Da Newlat a New Princes, i piani del nuovo colosso alimentare europeo

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Come balzare da meno di 800 milioni a oltre 3,34 miliardi di euro di giro d'affari e se si realizzano le acquisizioni previste perfino 5 miliardi. Il nuovo colosso alimentare che controlla già Centrale del Latte d'Italia ha annunciato il nuovo piano che tiene conto dell'acquisizione UK di Princes che cambierà brand, dimensione, flussi di cassa e tutto il resto

Da Newlat a New Princes, i piani del nuovo colosso alimentare europeo

Newlat Food o meglio il New Princes Group che nascerà dalla maxi acquisizione di Princes ha annunciato ieri il piano industriale al 2030 che fornisce nuovi spunti per la valutazione di un gruppo che con la maxi intesa cambia taglia e prospettive.

Un certo numero di informazioni generali era emerso a fine maggio. In pratica il gigante alimentare Newlat Food, che già controlla la quotata Centrale del Latte d’Italia (-1,41%) e molti altri brand e impianti comprerà per con 700 milioni di sterline (circa 820 milioni di euro) un colosso britannico con importanti impianti, mercati e prodotti. Il risultato fatturato più che triplicato a 2,8 miliardi di euro già quest’anno 2024.

Newlat Food compra il gigante britannico ed europeo Princes da Mitsubishi che rientra come azionista di minoranza nel nuovo protagonista europeo New Princes. Ma ecco i numeri dell’operazione, le strategie e i target emersi dal nuovo Piano 2024-2030.

Newlat Food: la New Princes ricavi annui +3% fino a 3,34 mld, ma è solo l’organico, nuove fusioni potrebbero portare l’obiettivo a 5 miliardi di euro

Numeri impetuosi per il colosso alimentare. Tutti fermi, ovviamente parliamo di un settore a redditività relativamente bassa l’utile netto pro-forma di New Princes a bocce ferme è di 31,4 milioni di euro sommando semplicemente Newlat Food con Princes e quindi ottenendo ricavi da 2,8 miliardi. Ossia una marginalità dell’utile sui ricavi intorno all’1,12%, ma parliamo anche di un settore carico di flussi di cassa.

L’ebitda adjusted a bocce ferme è di 188 milioni di euro, circa il 6,71% del giro d’affari.

Ma mentre per i ricavi organici, ossia della New Princes senza ulteriori acquisizioni, sono attesi in crescita del 3% in media ogni anno (CAGR) fino al 2030 e fino a 3,34 miliardi di euro, per l’ebitda adjusted il tasso di crescita annua è previsto al 15% in media da subito, ossia nei prossimi tre anni fino al 2026, quando dovrebbe raggiungere i 287 milioni di euro, grazie alle sinergie, al leveraging operativo e all’efficientamento previsti. La tappa successiva sono i 317 milioni di euro su base organica nel 2030.

In altre parole è verosimile che in uno scenario definito dalla società conservativo, si liberi una forte generazione di cassa dovuta anche agli effetti della fusione e che la redditività passi a un ebitda margin del 9,5% al 2030 contro il 6,7-6,8% circa della partenza. Quindi sinergie e prospettive dunque?

Newlat-Princes, le sinergie e il resto

I ricavi stimati in crescita media del 3% l’anno (senza considerare fusioni ulteriori già nei radar del management) non tengono conto di eventuali sinergie commerciali derivanti dall’interazione tra Newlat e Princes. E su questo fronte il presidente esecutivo Angelo Mastrolia si aspetta volumi addizionali in diverse aree di business, per esempio nel pomodoro, dove Princes porta in dotazione il più grande stabilimento di lavorazione d’Europa, quello di Foggia, uno stabilimento da 160 mila metri quadri capace di lavorare 300 mila tonnellate di pomodoro fresco l’anno (!).

Più nel dettaglio il gruppo calcola 36 milioni di euro di sinergie totalmente indipendenti dall’andamento del giro d’affari, ma ritiene che le sinergie commerciali possano facilmente portare l’ebitda margin, la redditività fino al 10% entro il 2030.

È proprio la logica industriale la base del progetto del nuovo gruppo che moltiplicherà il fatturato ma che darà prova di sé soprattutto negli intrecci nuovi tra filiere, prodotti, marchi e mercati su scala più che europea.

Ci saranno nuove categorie complementari con il pomodoro in scatola Delverde, Pezzullo, Birkel (fortissimo in Germania) e altri marchi di pasta, come la Napolina la cui produzione attualmente esternalizzata da Newlat Food potrebbe essere internalizzata e anche allargata a nuovi formati, ma anche sul fronte del private label.

Il nuovo gruppo avrà 31 impianti in Europa (16 in Italia e 10 nel Regno Unito, ma con forti presenze anche in Francia e Germania e Polonia oltre a 2 plant nelle Mauritius collegati al business del tonno che è un punto di forza di Princes) e supererà gli 8.800 dipendenti. Nuove opportunità sulla produzione per Newlat Food e di vendita per Princes, quindi sinergie di scala sui costi e ancora spunti sui marchi e sui mercati dei due gruppi a valle.

New Princes, debito netto, redditività e leverage

A bocce ferme New Princes ha un debito netto pro-forma di 616 milioni di euro. Significa appena 3,28 volte l’ebitda ed è già relativamente poco, ma il gruppo punta proprio sui flussi di cassa. Così all’ebitda che cresce a doppia cifra da subito (+15% in media fino al 2026 come detto sopra) serve l’altra componente, quella del working capital della variazione del capitale circolante netto, crediti commerciali più rimanenze meno debiti commerciali, e su questo fronte è già programma una gestione più efficiente.

Si arriva così a un FCFO (free cash flow from operations) ossia a un flusso di cassa dalle attività operative che parte a 80 milioni nel pro-forma ed è proiettato a 172 milioni di euro nel 2030.

Questo dovrebbe in pratica comprimere l’ebitda leverage (debito netto su ebitda) oggi al 3,28 fino a poco sopra l’unità nel 2026 e poi spingerlo a 0,26

Fanno parte della partita ottimizzazioni dei capex (gli investimenti operativi in immobilizzazioni) e la riduzione degli oneri finanziari collegati alla dinamica miglioramento dell’ebitda-riduzione dell’ebitda leverage-riduzione dell’ammontare del debito.

Un consolidamento che come anticipato potrebbe presto portare il gruppo a una solidità patrimoniale tale da promuovere nuove maxi operazioni, magari di taglia tale da spingere all’obiettivo di 5 miliardi di fatturato nel 2030 a fronte dei 3,34 mld attesi oggi su base organica.

Tutto questo dovrebbe insomma materialmente accrescere la redditività del gruppo e quindi il suo valore sui multipli. In termini di ROCE (ebit su capitale investito) si prevede un balzo dal 10% atteso nel 2024 al 20,9% nel 2030.

Oggi il titolo cede lo 0,93% e si riporta a 8,62 euro dopo un affondo a 8,42 euro che ha ricoperto il gap up dei prezzi registratosi ieri con un allungo fino alla soglia psicologica dei 9 euro sulla scorta degli spunti forniti dal nuovo piano.

Significa una capitalizzazione di 378 milioni di euro circa, più un debito netto pro forma di 616 milioni significa un EV di poco meno di un miliardo con un ebitda di 188 milioni pro forma vuol dire un EV/EBITDA di 5,29 (5,2x è il multiplo post sinergie calcolato dal gruppo). Sostanzialmente multipli interessanti ma che potrebbero guadagnare terreno dal miglioramento della redditività e atteso.

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