Italia: dal Def al taglio al cuneo fiscale, ecco cosa è successo

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Il governo Meloni vuole stabilità, credibilità e crescita, ma non sarà facile. Quest’anno attesa una crescita del Pil migliore dello 0,6% previsto a novembre e anche dell’ultimo outlook dell’FMI (+0,7%).

Italia: dal Def al taglio al cuneo fiscale, ecco cosa è successo

Per operatori finanziari e semplici risparmiatori le novità italiane non sono poche. In contemporanea ieri sono usciti sia il Def (Documento di economia e finanza) del governo, sia l’aggiornamento di primavera dell’FMI.

Sulla prima pagina dei maggiori giornali le questioni macroeconomiche dei conti pubblici e delle prospettive italiane si traducono in misure con effetti diretti sulle tasche del cittadino. Spuntano infatti quest’anno 3 miliardi di euro che il governo destinerà al taglio del cuneo fiscale, quindi delle tasse. Da dove vengono?

Taglio del cuneo, da dove vengono le risorse

Semplice, ogni DEF o NADEF (che è l’aggiornamento del DEF fatto in autunno prima della manovra finanziaria) riporta un quadro tendenziale e un quadro programmatico. Il tendenziale riporta i conti pubblici senza interventi del governo – quindi in un certo senso è la fotografia a bocce ferme – mentre il quadro programmatico è la fotografia che tiene conto delle manovre previste dal governo.

Il nuovo quadro programmatico di quest’ultimo DEF conferma l’attesa di un deficit 2024 al 3,7% del Pil, come previsto lo scorso autunno. Il quadro tendenziale prevede invece ora un deficit al 3,5% del Pil l’anno prossimo, quindi spunta uno 0,2% circa di Pil a servizio della prossima Legge di Bilancio.

Se si torna invece a quest’anno 2023, il deficit/Pil programmatico è confermato al 4,5%, ma il tendenziale è al 4,35% e quindi dalla differenza derivano nuove risorse. Sono appunto gli oltre 3 miliardi di euro che si liberano per un provvedimento che nei prossimi giorni dovrebbe alleggerire il carico fiscale dei ceti medio-bassi.

Si tratterà di interventi che taglieranno i contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti e varranno dal periodo maggio-dicembre di quest’anno, quindi irrobustiranno potenzialmente presto le finanze delle famiglie.

Questo genere di interventi ha il vantaggio di non appesantire i prezzi e quindi di non rafforzare l’inflazione che fatica a rientrare. Il Corriere della Sera ricorda che già la Legge di Bilancio 2023 confermava il taglio due punti percentuali di contributi per le retribuzioni fino ai 35 mila euro lordi e aggiungeva un altro punto di taglio per retribuzioni fino a 25 mila euro (costo dell’operazione 4,2 miliardi di euro). Adesso c’è spazio per ulteriori interventi nei mesi da maggio e dicembre.

Italia: il quadro economico rimane sfidante

Le traiettorie dell’ultimo DEF confermano comunque **sfide non piccole **per il governo Meloni. Il presidente del Consiglio ha infatti confermato la volontà di “una linea fatta di stabilità, credibilità e crescita” e ha anzi preannunciato che la prossima legge di Bilancio per il 2024, della quale il DEF costituisce un primo pilastro, si porrà concretezza il problema del calo demografico “con misure adeguate”. Ma vediamo i numeri.

La crescita rimane nello scenario, ma ci sono dei cambiamenti. Dopo un brillante 2022 con una crescita del Pil del 3,7%, il nuovo DEF vede una traiettoria di rallentamento all’1,0% quest’anno, quindi all’1,5% nel 2024 e all’1,3% nel 2025.

Nell’orizzonte di proiezione entra il 2026 che accoglie una stima del Pil dell’1,1% Si tratta di previsioni comunque di crescita (indispensabile per gestire l’enorme debito pubblico in tempo di tassi al rialzo) e la previsione sul 2023 cresce dallo 0,6% dell’ultimo Nadef di novembre all’1,0%, ma poi flette nel 2024 dall’1,9% all’1,5% per confermarsi all’1,3% nel 2025.

Un punto percentuale di crescita del Pil quest’anno non è scontato. Proprio ieri il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al ribasso le proiezioni sulla crescita globale (2,8% e 3,0% nel 2023 e nel 2024 rispettivamente, con una sforbiciata in entrambi i casi dello 0,1% sulle stime di gennaio) e sull’Italia ha espresso un parere diverso.

Per l’FMI infatti l’Italia crescerà dello 0,7% quest’anno e dello 0,8% nel 2024 (+0,1% e -0,1% rispettivamente sulle proiezioni di inizio anno), quindi fra lo 0,3% e lo 0,7% in meno di quanto previsto dal governo, che però conferma i propri calcoli.

Italia, il tema del debito

Fondamentale, come sempre, per l’Italia il tema del debito pubblico. Il nuovo DEF prevede, dopo il 144,4% di Debito/Pil del 2022, un calo al 142,1% nel 2023, al 141,4% nel 2024 e al 140,9% nel 2025. L’ultimo Nadef vedeva quest’anno il debito/Pil al 144,6% e l’anno prossimo al 142,3% quindi il quadro è migliorato. Il tutto in un contesto ancora fortemente manomesso dagli effetti del Superbonus e per il prossimo anno vincolato dal rientro in vigore delle regole del Patto di Stabilità su cui si discute accesamente a Bruxelles.

È in questo contesto fondamentale parlare del saldo primario, ossia del saldo della finanza pubblica al netto della spesa per interessi. Il nuovo quadro programmatico stima nel 2023 ancora un deficit primario negativo di 0,8 punti percentuali del Pil, ma poi l’anno prossimo un ritorno a un avanzo primario dello 0,3% e quindi nel 2025 un avanzo primario dell’1,2% È un dato sempre molto guardato dall’Europa e nel biennio 2023-2024 cambia rispetto alle previsioni dello scorso Nadef, quando il deficit primario era atteso a un -0,4% soltanto nel 2023 e per il 2024 si attendeva un avanzo primario dello 0,2%

Così si viene al nocciolo fondamentale del costo del debito pubblico, che è un po’ l’elefante nella stanza. L’Italia ha speso nel 2022 ben 84 miliardi di euro soltanto per pagare gli interessi sul debito. Purtroppo con i tassi in accelerazione le stime per il futuro sono ancora peggiori. Nel 2023 gli interessi sul debito scenderanno a 74,67 miliardi, ma poi nel 2024 si impenneranno a 86,21 miliardi di euro, nel 2025 saliranno a 91,28 miliardi e infine nel 2026 sfonderanno la soglia dei 100 miliardi di euro.

Quindi la stabilità e la crescita sostenibile che il governo ricerca hanno già nemici temibili all’orizzonte. In un contesto di inflazione testarda e dura politica monetaria della Bce, di allarme crescente sul fronte della guerra in Ucraina, di attese per un rallentamento generale dell’economia, di crisi del settore bancario internazionale, la prudenza rimane quindi più che una scelta, una necessità.