MPS conferma la voglia di Mediobanca, ma il mercato non ci crede ancora
pubblicato:MPS dati forti nel quarto trimestre, confermati i piani sul terzo polo: sinergie da 700 milioni, utile per azione in crescita, ricchi dividendi. Ma la proposta sottovaluta ancora le azioni di Piazzetta Cuccia e 2,3 azioni di MPS non ne valgono una di Mediobanca... ci vorrà dell'altro per sbloccare il dossier
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Ai corsi attuali l’offerta di MPS su Mediobanca non conviene ancora ai piccoli soci di Piazzetta Cuccia.
Con MPS a 6,294 euro per azione, la proposta di 2,3 azioni della banca senese per ogni titolo Mediobanca implica infatti sui valori correnti uno sconto del 9,6% e valuta il gruppo guidato da Alberto Nagel 12,05 miliardi di euro contro i 13,34 miliardi della sua attuale capitalizzazione di Borsa.
Non solo, tutta MPS, in questo momento di calo dopo un primo avvio positivo a Piazza Affari in concomitanza con la pubblicazione dei risultati 2024, vale 7,92 miliardi di euro, molto meno di Mediobanca in Borsa, e meno degli 8,75 miliardi della capitalizzazione di MPS il 23 gennaio, il giorno prima dell’annuncio dell’offerta pubblica di scambio.
In altre parole da quando ha annunciato l’ops Piazza Salimbeni ha perso terreno in Borsa e il recupero delle ultime quattro sedute, non ha comunque ridotto la forbice in divaricazione tra le valutazioni delle due banche.
Anche perché al contrario Mediobanca è salita in Borsa dopo l’annuncio.
I dati di Piazzetta Cuccia, in questo caso semestrali, si avranno lunedì prossimo 10 febbraio, ma la banca ha già bocciato duramente venerdì scorso la proposta di Banca MPS: nessuna valenza industriale, forte indebolimento del business, perdite di ricavi e clienti, delle migliori risorse umane, disomogeneità degli interessi del tandem Delfin-Caltagirone con quelli del resto della compagine azionaria di Mediobanca. Un fuoco di fila che lascia prevedere facilmente che il cda riterrà non congrua la proposta senese.
MPS, Lovaglio ribadisce la fiducia nel piano, ma pesa anche il network di azionisti, fiancheggiatori, advisor...
Vista oggi da Siena, la partita è ovviamente diversa però. La call di oggi dell’ad Luigi Lovaglio sui risultati di MPS nel 2024 e nell’ultimo trimestre si è ovviamente focalizzato sull’operazione grossa che il gruppo ha preparato in accordo con i soci forti Delfin (9,78%), Caltagirone (5,026%) e governo (MEF all’11,7% senza più vincoli europei).
“L’alleanza permetterà l’ingresso in una nuova fase di crescita e creazione di valore, con il sostegno di modelli sinergici e complementari di business e facendo leva sulle forze dei rispettivi brand e piattaforme”.
Alcune informazioni in più sul deal si sono avute già il 30 gennaio, quando il Comitato per le Operazioni con Parti Correlate di MPS ha dichiarato che il progetto è stato messo in piedi soltanto dal management, senza coinvolgere i soci rilevanti, che poi sono proprio Delfin e Caltagirone, che oltre al 5% e al 9,8% di MPS hanno anche il 19,39% e il 5,499% rispettivamente di Mediobanca.
Anche la determinazione del corrispettivo dell’offerta – quelle 2,3 azioni di MPS che ai corsi attuali difficilmente cattureranno l’appetito degli altri azionisti di Piazzetta Cuccia – è una decisione assunta dal consiglio di amministrazione “in piena autonomia e libertà di giudizio, al di fuori di ogni condizionamento ed in linea con la consolidata prassi finanziaria per questa tipologia di operazioni” con il supporto di management ed advisor finanziari. Sarà...
Gli advisor finanziari di MPS sono di peso.
Uno è la JP Morgan guidata per il CIB EMEA da Vittorio Grilli, già diverse volte in passato al Ministero dell’Economia, il manager sostiene da tempo Francesco Gaetano Caltagirone e Francesco Milleri nelle loro mire su Mediobanca.
Nell’aprile del 2022, una data che torna spesso nel dibattito di questi giorni sull’offerta di MPS su Mediobanca e il bersaglio grosso di Generali, la sconfitta della “cordata” (non ufficiale, ma molto ufficiosa) di Milleri e Caltagirone per l’elezione del nuovo consiglio del Leone di Trieste, passò da Mediobanca.
Quella volpe di Nagel si era fatto prestare il 4,3% di Generali da BNP Paribas e alla fine la “sua” lista del consiglio di amministrazione di Generali aveva vinto.
