Eurovita: soluzione vicina, breve storia di un investimento andato male

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Una gestione che in due anni è sprofondata, l'investimento ambizioso di Cinven che si è sgonfiato, la distrazione dell'IVASS da risultati in rapido deterioramento, la combattuta soluzione di sistema da 500 milioni. Intanto i riscatti restano bloccati e l'Italia perde un altro po' di fiducia mentre si studia uno schema europeo a giochi fatti

Eurovita: soluzione vicina, breve storia di un investimento andato male

Felicità a momenti e futuro incerto - cantava Tonino Carotone un anno prima del crollo delle torri gemelle - ma “crederò nell’amore”, aggiungeva.

E certo non parlava di finanza, né poteva immaginare 23 anni fa che molte certezze si sarebbero miseramente sbriciolate e continuano a sbriciolarsi nel mondo dei soldi.

Già la Grande Crisi Finanziaria ha saputo dimostrare che gli asset privi di rischio, ossia i titoli di Stato, non erano affatto privi di rischio, anzi.

A ondate le crisi immobiliare hanno scosso grandi e piccoli operatori, chi puntava sul fallimento si è arricchito. Chi doveva garantire sicurezza come il colosso assicurativo americano AIG ha dovuto accettare aiuti di Stato a miliardi per salvarsi e salvare l’economia da disastri peggiori.

Il piccolo caso di Eurovita è un atomo in queste storie di crisi, dopo una pandemia e nel mezzo di una guerra senza fine ai confini dell’Europa.

Ma è un altolà da non sottovalutare, tanto più adesso che sembra avviarsi a una soluzione. 

Eurovita, un progetto ambizioso

Eurovita è una piccola compagnia assicurativa privata, non Generali o Allianz e nemmeno Cattolica, comunque una realtà consolidata del ramo vita capace di collocare i propri prodotti tramite circa 6.500 promotori finanziari e oltre 1.000 sportelli bancari.

E' nata con un'operazione del fondo di private equity Cinven, di stanza a Londra ma famoso in tutto il mondo, che ha comprato il nel 2016 Ergo Italia da Munich Re con lo scopo di fonderla con altre assicurazioni italiane e quindi, in base al tipico orizzonte quinquennale d’investimento di questi fondi, uscire intorno al 2021. Ma l’esplosione di una pandemia globale e il rialzo dei tassi hanno complicato non poco il dossier.

Il progetto aveva da subito le sue ambizioni di crescita dimensionale, Eurovita nasceva a fine 2017 dall’incorporazione in Ergo Previdenza di Old Mutual Wealth Italy ed Eurovita Assicurazioni, il progetto punta a un grosso operatore con proposte assicurative, di risparmio, di investimento, di previdenza e di protezione.

Animato da ambizioni di crescita Cinven chiama alla presidenza un manager di fama come Davide Croff (Banca d’Italia, Fiat, BNL e altri ancora). Il CEO sarà Erik Stattin già ceo di Intesa Vita chiamato da Mario Greco.

La rete di distribuzione nel frattempo si espande, per esempio con gli accordi con la Cassa di Bolzano o con quella di Volterra. Il gruppo lavora anche con BNL BNP Paribas e completa l’acquisizione di Pramerica Life a fine 2019 da Prudential.

Le previsioni sono ambiziose, si punta a chiudere l’anno con 2,5 miliardi di premi lordi. L’obiettivo sarà raggiunto e ci sono riserve per 16 miliardi di euro, mentre la rete si giova di 11 mila promotori e 2,500 sportelli bancari.

Il CEO Erik Stattin guida un assalto al mercato articolato su tre team, quello di Luca Matassino che gestisce le reti di promozione finanziaria e private, poi quello di Carlo Motta che si dedica al canale bancario e quello di Claus Theimer che guida il canale delle agenzie.

Eurovita, arriva la crisi

Nell’autunno del 2020 Eurovita sigla anche un accordo di distribuzione decennale con Deutsche Bank in Italia.

La baracca però comincia a scricchiolare.

A fine 2020 i premi lordi complessivi crollano da 2 a 1,33 miliardi di euro e il bilancio si chiude con un rosso da 27,7 milioni mentre l’anno prima era in utile di 87,4 milioni.

D’altronde è l’anno della pandemia e anche dell’integrazione con  Pramerica Life che lascerà per strada 47 dipendenti su 90 nel percorso di fusione.

Nel frattempo crescono anche i ricorsi al mercato con l’emissione di obbligazioni. Ce ne erano state due per complessivi 45 milioni di euro nel 2015 e scadranno nel 2025, ma nel 2020 vengono emessi bond per 115 milioni di euro al 6,75% (contro il 6% e il 4,75% delle emissioni precedenti) e così c’è un balzo nei bond.

Arriva il 2021 e si fondono i ben 43 fondi interni assicurativi del gruppo in soli 6 fondi.

Il 2021 cerca di mettere a segno una ripresa. Alla fine dell’anno i premi lordi complessivi perdono un altro terzo riducendosi da 1,3 a 1 miliardo di euro circa.
Per fortuna ci sono anche 138,5 milioni di euro, 60,8 milioni di proventi da strumenti finanziari al fair value e quasi 270 milioni di proventi da vari investimenti finanziari e immobiliari.

I ricavi e proventi raggiungono così gli 1,512 miliardi e possono coprire oneri per sinistri da ben 1,127 miliardi, soprattutto collegati a importi pagati e variazione delle riserve tecniche.
Avanzano 9,12 milioni di euro appena per le imposte da 729.237 euro: utile di gruppo a 8,39 milioni quindi. A fronte di premi oltre un miliardo.

