TIM: Merlyn propone lo spezzatino, ma il cda attuale difende numeri e piani
pubblicato:Il fondo vuole vendere rete, Brasile e retail: resterebbe l'attività con imprese e pubbliche amministrazioni. Una TIM piccola piccola che al cda di Labriola non piace, al punto che una nota ribadisce piccata la sostenibilità del piano, i tempi e gli obiettivi. Merlyn ha solo lo 0,53%, ma Vivendi (23,75%) lo sostenesse sarebbe tutto un altro discorso, di certo il polverone su TIM non si posa
TIM continua a far parlare di sé e forse è il suo destino, visto che nonostante sia ormai da tempo una penny stock con un track record di ribassi di Borsa da fare impallidire, resta lo snodo di asset strategici, di interessi miliardari, di investimenti internazionali, di pirateschi appetiti.
In queste ore il titolo passa di mano a 23,17 centesimi con un rialzo del 2,7% che riporta la capitalizzazione a 4,389 miliardi di euro e si nutre dell'ennesimo contrasto in questa fase di cessione della retre e di attesa dell'assemblea del prossimo 23 aprile.
Non sono infatti passate inosservate le decise prese di posizione di Merlyn, il fondo che con lo 0,53% del capitale e un piano di spezzatino intende attrarre i voti di Vivendi, il colosso francese che è primo azionista di TIM con un ben più corposo 23,75% circa del capitale di Telecom Italia e che non ha presentato (sibillinamente), una lista per il rinnovo del consiglio di amministrazione della compagnia per la prossima assemblea del 23 aprile.
TIM, il piano di Merlyn per una società decisamente più snella
In fondo i piani di Merlyn possono essere letti anche come una valorizzazione del gruppo verso una ulteriore direzione strategica di alleggerimento, ma implicano una rivoluzione molto più ardita di quella già auspicata dall’attuale cda guidato da Pietro Labriola, dai sindacati e dal governo.
Almeno così l’ha presentata Umberto Paulucci nell’intervista pubblicata sabato su la Repubblica. Paolucci è il capolista del paniere di nomi messo sul tavoro da Merlyn. Paolucci, candidato da Merlyn per la presidenza di TIM è un manager conosciuto nel settore IT specialmente in Italia dove, dopo una precedente esperienza di rango in Hewlett Packard, ha fondato la filiale italiana di Microsoft che ha guidato per anni senza rinunciare a diversi incarichi di amministrazione in enti e società anche quotate.
Un nome che conta nel settore, come quello di Stefano Siragusa, artefice del piano TValue che in sostanza segna un’accelerazione sulla cessione della rete (inizialmente Merlyn era contrario, ma poi sono emersi nuovi dettagli e anche il dossier è andato avanti motu proprio in maniera ormai difficilmente arrestabile) e aggiunge sulla strategia un’ulteriore serie di manovre di riduzione del perimetro di TIM. Siragusa è stato manager di punta dal 2018 al 2022 in TIM e ha avuto incarichi importanti in Ansaldo STS, Hitachi e Bain Capital sviluppando una certa esperienza nelle ristrutturazioni finanziarie, ma anche nella Noovle di Google.
Ed è noto anche Alessandro Barnaba, ex JP Morgan fondatore di Merlyn Advisors che è uno dei finanziatori del progetto ed è finito sulle cronache italiane in passato anche in relazione ad alcune “special situation” del nostro calcio.
In sostanza l’idea di Merlyn è quella di cedere rapidamente la rete ed entro quest’anno anche il Brasile, vero salvagente dei conti degli ultimi anni di TIM ritenuto però ormai “non core” soprattutto in vista della mossa successiva, la più deflagrante, ossia la cessione del “business retail” entro il 2025, magari a multipli simili a quelli dell’ultima partita Vodafone Italia/Fastweb/Iliad o superiori. A quel punto quindi il marchio TIM e la telefonia di massa passerebbe ad altri nell’attuale contesto di consolidamento del settore in Italia. Resterebbero servizi avanzati per le imprese e le pubbliche amministrazioni, partnership di rango, tutta la tecnologia a valore aggiunto di un digital enabler che immette soluzioni innovative, AI, big data, cloud e quant’altro il menù del nuovo IT propone nel sistema italiano e - perché no? – europeo.
Senza girarci attorno, Merlyn sostiene che il piano dell’attuale management non sia sostenibile per quel che rimane di TIM e che debba essere rafforzato con ulteriori cessioni e la rifocalizzazione della nuova ex TIM sul corporate e PA, un perimetro molto, molto minore dell’attuale che ha fatto gridare i sindacati allo spezzatino, uno spezzatino che sicuramente potrebbe valorizzare alcune parti del business che progetta una visione radicalmente nuova e per forza di cose più marginale del futuro di TIM nel Paese, anche ammettendo un successo unico nell’affollato sistema italiano dei digital enabler.
