Auto: sciopero USA, si ferma anche la più grande fabbrica di Stellantis

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Sono ormai più di 40 mila gli operai dell'auto in sciopero negli Stati Uniti. La situazione si fa sempre più difficile. Impatti da 9,3 miliardi di dollari secondo alcuni osservatori, le richieste, le proposte e la questione politica

Auto: sciopero USA, si ferma anche la più grande fabbrica di Stellantis

Ieri a sorpresa è scattato lo sciopero anche nello stabilimento di assemblaggio di Sterling Heights (SHAP), periferia di Detroit, nello Stato del Michigan che sarà fondamentale per le prossime elezioni presidenziali del 2024. Altre 6.800 tute blu hanno incrociato le braccia e mandato ko la produzione dei pickup RAM 1500, tra i più venduti di Stellantis e tra i più venduti d’America.

Shawn Fain, il presidente del sindacato UAW che dallo scorso 15 settembre ha avviato il primo sciopero nazionale che coinvolge tutte tre le grandi case automobilistiche statunitensi – la Chrysler di Stellantis, la GM e la Ford – ha affermato che Stellantis, è la casa con più ricavi, più margini, più profitti, ma è rimasta indietro nelle proposte, specialmente sul percorso di crescita dei salari, sulla paga dei lavoratori temporanei, sulla conversione al tempo pieno e sui meccanismi di adeguamento al costo della vita.

Stellantis si è detta indignata dal nuovo sciopero: “Giovedì mattina abbiamo presentato una nuova offerta migliorativa a UAW, comprende un aumento dei salari del 23% per tutta la durata del contratto [4 anni ndr], un incremento dei contributi previdenziali di quasi il 50% e altre misure di protezione sociale per i nostri lavoratori. Dopo diversi confronti che sembrano produttivi, abbiamo lasciato il tavolo dei negoziati in attesa di una contro-proposta”.

Invece lo sciopero, che Stellantis definisce un ulteriore danno all’intera industria automobilistica e alle economie locali, statali e nazionali. Una ferita dalle conseguenze durevoli, capace di ridurre non solo la quota di mercato, ma la redditività della società danneggiandone la capacità di competere, investire e premiare i propri dipendenti.

Il mantra della UAW però rimane lo stesso: Ford, GM e Stellantis hanno registrato profitti da 250 miliardi di dollari in Nord America nell’ultimo decennio. Hanno fatto utili per 21 miliardi di dollari soltanto nei primi sei mesi di quest’anno e ancora rifiutano di fissare dei contratti che condividano una parte di questi proventi con i lavoratori.

USA: sciopero UAW, la situazione di Stellantis

Lo sciopero di Sterling Heights è il secondo grande sciopero a sorpresa della UAW. Lo scorso 11 ottobre la era stata colpita la più grande fabbrica della Ford, un impianto del Kentucky dove 8.700 operai avevano bloccato le attività e paralizzato uno stabilimento che con i suoi veicoli fattura 25 miliardi di dollari l’anno.

Stellantis ha confermato di avere alzato la proposta in linea con le altre due big dell’auto Usa, ossia di avere offerto un aumento dei salari del 23% nei 4 anni del nuovo contratto. Sul tavolo è stato messo anche un aumento del 50% dei contributi previdenziali. Ma il nodo del contendere in questa fase è un altro.

All’inizio delle trattative le tre case automobilistiche prevedevano che per i nuovi assunti servissero 8 anni per raggiungere il salario pieno, ma i negoziati con Ford hanno tagliato la soglia ai 3 anni (come a metà anni Novanta). Su questo punto – denuncia la UAW – Stellantis è ancora indietro e propone 4 anni.

L’altro fronte di scontro sono i meccanismi di adeguamento salariale al costo della vita (COst of Living Adjustments – COLA). UAW afferma di essere riuscita a convincere Ford a tornare alle previsioni del 2009, cosa ritenuta prima impossibile, mentre Stellantis rimane indietro e nel primo anno non intende applicare meccanismi di adeguamento.

Meno duro lo scontro sulle misure di condivisione dei profitti, con Ford che ha aperto anche ai lavoratori con 90 giorni di anzianità e Stellantis che ha fatto delle concessioni, ma non è ancora sui livelli di Ford.