Eurovita, terremoto nel management

Arriva così un tipico segnale di crisi: il cambiamento dei manager.

Nel giugno 2021 il consigliere Mario Cuccia diventa presidente del cda, ma già nel luglio del 2022 sarà sostituito da Caspar Berendsen.

Il 29 ottobre Giuseppe Sica diventa il nuovo CEO, sostituisce Stattin che guidava da sei anni la compagnia.

Un mese dopo Camillo Candia diventa presidente. È un altro manager d’esperienza esperto di fusioni e bancassicurazione (vicepresidente di Cattolica contribuisce alla sua conquista da parte di Generali, ad di Zurich Italia e di Allianz Italia lavora alla bancassicurazione).

Eurovita, la crisi si palesa

Nel 2022 la crisi diventa conclamata e il caso diventa europeo. I ratio patrimoniali scricchiolano nella prima semestrale. C’è un coefficiente di solvibilità in calo dal 134 al 115% e il solvency capital requirement, il requisito patrimoniale richiesto sale da 471,5 a 521 milioni di euro mentre i fondi propri totali flettono da 631 a 599 milioni.

L’aumento dei tassi ha un impatto, il business unit linked ha un impatto.

E’ cambiato lo scenario dei tassi ed Eurovita pare sempre più impreparata. A fine 2022 il solvency ratio scivola sotto la soglia del 100% Eppure il rialzo dei tassi non era certo una sorpresa per i mercati, anzi. Forse la sua rapidità ha spiazzato alcuni operatori, ma il panorama era chiaro da tempo.

Il nuovo management propone un piano di risanamento a novembre, ma l’IVASS, l’istituzione che monitora le compagnie assicurative, lo boccia.

Senza un aumento di capitale che non si vede ancora all’orizzonte l’IVASS non intende bollinare il piano.

I promotori sono scesi a 6.500 e gli sportelli a quota mille, ma c’erano ancora a fine 2021 400 mila clienti, 1,7 miliardi di premi di raccolta e quasi 19 miliardi di patrimonio in gestione.

Il 21 dicembre 2022 conferma quanto anticipato a novembre: il pagamento della cedola del prestito subordinato XS1325091152, quello al 2025 con il 6% di interessi, sarà posticipato. Da notare che il concetto di default in finanza si realizza soprattutto con il mancato pagamento degli interessi sul debito, ma in fondo che c'è una crisi è ormai sempre più palese.

Serve un aumento di capitale, ma Cinven non ci sente da questo orecchio.

A fine gennaio l’IVASS commissaria la compagnia e chiama Alessandro Santoliquido, affermando che l’attività assicurativa proseguirà regolarmente. Ma non è così.

Dopo pochi giorni, il 7 febbraio, l’IVASS è costretta a bloccare i riscatti anticipati, è in atto una corsa al riscatto simile a quella agli sportelli che di solito rovina le banche. Si salvano la previdenza complementare, le scadenze contrattuali e i sinistri.

Cinven decide di immettere 100 milioni di euro nella compagnia dopo poche settimane, in pratica sono i dividendi che ha incassato finora da Eurovita, ma servono almeno 400 milioni di euro per recuperare il solvency necessario. E certamente il sogno di vendere Eurovita per 700 milioni sul mercato è ormai una chimera decrepita e perfino beffarda.

Comincia un frenetico confronto tra le compagnie assicurative e le banche distributrici per tentare di approntare una soluzione di sistema che eviti la liquidazione.

Subito compaiono i nomi di Intesa Vita, Unipol e Generali.

La soluzione però non appare semplice, i riscatti restano bloccati e quattro giorni fa la Procura di Milano apre un’inchiesta sulla compagnia.

Nel frattempo i nomi dei possibili cavalieri bianchi si sono fatti 5: Intesa, Unipol, Generali, Poste e Allianz.

Il solvency scivolato sotto il 100% a fine 2022 richiedeva già da mesi un intervento immediato, ma si sacrificano i diritti di riscatto al salvataggio della baracca e passano i mesi.

Si arriva a stamattina, 27 giugno 2023, in cui Il Sole 24 Ore afferma che un accordo tra le compagnie e le banche coinvolte nel salvataggio è stato raggiunto. I cinque avrebbero deciso per lo spezzatino in cinque rami d’azienda di eguale dimensione.

Il marchio sarebbe cancellato e i clienti erediterebbero un contratto con la compagnia subentrante in quel ramo d’azienda.

Ancora qualche settimana di blocco dei riscatti - forse fino a settembre - dovrebbe dare fiato a questa galassia in frammentazione.

L’operazione sarebbe da circa 500 milioni di euro.

C’è un miliardo di euro di polizze da gestire e c’è un danno di immagine enorme per tutto il settore, a partire dall’IVASS che non ha controllato prima e dalle responsabilità del fondo Cinven che non ha ricapitalizzato la compagnia.

Il caso rimbalza persino in Europa dove si lavora adesso alla creazione di uno schema di risoluzione per le compagnie assicurative. Una cosa finora evitata dall’intervento di sistema delle altre compagnie o di altri investitori.

Si poteva forse prevedere prima e per l’Italia è un altro brutto primato. D’altronde non è la prima volta che il recinto viene chiuso quando i buoi sono già andati.

Ma vogliamo credere che sia amore.