Philippe Donnet era rimasto alla guida di Generali con la lista di consiglio sostenuta appunto dalla stessa Mediobanca (già socia al 13,1% di Generali), dagli altri azionisti (esclusi naturalmente Delfin e Caltagirone) e dalle azioni in prestito...
Guarda caso un anno dopo, nel 2023, mentre il governo e il Parlamento discutevano la riforma del nostro malmesso sistema finanziario e Debora Serracchiani chiedeva perché Delfin fosse stata autorizzata dall’IVASS a detenere una quota superiore al 10% del capitale di Generali (oggi risulta al 9,82%), lo stesso Vittorio Grilli “audito” in Parlamento aveva criticato la lista del cda in Italia come un sistema troppo “anglosassone” utile alla governance di grandi public company dove i fondi azionisti non intervengono mentre in Italia, dove i soci sono più presenti e interessati, sarebbe meglio farne a meno.
In molti avevano letto l’intervento come un assist a Caltagirone-Delfin, che avevano perso l’anno prima contro la lista del cda di Generali.
Circolava anche la voce di Grilli candidato alla presidenza di Mediobanca in caso di stretta sulla governance di Piazzetta Cuccia da parte dei due Franceschi.
Guarda caso poi il DDL Capitali ha cambiato le norme introducendo una serie di paletti rigidi sulle liste del consiglio di amministrazione e pochi giorni fa la stessa Generali ha annunciato che rinuncerà a questo strumento.
Mediobanca dovrà presentare insomma a maggio la propria lista e metterci la faccia davanti ai soci, come il Caltagirone. Ma torniamo a MPS.
L’altro advisor della banca senese per l’operazione Mediobanca è UBS: il colosso svizzero ha richiamato nel 2023 Sergio Ermotti per guidare l’acquisizione forzata di Credit Suisse. Proprio in UBS Ermotti incontrò tanti anni fa Andrea Orcel. Da allora sono amici e condividono da tempo l’idea che in Europa le banche debbano scalare di dimensione, magari con operazioni transfrontaliere. L’amministratore delegato di Unicredit di recente ha comprato a sorpresa il 4,1% di Generali entrando ufficialmente nella partita per la prossima assemblea di maggio, quando si deciderà la guida del Leone e forse anche il destino dei piani di fusione del suo asset management con quello di Natixis.
In passato si era anche ipotizzata un’operazione Unicredit-Mediobanca-Generali, un anno fa e ancora prima nel 2021, ma senz’altro l’intervento in Generali si intreccia anche con la partita di Piazza Gae Aulenti sul Banco BPM, un’altra offerta contro carta sconveniente agli attuali corsi di mercato.
D’altronde Banco BPM poco prima dell’ops sorprendente di Unicredit aveva comprato il 5% di MPS ed era secondo i rumors (sostanzialmente confermati dai malumori del governo) alle prese con un progetto di terzo polo, scombinato poi da Orcel. I legami si intrecciano ancora di più se si considera che Banco BPM ancora prima aveva lanciato un’opa su Anima e che questa controlla un altro 4% di MPS.
La conta dei soci di MPS è importante perché l’aumento di capitale della banca senese che servirà a sostenere l’offerta di scambio su Mediobanca prevede l’emissione di circa 1,91 milioni di azioni, che sono poi più di una volta e mezzo le azioni attualmente in circolo di MPS. Si prefigura quindi una diluizione forte degli attuali azionisti di MPS e si dovrà passare dall’assemblea della banca senese in calendario per il prossimo 17 aprile, quando verrà anche pubblicato il bilancio 2024 di cui oggi sono state indicate le voci principali.
MPS ha comunque tranquillizzato stamane il mercato confermando l’intenzione di raggiungere il 66,67% della nuova entità MPS- Mediobanca e ha ribadito gli ambiziosi obiettivi del piano di conquista.
Dai recenti incontri dell’ad Lovaglio con gli investitori di Mediobanca (si era parlato di viaggi a Londra e meeting nei giorni scorsi) sarebbero anche emersi non solo sorpresa per la combinazione ardita, ma poi anche comprensione delle ragioni del piano e condivisione delle valutazioni. Se non proprio sostegni dichiarati, almeno un maggiore interesse quindi.
MPS punta su sinergie da 700 milioni e DTA da mezzo miliardo l'anno, con dividendi ricchi e crescita dell'utile per azione
Lovaglio ipotizza sostanzialmente un fusione “plug-in” che parte da due realtà molto diverse e le combina in una somma maggiore delle parti. Nel corporate & investment banking, per esempio l’eccellenza di Mediobanca si potrebbe sposare con il ricchissimo portafoglio di PMI servite dalla banca senese, lavorando per esempio in maniera integrata su minibond.