TIM, Merlyn teme ritardi, ma il cda di TIM ribadisce timeline e sostenibilità
In particolare Merlyn teme anche che ci siano dei costosi slittamenti nel percorso di approvazione antitrust della cessione della rete e questo potrebbe ulteriormente indebolire la nuova TIM che invece vendendo Brasile e retail potrebbe reperire risorse per gli investimenti futuri.
Chiaramente queste considerazioni hanno irritato non poco l’attuale consiglio di amministrazione che già ha registrato forti vendite sul titolo all’indomani del nuovo piano e che si batte da tempo per spiegare la propria ricetta al mercato.
Senza considerare che ovviamente la lista dell’attuale cda è contrapposta a quella di Merlyn per il prossimo 23 aprile.
Così una nota di TIM ha subito risposto esplicitamente all’intervista di Paolucci (con una chiarezza di destinatari e argomenti insolita per questo genere di questioni) affermando invece che la sostenibilità finanziaria e industriale di TIM dopo la vendita della rete fissa è chiaramente stata espressa il 6 marzo scorso e passa per una leva attesa al 2026 a 1,6-1,7x, cui si potrebbero aggiungere i potenziali upside fino a 4 miliardi di euro collegati agli earnout per Netco e alla possibile cessione di Sparkle.
La stessa cessione e la su tempistica – riporta TIM nel comunicato ad hoc – non è in dubbio il contratto con la Optics Bidco di KKR è vincolante e non risultano al momento ritardi rispetto alla sua programmata esecuzione entro l’estate.
Si procede da piano al punto che TIM ha già posto in essere tutte le iniziative finanziarie compreso un contratto di finanziamento ponte da 1,5 miliardi di euro annunciato venerdì scorso e compresa l la pianificazione per fronteggiare qualunque scenario. Insomma il piano di Pietro Labriola è difeso a spada tratta dalla società e non dovrebbe subire ritardi.
TIM, alla prossima assemblea le posizioni dei soci e il nuovo cda
La prossima assemblea di TIM del 23 aprile avrà però comunque un peso, perché i soci e i rapporti di potere fra i vari investitori nazionali e internazionali, dal MEF a Vivendi, da CDP al Canada al Canada Pension Plan canadese. Fra l’altro continuano ed essere presenti posizioni nette corte rilevanti sul titolo di TIM con Blackrock che si è posizionato ribassista sullo 0,53% del capitale, lo stesso CPP canadese short sullo 0,5% del capitale sociale e Capital Fund Management su un altro 0,51%
Discorsi accessori ma non troppo in vista dell’assemblea e alla luce dei movimenti anche bruschi che il titolo ha dimostrato di recente (e non solo).
E c’è pure Elon Musk che ha aperto una procedura antitrust contro TIM accusandola di ostacolare i satelliti della sua Starlink e chiedendo accordi sulla banda simili a quelli raggiunti con Eolo e Open Fiber di recente. Il settore è caldo insomma e osservato su scala globale.
Ma l’appeal speculativo che tanti contrasti e piani incrociati suscitano aggiungendo polvere al polverone rappresenta anche un rischio per i piccoli investitori che già conoscono da tempo i rischi di TIM e devono sempre fare attenzione alla volatilità di un titolo collegato a una società che ha accumulato perdite su perdite negli ultimi anni e fatica enormemente ad avviare il nuovo, forse improcrastinabile, corso.
Gli analisti di Equita, fra i più ascoltati nel bene e nel male su TIM, hanno ribadito un prezzo obiettivo a bene 37 centesimi e un consiglio di acquisto (buy) esprimono effettivamente diversi dubbi sulla fattibilità di una revisione del contratto con KKR per la vendita della rete, sull’allungamento dei tempi che comporterebbe con le relative incertezze, sul coinvolgimento di Antitrust, governo, lavoratori, fornitori, azionisti che tutta questa nuova prospettiva dovrebbe promuovere a partire dallo 0,53% del capitale…
Certo se Vivendi sposasse questa nuova strategia il suo peso proietterebbe i piani su un altro livello e se altri azionisti internazionali si aggiungessero, se ne dovrebbe inevitabilmente ragionare.
Ma l’impressione che oggi rimane è che ancora una volta si tratti solo di fumo sulla strada della cessione della rete e del nuovo riassetto di TIM proposto da Labriola che al momento, sembra la via maestra.