche troppo dietro le quinte i riassetti del credito italiano, anche con legami esteri (leggasi Credit Agricole e Axa). Con i privilegi del nuovo Compromesso Danese si apparecchiano operazioni importanti.
Si potrebbero aggiungere in ordine sparso intelligenza artificiale (non solo in termini di consulenza automatizzata o servizi omnicanale), cost/income ratio, fabbriche prodotto e tanto altro ancora.
Ma di carne al fuoco a questo punto ce n’è già abbastanza.