Tiscali si fonde con Linkem: ok dei soci a un nuovo big delle tlc
pubblicato:Linkem debutterà in Borsa e avrà il 62% della nuova società, numeri e prospettive del nuovo colosso delle telecomunicazioni italiane: sarà il primo nella tecnologia FWA+FTTH e il quinto della telefonia fissa.

Sembra improbabile che Tiscali resti a lungo una penny stock alla luce del prossimo raggruppamento 1 a 100 e della fusione con Linkem, il quinto operatore del mercato della telefonia fissa e primo per gli accessi ultrabroadband in tecnologia FWA+FTTH con una quota del 19,4% del mercato. Qui occorre subito sciogliere le prime sigle: l’FWA è Fixed Wireless Access, ovvero l’“accesso fisso senza fili” tipico di Linkem; l’FTTH è la fibra fino a casa (Fiber To The Home). E le infrastrutture saranno sicuramente nei piani del prossimo piano industriale congiunto 2022-2025 dopo il via libera ieri dei soci alla fusione tra le due società.
L’operazione è di primo piano, sia per le dimensioni, circa 104 milioni di euro di aumenti di capitale senza opzione a favore di Linkem - salirà al 62% quasi senza obbligo di opa - che per le prospettive, il PNNR prevede 2 miliardi di euro soltanto per il 5G e 40,29 miliardi di euro per la prima missione “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo”.
La fusione Tiscali-Linkem: tappe e contesto
La fusione Linkem-Tiscali sarà dunque sicuramente d’impatto, ma si inserisce anche in un contesto sia prospettico, che retrospettivo favorevole.
Grandi investimenti richiederanno da subito al settore delle tlc dimensioni importanti, senza considerare che la guerra sui prezzi rinfocolata da Iliad nel mercato italiano ha messo ulteriore pressioni sul comparto che sembra sempre più avviato a manovre di M&A. Come noto TIM sta per scindersi in una serviceCo e in una netCo, che andrà probabilmente a fondersi con la Open Fiber di CDP (60%, il resto è di Macquarie).
In un ormai lontanissimo 31 dicembre 2016 c’era già stata la fusione tra Wind e Tre, ossia tra CK Hutchinson e Vimpelcom, un colosso che nel 2021 ha fatturato in Italia 4,19 miliardi di euro (anche se l’anno scorso il gruppo ha venduto le torri in Italia e complessivamente stima incassi da 10 miliardi dalla cessione delle torri europee).
Da allora molte cose sono cambiate nel panorama italiano, a partire appunto dall’ingresso dirompente della francese Iliad, prima esplosiva solo nel mobile, ora presente anche nel fisso. L’operazione di Tiscali e Linkem conferma il peso (ma sarebbe meglio dire la risorsa) degli investimenti stranieri ormai strutturali nel nostro settore delle telecomunicazioni da anni. Senza ricordare la girandola di proprietà europee e non in TIM, fino all’ultimo (?) approdo francese, basta restare sul caso di Linkem.
Meno di due settimane dopo la fusione WindTre, il 12 gennaio del 2017, Linkem, il gruppo romano guidato dall’ad Davide Rota che già contava 400 mila clienti e oltre 2 mila antenne, annunciava un investimento da 100 milioni di euro di colossi americani nella società. BlackRock, Leucadia National Corporation (tra l’altro controlla Jefferies) e Cowen compravano una fetta importante del gruppo valutandolo - sembra - circa 700 milioni. Investimenti per la crescita in uno scenario che comunque per le tlc italiane (e non solo) è stato sfidante per tutto il pre-Covid, a causa delle pressioni sui prezzi e dell’urgenza degli investimenti infrastrutturali accompagnate da incertezze regolatorie e di politica industriale nazionale.
Il 10 maggio 2019 Amsicora (“società di investimento italiana fondata e gestita da Claudio Costamagna, Alberto Trondoli, Manilo Marocco e partecipata anche da altri investitori privati”) decise a sua volta di puntare su Tiscali e ne comprò un 22% circa per 7 milioni di euro, il prezzo di 0,0085 euro fu a forte sconto rispetto alle quotazioni sugli 0,014 euro, ma con i pacchetti di titoli succede spesso così e poi Tiscali è una società che è nella blacklist della Consob dal 2009. Certo quella cifra fu comunque conveniente, visto che ancora oggi i titoli di Tiscali sono a 0,0115 euro, in perenne planaggio da penny stock nonostante il merger di stazza annunciato, ma anche forse destinati a una svolta.
Come detto infatti il deal approvato dai soci e che vedrà un suggello ulteriore all’assemblea del prossimo 16 maggio prevede, per cominciare, un raggruppamento 1 a 100, quindi i titoli da 0,0115 euro passeranno a 1,15 euro, bye bye penny stock.
