Auto elettriche cinesi, oggi l'Europa decide sui dazi
pubblicato:Primo banco di prova importante per la nuova Commissione di Ursula von der Leyen. Germania contro, Italia e Francia a favore. La proposta dovrebbe passare, ma non risolverà la crisi di competitività delle quattro ruote europee
Primo fondamentale banco di prova per la nuova Commissione Europea. I 27 stati europei sono chiamati oggi a votare sulla proposta di dazi aggiuntivi sulle auto elettriche cinesi.
Inizialmente prevista per lo scorso 25 settembre, la pronuncia degli Stati membri di oggi è considerata decisiva anche per il valore politico che potrebbe accumulare in vista degli orientamenti strategici del nuovo esecutivo guidato da Ursula von der Leyen.
I dazi alle auto elettriche cinesi, in discussione in diverse aree del mondo, dagli Stati Uniti al Canada, sono motivati con i sussidi statali della Repubblica Popolare che costituirebbero un vantaggio illegale ai senza delle norme sulla concorrenza europea.
Dazi alle auto elettriche cinesi, ecco quanto potrebbero pagare
L’appuntamento di oggi è tesissimo anche per gli orientamenti spesso diversi tra le varie cancellerie europee e va ricordato che già c’è chi ha ottenuto degli sconti sui dazi, come Tesla che produce auto elettriche vicino Berlino, ma ne importa numerose dagli stabilimenti produttivi cinesi.
I dazi in discussione - va specificato - sono aggiuntivi ai dazi iniziali e generali del 10% sulle importazioni in Europa.
Inizialmente erano stati imposti dei dazi del 20,8% sulle produzioni cinesi di Tesla importante, ma poi la tariffa è stata abbassata al 7,8% per un dazio totale sulle Tesla made in China del 17,8%.
Quanto alle proposte di oggi le tariffe aggiuntive proposte sono del 17% sul gruppo BYD (quindi il 27% in totale considerando il 10% iniziale di base) e del 35,3% su SAIC (45,3%).
Altri gruppi che hanno collaborato hanno ottenuto un 20,7%, quindi un 30,7% complessivo, si tratta di Dongfeng e NIO per esempio, ma anche della Leapmotor alleata di Stellantis e delle BMW e delle Volkswagen prodotte in Cina, di Chery Automobile.
Geely, che in Europa controlla la Volvo, registrerebbe dazi aggiuntivi del 19,3%
Per molte altre compagnie si parte dal 35,3% aggiuntivo.
Dazie UE sulle auto elettriche cinesi, il voto divide le capitali d'Europa
Le proposte sono divisive secondo le indiscrezioni la Germania voterà contro i nuovi dazi e avrebbe subito pressioni in tal senso anche da BMW, ma non solo. Già il 24 luglio Berlino in un voto europeo non vincolante sul caso, si era astenuta e ora è contraria. Più ambigua Madrid: la Spagna da un punto di vista industriale è il secondo costruttore di auto d’Europa ma teme una guerra commerciale con la Cina che potrebbe per esempio colpire 1,2 miliardi di euro di esportazioni di salumi in Cina. Italia, Francia e molti altri Paesi sono a favore.
Per approvare i nuovi dazi - che si inseriscono comunque nel contesto di un negoziato continuo con Beijing che non si esaurirà oggi e che probabilmente anzi si rafforzerà dopo il voto per la presidenza statunitense di novembre - basta una maggioranza semplice di 14 Stati su 27 stati membri.
Soltanto se riuscisse a coagulare una maggioranza qualificata di 15 Stati membri che raggruppano almeno il 65% della popolazione europea la Germania potrebbe a questo punto bloccare i dazi.
A luglio in un voto informale sul caso solo 4 stati avevano votato contro (Cipro, Malta, Ungheria e Slovacchia) mentre 12 stati guidati da Italia, Francia e Spagna avevano approvato le nuove tariffe e altri 11 si erano astenuti.
In definitiva le attese sono per un via libera oggi in Europa ai nuovi dazi con il supporto di Francia, Italia, Polonia e Grecia almeno.
Per la Germania delle Mercedes, delle BMW e delle Volkswagen che temono non solo i dazi sulle auto prodotte in Cina con i sussidi pubblici e vendute in Europa, ma soprattutto per le vendite ancora forti dei loro veicoli nelle Repubblica Popolare, potrebbe essere uno scorno politico non da poco, vista la già crescente debolezza del governo Scholz.
Dazi alle auto elettriche cinesi, non risolveranno una crisi di competitività
All’indomani del voto, come che vada, però gli osservatori più lucidi cominceranno subito a studiare i possibili danni di probabili contromisure commerciali della Cina, per esempio su lusso o alimentari, e soprattutto dovranno ammettere che questo clima di guerra commerciale dell’Occidente contro la Cina è anche il segnale di un fallimento industriale e manifatturiero che viene da lontano e che barriere di ingresso e dazi, con gli effetti pericolosi sull’inflazione e la competitività, non risolveranno.