Prysmian aggiorna i massimi, ma le sfide non mancano
pubblicato:Nuovi record per il colosso dei cavi, già una settimana fa i primi segnali, ma ci sono almeno due temi da mettere in conto: debito e margini dopo l'acquisizione di Encore e il rialzo dei prezzi del rame
Nuovi massimi storici con un’apertura in gap confermano il momento d’oro di Prysmian, il colosso globale dei cavi guidato da Massimo Battaini e quotato a Piazza Affari. Qualcuno già mormora: “non si ferma più” e, visto che il titolo ha più che raddoppiato il proprio valore dall’ottobre 2023 a oggi, è difficile dargli torto. I top di stamane a 67,58 euro sono un nuovo record, anche se va notato che avvengono tra volumi non proprio brillanti.
Il vero scatto è stato in realtà giovedì scorso, il 19 settembre, quando i corsi hanno battuto di misura i baluardi posti a 64,66 euro dai top di luglio e accostati senza successo a fine agosto con una conferma dell’ostacolo di area 64. Giovedì scorso il titolo ha assediato la fortezza e se l’è posta alle spalle, con decisione e volumi crescenti. Il mercato se ne è accorto e il giorno dopo, tra nuovi massimi ma in un trading range relativamente contenuto, sono passati di mano oltre 3,35 milioni di azioni di mano, circa il triplo della media giornaliera, quasi lo 0,8% del capitale di una società del Ftse MIB in un giorno.
Trasformati in supporto, i livelli di area 64, hanno fatto da trampolino di lancio e quindi si è avuto il decollo delle ultime due sedute. È sostenibile?
Prysmian, un rally sostenibile?
Qualcuno storce il naso indicando il debito finanziario e ricordando che la maxi-acquisizione dell’americana Encore. Sugli impatti dell’operazione il gruppo ha redatto un documento informativo con i pro-forma che calcolano, sulla base dei dati 2023 e dei numeri dell’acquisizione, i nuovi livelli di patrimonializzazione e di redditività attesi.
Per essere chiari se l’indebitamento storico nel 2023 di Prysmian era di 3,1 miliardi di euro, con il pro-forma che incorpora gli effetti dell’acquisizione di Encore Wire si vola a 6,486 miliardi di euro. Pesano in altre parole nuovi finanziamenti per l’acquisizione da oltre 3,38 miliardi che contribuiscono in maniera decisiva ai 4,34 miliardi di euro riconosciuti agli azionisti di Encore Wire (si sommano la cassa di Encore Wire per circa mezzo miliardo, costi di transazione per 69 milioni, esborsi per stock option e bonus da 196 milioni e altre voci minori). Il patrimonio pro forma si pone a 3,961 miliardi, quindi il rapporto debt/equity, che misura il peso del debito netto sui mezzi propri, vola da 0,78x a 1,63x: un cambiamento importante.
Un cambiamento che si riflette anche sulla redditività e sul conto economico. In trasparenza Prysmian comunica infatti che se gli oneri finanziari netti erano di 96 milioni di euro nel 2023, il dato 2023 pro forma, che incorpora l’impatto dell’acquisizione, arriva a 221 milioni di euro, più del doppio.
Un impatto quindi importante su tutti i fronti, anche se ci sono ovviamente anche i pro. Encore Wire dovrebbe infatti portare circa 2,38 miliardi di ricavi in più e ben 417 milioni di euro di risultato operativo (su un precedente livello di 860 milioni per “Prysmian as alone” significa poco meno di un 50% in più). L’utile netto aggiuntivo è di 344 milioni per il gruppo, più della metà del risultato di Prysmian da sola per un totale di circa 760 milioni di euro di utile netto pro forma su dati 2023.
Prysmian, i target, i multipli...
