Auto, breve anatomia di un mercato carico di contraddizioni
pubblicato:A febbraio in Europa tirano elettriche e ibride nel contesto di un settore ancora in contrazione. C'è chi fa peggio degli altri (l'Italia come mercato e Stellantis come casa, per esempio). Ma visti da vicini i numeri raccontano tante storie diverse e confermano che questo settore strategico è anche terribilmente complicato

Sorpresa. L’elettrico tira ancora in Europa. Nel mese di febbraio le immatricolazioni complessive di auto nel Vecchio Continente sono calate del 3,4% a 853.670 veicoli, ma le auto elettriche hanno registrato un balzo delle vendite del 23,7% a 131.275 auto.
Si dirà che c’entra, guardiamo i numeri assoluti. Le quote sul nuovo in effetti ponderano meglio queste dinamiche un po’ estreme, ma oltre a un trend di lungo periodo, mostrano anche qualche novità. Su 100 auto nuove vendute in Europa a febbraio 15 erano elettriche, 35 erano full-hybrid (l’ibrido senza spina) e 28 erano a benzina. Soltanto 9 erano auto diesel. Lo certificano i dati dell’Acea, l’Associazione europea dei costruttori di auto.
Auto UE, motorizzazioni a due velocità
Certo i piani di lettura sono molteplici. Ma è chiaro che in un mercato complessivamente ancora in calo, si registrano performance un po’ schizofreniche tra le quattro ruote, con un balzo delle vendite del 23,7% delle elettriche e del 35,6% delle full-hybrid, mentre le vendite di auto diesel segnano sul febbraio del 2023 un calo del 28,8% e le benzina uno del 22,4 per cento. Nel mezzo le ibride plug-in che però segnano un calo dell’1,4%
L’anno scorso è stato un anno ibrido, nel senso delle vendite di auto con doppio motore benzina ed elettrico, ma senza spina. Parliamo soprattutto della tecnologia che si ricarica con frenate e altro e usa l’energia anche per muovere le ruote, come quando il motore endotermico a benzina ricarica la batteria, che poi fa il lavoro di motricità.
Le ibride senza spina erano riuscite infatti a crescere a doppia cifra in 12 mesi in cui la Volkswagen entrava in crisi e annunciava le prime chiusure di impianti in Patria da decenni.
Mentre le elettriche cinesi si facevano sempre più competitive e i costi dell’energia appesantivano la trasformazione industriale delle piattaforme automobilistiche europee, l’ibrido creava un suo percorso in un contesto di mercato debole in cui un po’ tutti perdevano margini e in molti casi anche volumi.
Facile leggere il fenomeno come il semplice ragionamento secondo il quale, se cresce la pressione europea e nazionale sulle emissioni di CO2 e un’auto elettrica costa troppo, non resta che l’ibrida da comprare, possibilmente fulol-hybrid se non si ha la fortuna di un box dove ricaricare o una colonnina sotto casa.
Ma questo ragionamento solo in parte spiegherebbe la dinamica dell’anno scorso e sarebbe orfano, senza altre considerazioni necessarie.
Per esempio i prezzi, dopo la chip shortage del 2022-2023 che aveva paralizzato le filiere e confermato al mondo che le quattro ruote sono tra i maggiori consumatori di microprocessori (e lo saranno ancora di più in futuro), i gruppi automobilistici, dalla fama non proprio impeccabile dopo il Dieselgate, avevano alzato i prezzi per necessità e per convenienza, ma non avevano fatto i conti con i portafogli delle famiglie europee e con i limiti infrastrutturali spesso poderosi per una diffusione della mobilità elettrica.
Non è tutto. E’ vero, ci sono trend ormai solidi che stravolgono la mobilità quotidiana. Il car sharing, le mini-elettriche che si posteggiano ovunque e si ricaricano a casa, le app come Uber e i noleggi di lungo termine, le bici e i monopattini elettrici. La sensazione che l’auto diventi un lusso in città che privilegiano sempre più (per necessità e per convenienza) il trasporto pubblico, l’idea che si può usare un’auto quando serve senza possederla o che un’app basti e avanzi, senza dover spendere in bolli e revisioni… Tante componenti in un patchwork di fattori spesso contrastanti.
Auto un febbraio in calo, con l'eccezione, ancora una volta della Spagna
Ma torniamo ai numeri. Riflettono ancora una volta quella verità brillante dei mercati europei. L’economia spagnola tira eccome: solo a febbraio sono state vendute 90.327 auto, in crescita dell’11% mentre gli altri grandi mercati erano tutti più o meno in affanno. Germania -6,4% (a 203 mila unità circa), Francia (-0,7% a 141.570 unità), Italia -6,2% (138.020 auto). Anche il Regno Unito segna un -1,0% a 84.054 auto. Fra parentesi in Spagna produrre le auto costa anche meno per i bassi costi dell'energia del Paese rispetto ad altri concorrenti.
