Iliad, risultati in crescita nel 2024 e cala anche il leverage
pubblicato:Il colosso telefonico francese di Xavier Niel chiude un buon anno, ma il debito non cala e mancano certi proventi straordinari del 2023. L'M&A però non si ferma e in Italia il prossimo round potrebbe portare a TIM dopo il fallimento dell'operazione su Vodafone

Difficile non cedere alla tentazione di sbirciare il bilancio 2024 di Iliad. Il colosso francese guidato dal CEO Thomas Reynaud ha pubblicato i risultati del 2024 che si è concluso con un balzo davvero impressionante dell’utile netto del 15,5% a 367 milioni di euro.
I ricavi del gruppo sono cresciuti dell’8,5% a oltre 10 miliardi di euro e l’EBITDAaL, ossia l’ebitda dopo i leasing (voce spesso impiegata nel settore al posto dell’ebitda) è aumentato dell’11,8% a 3,85 miliardi di euro.
L’EBITDAaL consente anche di misurare l’apporto alla gestione caratteristica delle diverse geografie in cui la società controllata da Xavier Niel si muove.
Si (ri)scopre così che la telecom lowcost che ha terremotato il mercato italiano negli ultimi anni ha nel Bel Paese soltanto il proprio terzo mercato di riferimento. Sul totale di un Ebitdaal da 3,85 mld influisce infatti per infatti la Francia per 2,6 mld (+8,9%), la Polonia per 938 milioni (+16,6%) e l’Italia per 308 milioni di euro (+24,5%). In percentuale significa che la Francia fa più di due terzi della gestione caratteristica di Iliad, che la Polonia copre un altro 24% e che l’Italia è appena l’8%, una percentuale non trascurabile certo, ma ai bordi della scena.
Iliad, investimenti in crescita in Italia e Polonia nel 2024
Gli investimenti operativi del gruppo, nel senso dei Capex, riflettono in parte questo assetto: i capex nel 2024 sono sostanzialmente stabili a 2,022 miliardi di euro (+0,3%), ma la loro dinamica interna è differenziata: flettono del 3,7%, che significa una sessantina di milioni in meno a 1,444 miliardi in Francia, ma crescono a doppia cifra sia in Polonia (307 mln, +12,9%) e in Italia (+11,5% a 271 mln). E’ facile interpretare questi numeri come la volontà del gruppo di rafforzarsi su scala europea a partire dalle due aree fuori dalla Francia dove è più presente.
E’ semplice algebra poi, con l’ebitdaal che cresce dell’11,8% e i capex sostanzialmente stabili, l’operating free cash flow abbia spunti positivi balza infatti del 28% a 1,828 miliardi.
Iliad, flussi meno corposi e il debito resta lì
Ma nell’equilibrio del calcolo dei flussi per un quadro più completo bisogna mettere anche la variazione del capitale circolante netto passato da un saldo negativo di 557 milioni di euro a uno di -241 milioni di euro, con un incremento quindi di ben 280 milioni di euro che assorbono flussi di cassa.
Sottraendo tasse per 448 milioni (-24,6%) e interessi per 453 (+3,9%), il saldo dei flussi sarebbe ancora positivo se non fosse per il venir meno di 1,53 miliardi di euro che nel 2023 avevano portato flussi straordinari nelle casse del gruppi grazie a diverse operazioni come la vendita del 50% delle quote della polacca PŚO a InfraVia Capital Partners group, la cessione del residuo 30% di OTP a Cellnex e versamenti alla fine del 2023 da IFT per la riorganizzazione dell’assetto proprietario di questa joint venture. I rapporti con Infravia sono solidi e di lungo periodo, per esempio entrambe controllano SPIN, nata da IFT, che gestisce linee in fibra ottica, e in Polonia PSO è passata al modello wholesale dopo lo spin-off di UPC, ora Play e UPC sono tra i vari clienti di PSO.
Comunque alla fine del 2024, scorrendo ancora il rendiconto finanziario, si nota che il consolidated free cash flow segna un crollo del 70,9% a 517 milioni di euro. Dovuto appunto soprattutto al venir meno soprattutto delle citate poste straordinarie del 2023.
Inoltre i dividendi da € 356 mln pagati ai soci della capogruppo hanno mostrato una flessione del 50% circa. L’insieme di questi fattori spiega in parte perché, nonostante un ebitdaal in forte crescita e capex sostanzialmente stabili, la posizione finanziaria netta di Iliad cresca leggermente a circa 10,3 miliardi di euro (il debito lordo è di 11,271 mld). Cifre da tenere sotto controllo visto che il patrimonio totale ammonta ad "appena" 4,798 miliardi di euro. Ma il balzo a doppia cifra dell’ebitdaal consente comunque di ridurre il leverage da 3,0x a 2,7x.
Iliad, in Italia il gruppo si guarda intorno, TIM fra le opzioni possibili
In Italia dove Iliad serve ormai 11,6 milioni di clienti nel solo settore del B2C, il business to consumers che è il cuore del mercato e in cui vanta una quota di quasi il 15% (al netto dell’M2M, il machine-to-machine che è un settore in evoluzione, ma con dinamiche proprie). Nel Bel Paese la compagnia ha piani mobile standard e offerte anche M2M e data-only e offre con i propri piani anche smartphone Apple e Samsung.
Nel B2B dal 2023 la compagnia ha lanciato più di un’offerta per le PMI e nel mercato della linea fissa si è proposta dal 2022 alla clientela interessata alla fibra.
Non sono però neanche mancati gli scorni come il fallimento del piano di conquista degli asset italiani di Vodafone. La britannica infine è convolata a nozze con la Fastweb di Swisscom.
Dopo la fusione Wind-Tre e la cessione della rete in fibra di Telecom Italia a KKR, il clima di atteso consolidamento del settore (atteso dagli operatori, dai clienti un po’ meno) è diventato contesto di ogni discussione sulle tlc italiane e Iliad e TIM si guardano sempre più da vicino. Il futuro di TIM cambierà ancora il quadro e c’è chi si sfila, come Vivendi che ha da poco venduto il 5% circa, e chi entra invece in partita, come CVC o Poste Italiane, che come noto ha comprato il 9,81% di TIM da CDP di recente.
L’ad di TIM, Pietro Labriola, l’ha detto con una chiarezza rara per questi contesti: “Lo abbiamo sempre detto che dal punto di vista industriale gli unici due possibili obiettivi per un’attività di M&A erano Iliad o Poste. Quando abbiamo iniziato a dirlo era il 2022. Ci sono voluti tre anni e adesso tutti stanno discutendo di questa cosa. Io non ho una preferenza specifica”.
Di certo dopo la cessione della rete in fibra e di Sparkle, le cose si fanno più facili per un merger, anche se c’è chi vede nel futuro di TIM ulteriori spezzatini.
Un sentimento è però diffuso e comune tra i player: se il consolidamento servirà a far salire i prezzi, ben venga, la sostenibilità degli investimenti futuro deriva anche da quello. Ci si possono mettere i server per l’AI o per il cloud, i nuovi business per i servizi alle PMI o la preparazione di offerte incrociate con le multiutility, ma alla fine è soprattutto una questione di redditività. E su questo fronte il mercato mantiene gli occhi ben aperti.