Con l’ultimo strike Stellantis ha vari stabilimenti americani in sciopero: quello di Toledo (Ohio), con circa 5.500 lavoratori; i centri di distribuzione e ingegneria dei componenti Mopar che coinvolgono circa 20 località negli States e circa 2.300 lavoratori, infine il nuovo sciopero di Sterling Heights dove però Stellantis conta circa 6.500 dipendenti. Fanno quindi circa 14.300 lavoratori in sciopero, ma poi ci sono i licenziamenti (che dovrebbero essere temporanei) collegati al venir meno della produzione negli impianti. Sono circa 1.520 persone tra Toledo, Trenton (Michigan) e Kokomo (Indiana).

Sciopero Auto USA: la situazione complessiva

In un comunicato uscito proprio ieri, l’Anderson Economic Group ha calcolato in 9,3 miliardi di dollari di perdite l’impatto degli scioperi UAW del 2023 sull’industria automobilistica. Il calcolo è fino al 19 ottobre e include i salari degli addetti alla componentistica ($ 488 mln), le perdite delle società di componentistica ($ 4,18 mld), salari e proventi dei fornitori ($ 2,78 mld) e infine le perdite di concessionari, acquirenti e altre parti dell’industria ($ 1,86 mld).

Uno dei rischi che Anderson vede è quello del rinvio a tempo indefinito di importanti investimenti dell’industria, per esempio nell’auto elettrica. Proprio questo è uno dei temi più caldi anche se meno discussi nell’ondata attuale di scioperi. Come noto infatti la produzione di auto elettriche richiede molto personale in meno rispetto alle auto tradizionali e gli operai che oggi incrociano le braccia per ottenere salari più adeguati al costo della vita, temono che in futuro l’industria abbia meno posto per loro e chiedono quindi maggiori garanzie.

Attualmente la UAW chiede un incremento dei salari del 36% in quattro anni (la richiesta iniziale era del 46%) con la settimana corta di 32 ore.

Attualmente i dipendenti UAW guadagnano 28 dollari l’ora, ma quelli assunti dopo il 2007 sono nella seconda fascia e la loro paga scivola nella forchetta tra i 16 e i 19 dollari l’ora. Secondo alcuni calcoli il potere d’acquisto degli operai USA sarebbe crollato del 19,3% dal 2008 a oggi a causa dell’inflazione.

La distinzione fra vecchi assunti con maggiori privilegi e neoassunti meno tutelati è proprio uno dei bersagli della UAW che punta ad adeguare i nuovi trattamenti e non soltanto dal punto di vista salariale. Per esempio la salute: i pensionati assunti prima del 2007 hanno i servizi sanitari al pensionamento, gli operai assunti dopo il 2007 no.

Le distanze tra le parti si sono accorciate notevolmente, ma rimangono ancora importanti, insomma, come dimostra quest’ultimo sciopero a Detroit.

Auto, il lato politico dello sciopero USA

C’è infine anche la componente politica a complicare le cose. Lo scorso 26 settembre il presidente statunitense Joe Biden ha visitato i picchetti della UAW in Michigan, schierandosi direttamente con gli operai che protestavano e affermando che i lavoratori meritavano gli aumenti e le altre concessioni che chiedevano. Era la prima volta a memoria d’uomo di un inquilino della Casa Bianca al picchetto, ma le ragioni sono parse subito chiare. Lo Stato del Michigan è uno stato chiave per le prossime elezioni presidenziali del 5 novembre 2024.

L’appoggio di operai e sindacati di una delle maggiori industrie degli Stati Uniti sarà fondamentale per Biden, anche in chiave anti-Trump, e serve a scardinare alcuni dei pilastri populisti che hanno agitato le ultime elezioni. Almeno dal punto di vista del presidente. Secondo le stime di AP VoteCast nel 2020 Biden ottenne l’appoggio del 56% dei sindacati contro il 42% di Trump.

In molti sono rimasti delusi nel 2018 dall’ondata di chiusure della General Motors che ha coinvolto più di 14 mila lavoratori senza che Trump, il presidente che aveva promesso la difesa del lavoro Usa riuscisse a opporsi.

La questione comunque rimane aperta e già qualcuno parla di “political drama”, perché il tema della difesa dei lavoratori e della classe media è stato uno dei più importanti nel dibattito politico degli ultimi anni.

Senza considerare che, dopo anni di inflazione che hanno falciato il potere di acquisto e con l’ombra dell’elettrificazione dei trasporti che minaccia concretamente diverse produzioni, sicuramente anche nel 2024 il lavoro e il salario saranno temi caldi della campagna elettorale.