Auto, un febbraio da dimenticare per Stellantis
Ma poi anche qui occorrono distinzioni più granulari, perché le case non vanno tutte male allo stesso modo e rinasce il peso dei modelli, dell’offerta.
Il gruppo Volkswagen chiude febbraio con una crescita delle vendite del 4,9% 232.169 unità, trascinato da Seat e Cupra, mentre recuperano terreno anche le vendite di Audi e del brand Volkswagen.
Nello stesso contesto, ma su geografie diverse, Stellantis segna un crollo del 16,4% delle immatricolazioni a febbraio a 144.205 unità. Male buona parte dei brand: Fiat -31,9%, Citroen -12,6%, Peugeot -5,6% e Opel/Vauxhall persino un -28,2%. Brillano invece le Alfa Romeo con un +40,8% e sono stabili le Jeep.
Si dirà, sarà la Francia (che come visto oltretutto segna volumi in calo sì, ma meno che in Germania), però Renault chiude un ottimo febbraio con un +11,3% delle immatricolazioni a 102.068 unità.
Il quarto gruppo d’Europa per volumi resta Toyota a febbraio ma mostra un calo delle vendite europee del 5,5% a 65.688 unità. Va precisato che la casa che l’ibrido l’ha inventato l’anno scorso ha fatto i numeri, ma una fase di risacca è innegabile visto che anche il saldo dei primi due mesi segna un -5% Sarà una questione di prezzi?
Vengono poi nella classifica le 62.849 auto di Hyundai (-9,4%) e solo dopo gli altri due big tedeschi BMW (+5,7% a 58.479 auto, di cui 9.651 Mini, +18,6%) e Mercedes (-6,1% a 58.479 auto, di cui solo 771 Smart, -60,1%), rigorosamente disaccoppiati, nonostante si rivolgano sostanzialmente alle stesse categorie di consumatori.
Le Tesla vendute a febbraio in Europa sono il 47,1% in meno di un anno prima, solo 11.743, appena 19.046 nei due mesi (-49%). Facile concludere: l’effetto Musk riesce a costruire un disastro di vendite in un mercato in cui invece l’auto elettrica europea torna a tirare.
Auto, ma l'usato racconta un'altra storia (almeno in Italia)
C’è infine un dato da tenere conto che aggiunge poi un’altra prospettiva ancora. Mentre molte piattaforme vengono introdotte in Europa e alcune case corrono ai ripari studiando offerte su quell’ibrido che è stato un’opportunità mancata in un contesto che dividere in forma manichea tra elettrico e benzina era non meno ortodosso della decisione europea di cessare la produzione di veicoli endotermici entro il 2035, va inserito nel computo il fattore usato.
Per comodità torniamo indietro di un mese. Partiamo dalla considerazione che in Italia il 70% circa del mercato dell’auto, è mercato dell’auto usata. I dati dell’Unrae di gennaio indicano che in Italia nel primo mese del 2025 sono stati fatti 460.601 passaggi di proprietà di auto usate, in crescita del 2,2% sul dato del gennaio 2024. Nello stesso mese i dati Acea appena visti indicano la vendita di 138.020 auto nuove (-6,2%). Quindi il 77% delle vendite di auto in quel mese, ha riguardato l’usato e soltanto il rimanente 23% circa era l’acquisto di una vettura nuova.
Sul nuovo il diesel (in Italia) era il 10%, il benzina il 26%, il full hybrid il 44%, mentre elettriche e ibride plugin coprivano appena il 5% e il 4,4% del mercato.
Sull’usato italiano invece i numeri sono del tutto diversi. Secondo l’Unrae la quota del diesel sull’usato stra-domina con il 42,9% del totale dei trasferimenti di proprietà. Perde 3 punti percentuali, ma non c’è partita, neanche con il motore a benzina che è al 39% nel mese. Le ibride full sono appena al 9% nel mese; le Gpl al 5,1%, il metano al 2,1%; BEV (ossia elettriche pure) e plug-in salgono allo 0,8% e all’1,1% rispettivamente.
Insomma il 76% del mercato italiano parla ancora la lingua dell’idrocarburo senza compromessi e anche l’ibrido - che pure è cresciuto - non scalfisce le quote di mercato.
Senza dubbio la mancanza di una storia e l’irruzione sul mercato di nuovi modelli soltanto negli ultimi anni influenza questo dato, ma di certo il rinnovo del parco auto italiano per ora vede solo in posizione marginale le vetture a trazione elettrica anche solo parziale.
Con queste premesse per uno svecchiamento del parco auto italiano, che rimane arretrato anche rispetto a molti altri mercati europei, servirà molto di più di un rinvio delle multe sulle emissioni. Si dirà che gli incentivi finora sono stati a vantaggio delle auto con emissioni minori, ma forse tra un dibattito sulla neutralità tecnologica e l'Europa madre matrigna, ci si accorgerà pure che in auto l'auto più venduta resta sempre la panda. Come a dire che anche il portafoglio ha le sue ragioni che i dibattiti "alti" su talk show e stampa di settore non vedono. O non vogliono vedere.