Opa Alkemy, salta il delisting e il titolo ritorna sotto i 12 euro
pubblicato:I dissidenti bloccano Retex, tutto rinviato in attesa di tempi migliori. La martech del fondo FSI con l'abbassamento della soglia al 50% più un voto accetta implicitamente di lasciare Alkemy a Piazza Affari. Si riposizionano le truppe
L’opa su Alkemy resta una delle partite di Borsa in questo finale d’estate 2024 che è già quasi autunno.
Il braccio di ferro dell’offerente Retex con i soci di minoranza che giudicano incongrua la proposta continua. Ma l’ultimo capitolo della minisaga tecnologica di Piazza Affari è l’addio all’obiettivo del delisting, almeno nel breve.
Con l’abbassamento della soglia dell’opa al 50% più un voto di Alkemy, in pratica Retex rinuncia a portare via a Piazza Affari la società.
Servirebbe infatti il 90% dei voti in Assemblea per delistare Alkemy con sicurezza o almeno il 66,67% dei voti per provare entro 18 mesi a far passare in assemblea straordinaria una fusione che scavalcherebbe i dissidenti. Ma con la soglia ridotta al controllo di misura, no se puede. Si rimane quotati. E si aspetta.
Opa Alkemy, il nodo dei soldi
Ma cosa ha scatenato i contrasti sull’offerta? Il nodo – neanche a dirlo – sono i soldi.
I 12 euro messi sul piatto dalla martech che ha usato come cavallo di Troia il co-fondatore di Alkemy Duccio Vitali (o forse è stato il contrario) incorporano un premio del 20,78% sui prezzi del 31 maggio 2024, l’ultimo giorno prima dell’annuncio esplosiva di un’opa in arrivo da Retex. IL colosso della tecnologia con 600 persone e più di mille clienti (spesso di taglia) in 32 Paesi ha alle spalle FSI SGR, che ci ha messo dentro almeno 100 milioni di euro 15 giorni prima dell’opa su Alkemy e che quindi aveva preparato tutto per benino.
A partire dall’accordo con il primo socio di Alkemy, l’amministratore delegato Duccio Vitali, che promette l’11% del capitale (il 10,95% per l’esattezza, ovviamente al prezzo di offerta di 12 euro) della società che guida dal 2012. Il manager con un passato in Bain & Co potrebbe incassare oltre 7,5 milioni di euro inserendo la “creatura” nella famiglia più ampia di Retex. In un certo senso sarebbe l’approdo naturale di un percorso di aggregazioni nel mondo dei servizi digitali per le imprese (Seolab, Alkmey USA, Alkemy Tech, BizUp, Nunatac, Go Grupo Ontwice, Design Group Italia, XCC, Innocu Solutions) e l’insediamento in vari nuovi mercati europei (dalla Spagna alla Serbia). Ma nella compagine azionaria e nel management si aprono delle faglie sismiche che rivelano subito un dissenso importante sull’offerta inattesa.
Sui prezzi del collocamento del 2017, a 11,75 euro, l’opa di Retex ha un premio di appena il 2,13%, per chi ci ha creduto subito, come Tamburi (TIP), che aveva comprato il 7,9% (425 mila azioni) in fase di IPO, è un tradimento.
Così la pensano evidentemente anche altri manager di Alkemy, quelli che a inizio settembre hanno siglato un patto di sindacato anti-opa sul 10,26% del capitale (14,98% dei diritti di voto), a partire dal presidente e cofondatore Alessandro Mattiacci (con la sua Lappentrop), dal consigliere Riccardo Cesare Lorenzini, da Qmat e da Francesco Hensemberger.
Già ad agosto invece Alberto Bitetto, imprenditore di Twinfin con il 5,02% del capitale (285.345 azioni che votano per l’8,01%), aveva invece stretto un accordo con Retex per aderire all’opa. Un’adesione importante che si aggiungeva all’accordo di vendita e reinvestimento con Vitali e a quelli con altri 10 azionisti di Alkemy per un totale di 1.078.019 azioni, il 18,96% del capitale e il 27,64% dei voti. Si saliva così al 24% quasi del capitale di Alkemy (e al 35,7% dei voti che contano in assemblea). Truppe in movimento insomma.
Opa Alkemy, multipli e numeri della società in un 2024 peggiore del previsto
Ma il patto contro l’offerta del presidente e di Lorenzini è comunque un colpo. Pochi giorni dopo Retex abbassa la condizione soglia per l’offerta al 50% dei voti più uno.
Salta implicitamente il delisting. Si viene ai patti, anche il prezzo di Alkemy scivola sotto la soglia dell’offerta e torna a 11,80 euro (appena sopra i valori dell’IPO).
Un rapido sguardo ai multipli calcolati da Reuters ci dice che siamo su un P/E TTM (il rapporto prezzo/utile ordinario degli ultimi 4 trimestri) di 22,51x e su un P/E Forward (prospettico) di 16,25x Non proprio un titolo regalato.
Anche se forse quotare appena 0,61 volte le vendite e 1,44 volte il book è un po’ sacrificato per un tecnologico.
D'altronde gli ultimi trimestri hanno deluso molto.
Nel primo semestre i ricavi di Alkemy sono cresciuti da 57,47 a 58,24 milioni di euro circa, ma il margine operativo lordo è crollato da 5,31 a 2,65 milioni di euro e nei sei mesi si è registrata una perdita di 855 mila euro contro l’utile da 1,4 milioni della prima metà del 2023.
Redditività insomma in netto peggioramento per una crescita dei costi per servizi, merci e altri costi operativi (26,24 mln, +8,7%) più che proporzionale alla crescita dei ricavi. Con il risultato che l’ebitda adjusted è crollato del 20,4% a 4,76 milioni.
Né si vedeva nel breve la luce: il comunicato di Alkemy confermava per la seconda metà del 2024 un andamento in linea con la prima parte dell’anno, con ricavi in leggera crescita soprattutto sul mercato nazionale (che fa due terzi del totale) e minore marginalità rispetto al 2023.
Solo dal 2025 dovrebbero fruttare gli investimenti nella riorganizzazione e nei nuovi sales manager esperti entrati nel gruppo.
C’è da aspettare ancora, insomma, se si crede nel business. Deluso Giovanni Tamburi, tra i maggiori dissidenti sull’offerta di Retex ricorda che la relazione al bilancio 2023 di Alkemy parlava di prospettive di forte crescita dei ricavi e dei margini. Tutto rinviato. E arriva pure un’opa ai prezzi dell’IPO nel mezzo, praticamente valutazioni in linea con un periodo in cui Alkemy fatturava la metà.
Il controllo di Retex sul gruppo, anche se di misura, rimane la prospettiva di governance più vicina, poi si vedrà. Insomma un altro un rinvio.