A ponderare questo scossone negli equilibri di bilancio di Prysmian contribuiscono in maniera importante gli obiettivi della società che nella semestrale 2024 ha alzato i target. In quell’occasione i debiti di Prysmian (senza considerare Encore) avevano registrato un calo del 36% a 1,32 miliardi, ma c’era stato un aiutino importante da parte della soft call che aveva garantito affari d’oro ai fortunati obbligazionisti della prima ora. Né sullo slancio dei corsi che si proietta ormai sull’autunno va ignorato il carburante del buyback da 375 milioni. Al 24 settembre il gruppo era salito al 2,12% del capitale proprio, investendo 157 milioni in oltre 2,63 milioni di titoli. L’”Americanizzazione di Piazza Affari” dove i buyback diventano una nuova normalità della proposta di valore passa insomma anche da Prysmian.
Ma segniamo i target aggiornati: l’ebitda adjusted a 1,90-1,95 miliardi e il free cash flow tra 840 e 920 milioni implicano nel mid point un miglioramento del 18,2% e del 21,5% rispettivamente, ma il consensus sull’ebitda adjusted è un po’ sotto, a 1,915 miliardi. Bisognerà poi vedere però quale sarà l’impatto di oneri finanziari potenzialmente più che raddoppiati. Bisognerà incorporare insomma il raddoppio del peso degli oneri dal 5,9 al 10,5% dell’ebitda rettificato.
Reuters calcola per Prysmian un P/E Forward di 22,27x che sulla capitalizzazione di ieri al closing di circa 19,06 mld significa una stima di utile 2024 di 855 milioni di euro, probabilmente un po’ generosa. Si tratterebbe di un’evoluzione comunque importante sui prezzi attuali di un P/E TTM di 33,78x. Il segreto è sempre quello di una forte crescita della redditività, che potrebbe giustificare i multipli elevati di oggi.
Prysmian e la corsa del rame
Qualche dubbio rimane e, anche se Corning ha appena confermato la guidance 2024 sui cavi ottici e la loro domanda (Prysmian fa anche questo), va evidenziato che la strategica esposizione della società italiana dei cavi a tutti i megatrend della transizione, dal collegamento degli impianti fotovoltaici all’evoluzione delle smart grid, questo la coinvolge naturalmente anche nel mercato delle materie prime che li sostengono, a partire dal rame.
Come materia prima è un costo vivo per Prysmian e le sue oscillazioni possono influire in materia notevole sui risultati del gruppo. Il rame in queste ore passa di mano a Londra, nel contratto principale, a 9.800 dollari a libbra, con un rialzo del 2,75% sui prezzi di ieri che diventa un balzo del 10,58% in 6 mesi e del 20,9% in un anno. Per Prysmian potrebbe essere una sfida.
Il gruppo si è munito proprio quest’anno di una partnership con Aurubis, fornitore mondiale di rame riciclato, che dovrebbe soddisfare soprattutto gli stabilimenti europei. Nel primo semestre su 7,82 miliardi di ricavi la voce “materie prime, materiali di consumo e merci” ha pesato per 5,07 miliardi.
Ma in realtà il gruppo mostra una grande capacità di pricing power e adattamento e anzi ha lamentato nella prima metà di quest’anno un rallentamento della domanda Usa di cavi in rame dovuta al destocking dei clienti locali.
Un confronto dei prezzi delle azioni di Prysmian con le quotazioni dei future sul rame a Londra conferma le tensioni su questo fronte: c’è una divergenza forte tra maggio e fine luglio, che indica tensioni e suggerisce una decorrelazione forte nel momento in cui i prezzi del rame sono schizzati su nuovi massimi storici a 10.950 dollari e poi hanno avviato un ripiegamento profondo dal quale solo da agosto hanno avviato un recupero parziale.
Il significato è che Prysmian potrebbe essere influenzata da forti tensioni sui prezzi del rame (tutt’altro da escludersi alla luce di vari fattori, dalla geopolitica che ne impone l’impiego negli armamenti e l’apprezzamento a causa delle tensioni nelle supply chain, al boost fornito dal deprezzamento del dollaro). E anche questa è una sfida tutta da bilanciare. Ma va precisato che nell'ultimo anno Prysmian ha sovraperformato sul rame: quest'ultimo correva, ma la società italiane faceva ancora meglio.
Ma la domanda è: il rally continuerà anche con l'impatto di Encore Wire?