La banca commerciale di Mediobanca, la nuova Premier che ha sostituito CheBanca!, si potrebbe sposare con Banca Widiba e integrarsi nella banca digitale del nuovo gruppo (stimati 500 bancari e oltre 50 mld di TFA) fondendo le piattaforme IT aggregate. MPS che lavora allo sportello digitale e alla tecnologia con un piano di investimenti da 100 milioni di euro, Mediobanca prevede investimenti da 75 milioni nella tecnologia, un piano integrato dovrebbe portare qualcosa di buono...
Nozze tecnologiche insomma, ma soprattutto cross selling. Il private banking insieme dovrebbe raggiungere i 400 private banker. Il credito al consumo della Compass di Mediobanca potrebbe giovarsi dell’ampio network di MPS. Ne dovrebbe uscire un business mix molto più ricco ed equilibrato.
Lovaglio ha confermato i piani sulle sinergie di costo a 300 milioni e di funding a 100 milioni. Sono confermate e definite conservative le stime di sinergie complessive da 700 milioni di euro ante-imposte. Ci sarebbero economie di scala nel funding all’ingrosso e nell’offerta di investimenti in digitale, l’ottimizzazione delle fabbriche prodotto, le citate sinergie nell’IT, una razionalizzazione delle piattaforme etc.
Ma si prevedono anche costi di integrazione ante imposte di 600 milioni il primo anno.
In ogni caso MPS si attende una forte posizione di capitale con un cet1 ratio pro forma al 16% (dal 18,2% attuale) oltre il 14% minimo richiesto e una grande capacità di generare capitale organicamente con un payout ratio del 100% per i soci.
L’utile per azione adjusted dovrebbe crescere a doppia cifra.
Il RoTE (l’importante metrica del ritorno sul capitale tangibile) è atteso al 14% circa nel pro-forma.
C’è poi quella leva golosa dei crediti d’imposta differiti, quei DTA da 3 miliardi fra MPS e Mediobanca che si sbloccherebbero in un loro impiego da mezzo miliardo l’anno per 6 anni, sicuramente uno degli atout del deal. Ma, come detto, la strada per ora sempre in salita.
MPS, le commissioni più che bilanciano il calo del margine d'interesse
All’appuntamento MPS si presenta comunque con numeri molto solidi. Una delle prime cose che la banca ha sottolineato è quel miliardo e oltre in dividendi, 0,86 euro per azione, che significa un dividend yield del 14% da capogiro. Il più ricco. Il dividendo dovrebbe restare stabile quest’anno anche con la fusione.
Piazza Salimbeni regge bene al calo dei tassi, la maggiore preoccupazione per le banche commerciali che come lei si sono arricchite con i tassi d’interesse elevati degli ultimi anni. Il margine d’interesse continua a calare, dal quarto trimestre 2023 a 604 milioni è sceso a 588 milioni (-2,7%), ma le commissioni nette nello stesso periodo hanno fatto un balzo da 335,3 a 373,5 milioni di euro (+11,4%). Così il margine d’intermediazione che unisce le due voci è cresciuto da 939,5 a 961,5 milioni.
Sono calati i costi operativi (-1,7%) ed è crollato il costo del credito alla clientela (-18%), così il risultato operativo netto è balzato del 10,2% a 409,2 milioni. MPS chiude però il quarto trimestre 2024 con un utile del gruppo di 384,9 milioni in flessione del 65,7% sul quarto trimestre del 2023, ma la voce è pesantemente impattata dal venir meno dei rilasci di capitale per 471 milioni di euro che in quel periodo si ebbero con il venir meno del contenzioso sui bilanci.
Nell’intero esercizio MPS comunque registra utili per ben 1,95 miliardi, il 4,5% in meno del 2023, ma comunque una bella cifra che ha all’interno un balzo dell’utile operativo netto del 15,7% a 1,748 miliardi. Gli 1,95 miliardi di utile sono inoltre in calo, ma il consensus degli analisti stilato dalla stessa banca era per 1,8 miliardi di euro e quindi i dati sono andati molto meglio delle attese.
Banca MPS va insomma bene, ma il titolo soffre (anche oggi dopo un avvio positivo e un allungo a 6,44% con un rialzo di oltre il 2% cede alle vendite nel primo pomeriggio e si riporta a 6,29 euro dopo un minimo a 6,238) e per chi lo deve offrire agli azionisti di Mediobanca è un altro problema.
Una bocciatura implicita del mercato su cui il management dovrà lavorare ancora se vuole davvero creare il terzo polo bancario italiano.