Con 104 milioni di asset in arrivo, nuova e proprietà e nuova governance d’altronde cambia tutto. Ma l’operazione è essenzialmente l’operazione di quotazione di Linkem, dopo il fallimento dell’IPO proprio lo scorso dicembre a seguito di alcune criticità, quindi Tiscali sarà un veicolo per lo sbarco in Borsa del gruppo guidato da Rota, anche Renato Soru sarà presidente della nuova realtà.
Secondo le indiscrezioni raccolte lo scorso dicembre da la Repubblica infatti un mandato per l’IPO era già stato affidato a Morgan Stanley, al socio Jefferies e a Banca Akros, ma una ricognizione del mercato non aveva spuntato quella raccolta da 250 milioni per un quarto del capitale che Linkem sperava, valutazione da un miliardo di euro che Linkem sperava. La valutazione da quasi un miliardo era più o meno in linea con il multiplo 18-19x per il mol atteso 2021 nelle ultime transizioni su reti FWA (il mol atteso 2021 era a 52 milioni). C’era chi aveva pensato alla volontà dei soci citati, appunto BlackRock, Jefferies e Cowen, di monetizzare il loro investimento dopo 5 anni, un lasso di tempo tipico per queste operazioni. Non è detto che il prossimo futuro post-quotazione/acquisizione, non porti anche a questo.
Fusione Tiscali-Linkem: i numeri
Ma intanto qualche numero viene fuori. Partiamo dalla Borsa. Il documento informativo sulla fusione ex art. 70 indica è indicato un rapporto di cambio di 5,0975 nuove azioni Tiscali (a seguito del raggruppamento 1 a 100) per ogni euro del capitale sociale di Linkem. Significa 0,196 euro ad azione Tiscali post-raggruppamento, quindi 0,00196 euro ad azione per titolo pre-raggruppamento, circa un decimo della chiusura del primo giorno di negoziazione (il 3 gennaio 2022) dopo l’annuncio di fine dicembre: proprio 0,0196 euro. Andiamo dunque al bilancio.
Il ramo conferendo Linkem Retail (bilancio carve-out) mostrava a fine dicembre un attivo complessivo di 109,8 milioni a fronte di un patrimonio netto da poco meno di 50 milioni di euro. I ricavi erano di 137,9 milioni di euro, l’utile di 57,02 milioni e il risultato operativo di 57,7 mln. Con multipli tra 18 e 20 volte il risultato operativo la valorizzazione potrebbe essere indicata oltre un miliardo. Linkem ha circa 600 mila clienti e copre il 70% circa della popolazione nazionale grazie al lavoro di oltre 800 dipendenti.
Passiamo a Tiscali. Il gruppo a fine 2021 aveva un attivo di 143 milioni di euro, un debito finanziario netto di 88 milioni e un deficit patrimoniale di 81,6 milioni. Sul fronte reddituale l’anno si chiudeva con ricavi da 144 milioni, ma anche con una perdita operativa da 14,3 milioni e una perdita netta da 20,6 milioni. I clienti sono oltre 640 mila serviti da oltre 500 dipendenti diretti.
Da questi valori si arriva alle dichiarazioni dei due gruppi sui valori della fusione (tenendo conto che il valore di cambio è stato giudicato positivamente da Banca Akros, Equita e Deloitte). Riporta ancora il documento informativo che il fair value di Tiscali è stato determinato sui corsi di Borsa alla comunicazione dell’operazione (fine dicembre 2021) e sulla base delle azioni emesse a quel momento considerando che il 62% del nuovo gruppo sarebbe andato a Linkem.
Con 5.761.767.311 azioni in circolazione al 31 dicembre 2021 (sostanzialmente il totale delle azioni meno l’8,45% di Amsicora e il 4,77% di Soru) e un valore per azione pari a € 0,0174 (più o meno la media mobile a 200 sedute a fine 2021), il Prezzo dell’Operazione è stato pari a 62,05 milioni di euro. Le attività nette della società acquisita (essendo tecnicamente una reverse acquisition è Tiscali) sono pari a negativi 81,6 milioni, si aggiungano 38 milioni e i 62 milioni di prima e si arriva all’incremento dell’Avviamento di 181,727 milioni di euro.
I pro forma della nuova entità sono già in campo. In termini reddituali al 2021 il nuovo gruppo avrebbe 282 milioni di ricavi, una perdita operativa di 39,32 milioni e una perdita netta di 44,94 milioni. Ovviamente però questa è una mera somma contabile che non può restituire il valore di un’impresa che ha appena messo sul tavolo un progetto di integrazione imponente.
(Giovanni Digiacomo)